Tucker Carlson intervista Catherine Austin Fitts – parte 1

Il 28 aprile 2025, Tucker Carlson ha realizzato un’intervista fuori dagli schemi con Catherine Austin Fitts, intitolata: “Bankers vs. the West, Secret Underground Bases, and the Oncoming Extinction Event”.

L’intervista che vi presento è sconvolgente. Tra le altre cose Austin Fitts denuncia la stratosferica scomparsa di 21 trilioni di dollari. Si tratta di fondi rimossi dai bilanci pubblici statunitensi e trasferiti in circuiti non tracciabili, come quelli della Bank for International Settlements (BIS). La funzionaria suggerisce che il denaro serva a finanziare basi sotterranee e strutture sotto gli oceani, creando una governance parallela.

Attenzione: Fitts non è una voce qualsiasi, ma una figura che ha operato ai massimi livelli del sistema finanziario e istituzionale statunitense, con accesso diretto a informazioni e dinamiche che sfuggono alla maggior parte dell’opinione pubblica.

Ex dirigente di Wall Street e Assistant Secretary of Housing durante l’amministrazione Bush senior, ha gestito miliardi di dollari in fondi pubblici e collaborato con varie agenzie federali attraverso la sua società di consulenza.
Un’esperienza che le ha permesso di osservare dall’interno i meccanismi profondi, e spesso opachi, del potere economico e politico. Le sue rivelazioni nell’intervista non nascono da un’opinione personale, ma da un percorso maturato da protagonista del sistema stesso, poi divenuta cosciente dei suoi limiti e pericoli.

In questo articolo ripercorrerò i passaggi principali dell’intervista, soffermandomi su sette temi chiave che, per contenuti e implicazioni, pongono domande essenziali sul mondo in cui viviamo e sul tipo di futuro che ci viene proposto.

Per facilitarne la lettura, l’analisi è stata suddivisa in due parti.

Parte 1 – Le fondamenta del sistema:

  1. Digitalizzazione come strumento di controllo
  2. Potere delle banche centrali e della BIS
  3. Debanking e repressione politica
  4. Il colpo di Stato finanziario del 1998

1. Dal denaro al controllo: il vero volto della digitalizzazione

Il 28 aprile 2025, Catherine Austin Fitts ha messo in luce, nell’intervista con Tucker Carlson, una trasformazione in corso che raramente viene raccontata nella sua reale portata: la digitalizzazione del denaro non è soltanto un’innovazione comoda o inevitabile, ma l’ossatura di un sistema di controllo sociale capillare.

Secondo Fitts, ciò che si presenta come modernizzazione – pagamento con QR code, identità digitale, valute delle banche centrali – è in realtà l’infrastruttura di un ordine tecnocratico, nel quale ogni scambio economico diventa tracciabile, condizionabile, revocabile. Il denaro, un tempo simbolo di autonomia, rischia di trasformarsi in uno strumento di obbedienza.

Non si tratta più solo di “avere” o “non avere” denaro, ma di essere autorizzati o meno a usarlo.

Il sistema che si sta profilando – dice Fitts – è un meccanismo di sorveglianza personalizzata, dove ogni individuo viene osservato, analizzato, spinto a comportamenti “corretti” attraverso premi o penalizzazioni algoritmiche. È un controllo non più massivo e impersonale, ma individuale, adattivo, invisibile. E quando il sistema sarà completamente integrato – con l’IA, i dati biometrici e le valute programmabili – nessuna scelta sarà davvero libera.

Uno dei passaggi più inquietanti dell’intervista riguarda la possibilità – già oggi tecnicamente realizzabile – di bloccare l’accesso al denaro per chi non rispetta determinate regole. Non si parla più soltanto di multe o sanzioni amministrative, ma della vera e propria esclusione dalla vita economica e sociale: l’impossibilità materiale di acquistare beni, spostarsi, perfino sopravvivere, perché un algoritmo ha stabilito che non si è “conformi”.

Questa logica – non lontana da quella del cosiddetto credito sociale – prevede che l’uso stesso del denaro possa essere condizionato e selettivo: non più un diritto universale, ma una funzione autorizzata, modulabile, revocabile.
E non è tutto. Alcuni economisti – non pochi, e non marginali – hanno già ipotizzato, e in alcuni casi apertamente auspicato, che la moneta digitale possa essere dotata di una data di scadenza, perdendo valore dopo un certo periodo per favorire il consumo immediato, secondo logiche statali, non personali.

A ciò si aggiunge la facoltà, già prevista nei sistemi di valuta programmabile, di limitare l’acquisto di beni “non approvati”: potrà accadere che si possa spendere per certi prodotti ma non per altri, secondo criteri definiti da chi controlla l’infrastruttura digitale.

È l’inversione completa del concetto di proprietà: non siamo più noi a usare il denaro, ma è il denaro a decidere come possiamo essere usati.

Una questione che riguarda l’umano, non solo l’economia

In un simile orizzonte, l’uomo rischia di essere ridotto a oggetto amministrabile, funzione regolata da un sistema.

Ma l’uomo non è una funzione. È un essere fatto per il significato, per il vero, per il bello. Non può essere incasellato in una griglia predittiva senza perdere sé stesso.

Lo scrittore Charles Péguy lo intuì con chiarezza quando scrisse:

“Non si può comprendere l’uomo se non come desiderio infinito. E se lo si riduce, non si ha più l’uomo, ma un ingranaggio.”

Questo è il punto centrale: non si può parlare di economia senza parlare dell’uomo. Di cosa desidera. Di che vita immagina. Di quanto sia disposto a difendere la propria libertà in cambio della sicurezza.

Fitts invita ad aprire gli occhi su un processo che non ha bisogno di leggi totalitarie per diventare totalitario. Basta far sì che ogni diritto dipenda da una condizione digitale.

Quando ogni libertà è “concessa” da una piattaforma, non è più una libertà, ma un permesso revocabile.

In un mondo così, non è l’eccesso di violenza il pericolo maggiore, ma l’efficienza senz’anima, che trasforma l’uomo in cittadino “conformato”, passivo, “compliance”. E questo dovrebbe inquietare chiunque prenda sul serio la dignità umana.

2. Le banche centrali e il potere che non votiamo: la regia nascosta dietro la finanza globale

Se c’è un punto in cui Catherine Fitts si distingue dagli analisti convenzionali è la sua capacità di far emergere ciò che non si vede nei giornali economici e nei talk show politici: chi davvero prende le decisioni? Chi muove le leve?
Secondo Fitts, il potere reale oggi non è più concentrato nei governi eletti, ma in una rete di istituzioni finanziarie sovranazionali, in particolare le banche centrali e, sopra di esse, la BIS – Bank for International Settlements, con sede a Basilea.

Non è solo un’ipotesi: è un dato tecnico. La BIS è spesso definita la “banca centrale delle banche centrali”.
Ha 63 membri, tra cui la Federal Reserve e le più potenti istituzioni finanziarie del mondo. Ma soprattutto, gode di immunità sovrana: non risponde alle leggi degli Stati, può operare in totale segretezza, e gestire enormi flussi di capitale fuori da ogni trasparenza pubblica.

In altre parole: esiste un potere globale capace di spostare miliardi senza dover rendere conto a nessuno.

Fitts sostiene che negli ultimi decenni queste entità non si siano limitate a controllare la politica monetaria (ovvero l’emissione di moneta e la regolazione dei tassi), ma stiano cercando di estendere la loro influenza sulla politica fiscale, cioè su tasse, spesa pubblica e bilancio degli Stati.
Un passaggio silenzioso, ma di portata storica: la sottrazione della sovranità democratica e del controllo sulla spesa ai parlamenti e ai cittadini, a favore di organi tecnici non eletti.

Un potere che non ha bisogno di essere visibile

Chi controlla la moneta controlla l’economia. Ma chi controlla le regole del denaro digitale controlla direttamente la vita delle persone.
In una conferenza del 2020 – citata da Fitts – il direttore generale della BIS ha dichiarato con candore che le valute digitali emesse dalle banche centrali (CBDC) permetteranno di stabilire regole di utilizzo del denaro e di farle rispettare in modo automatico e centralizzato.
Una frase che, se compresa appieno, basterebbe da sola a spiegare la direzione che sta prendendo il mondo.

Si apre così un’era in cui l’equilibrio dei poteri viene ridefinito senza dibattito pubblico, in cui le regole economiche non vengono più decise nei parlamenti, ma in organismi opachi, dove nessuno di noi ha voce.

Non è l’assenza di leggi a fare il problema, ma l’assenza di chi possa rispondere delle leggi che vengono imposte.

L’uomo oltre il debito

In fondo, la posta in gioco è sempre la stessa: che idea abbiamo dell’uomo? È un produttore-consumatore da regolare in base a parametri economici? O è un essere irriducibile a schemi, fatto per la libertà, per il legame, per un senso più alto?

In questo sistema, la libertà rischia di diventare una concessione erogata in base all’affidabilità finanziaria, o all’obbedienza normativa. Ma l’uomo non è un algoritmo economico. Lo intuiva già Simone Weil, quando scriveva che “la giustizia è ciò che dà a ciascuno non ciò che ha prodotto, ma ciò che merita in quanto uomo”.
E quando le istituzioni perdono la memoria di questa verità semplice, diventano strumenti di calcolo, non di civiltà.

3. Quando il denaro diventa un’arma: il debanking come strumento di repressione politica

Uno degli aspetti più concreti e già in atto del sistema di controllo descritto da Catherine Fitts riguarda la possibilità – sempre più diffusa – di escludere individui o gruppi dal sistema bancario per motivi politici o ideologici. Il fenomeno ha un nome: debanking.

A differenza di molte altre tendenze ancora in fase di sviluppo, il debanking è realtà. Fitts lo definisce con chiarezza: si tratta della chiusura unilaterale dei conti bancari, del blocco delle carte di credito, dell’interruzione dell’accesso ai mezzi di pagamento non per reati economici, ma per dissenso.

Non servono processi, né sentenze: basta non rientrare nei parametri “accettabili” e si viene espulsi dal sistema.

L’esempio emblematico è il caso dei camionisti canadesi del 2022: manifestavano contro l’obbligo vaccinale, e in risposta il governo Trudeau ha congelato i conti bancari dei manifestanti e di chi li aveva sostenuti con donazioni online. Nessuna condanna. Nessun reato. Solo un dissenso politico.

Il nuovo volto della punizione: invisibile, ma devastante

La forza del debanking non sta nella violenza, ma nella sottrazione silenziosa della possibilità di vivere normalmente:

  • Non puoi più comprare o vendere.
  • Non puoi ricevere bonifici né pagare l’affitto.
  • Non puoi lavorare, viaggiare, accedere a servizi.

È una forma moderna di emarginazione, che non passa per la galera ma per il congelamento dell’identità economica, oggi indispensabile alla sopravvivenza. E quel che è peggio, colpisce anche chi esprime solidarietà verso i “non conformi”.

Si punisce chi dissente, ma anche chi sostiene il dissidente: una logica punitiva a cerchi concentrici.

Fitts osserva che sempre più cittadini vengono “debankati” in modo informale anche negli Stati Uniti, spesso senza spiegazioni chiare, ma con motivazioni legate a “profili di rischio reputazionale” o “posizioni non allineate”.

Il denaro come condizione politica

Da simbolo neutrale di scambio, il denaro si sta trasformando in un indicatore di affidabilità ideologica.
Non importa solo come spendi, ma anche chi sei, cosa pensi, chi frequenti. Il rischio è che ogni atto economico venga subordinato a un giudizio morale calato dall’alto, come in un sistema di premialità e punizione permanente.

Ma una società in cui il denaro può essere bloccato in base alle opinioni non è una società libera: è una società condizionata.

Eppure, questa deriva è già accettata da molti. Alcuni Stati americani – come il Tennessee – hanno iniziato a legiferare per vietare il debanking per motivi politici o religiosi, ma a livello federale non esiste ancora una protezione chiara.

Una questione culturale prima ancora che giuridica

Alla radice di tutto c’è una domanda: quanto vale la libertà se siamo disposti a rinunciarvi per non perdere l’accesso ai servizi digitali?
Spesso si preferisce non disturbare l’ordine costituito, per paura di perdere piccoli vantaggi. È il grande scambio della modernità: comodità in cambio di silenzio.

In un passaggio dell’intervista, Fitts riporta la confessione di un senatore: “Ogni volta che cerco di difendere la Costituzione, la gente mi chiede: ma così perdiamo i 19 centesimi che ci manda Washington?”. Una battuta amara che descrive bene la tentazione costante del compromesso al ribasso.

Si accetta di essere meno liberi, purché resti il welfare, purché resti la carta funzionante. Ma così facendo, si cede a poco a poco la propria dignità decisionale.

Eppure, ogni atto umano autentico nasce da una libertà.
Se il denaro diventa uno strumento di premiazione comportamentale, allora il dissenso diventa antieconomico, e presto anche impensabile.

4. Il colpo di Stato che non si vede: quando il denaro pubblico sparisce e nessuno ne risponde

Secondo Catherine Fitts, esiste una data simbolica in cui la democrazia americana ha perso il controllo sul proprio destino economico senza nemmeno accorgersene: il 1° ottobre 1997, inizio dell’anno fiscale 1998.
Da quel momento, sostiene, è cominciato un colpo di Stato finanziario silenzioso. Nessun colpo di mano, nessun esercito. Le istituzioni sono rimaste formalmente intatte, ma il denaro pubblico ha cominciato a scomparire dai bilanci federali, senza che nessuno potesse – o volesse – intervenire.

I numeri della sparizione

Tra il 1998 e il 2015, Fitts e il professor Mark Skidmore della Michigan State University hanno documentato – sulla base di fonti ufficiali – oltre 21 trilioni di dollari in spese “non documentabili” da parte del Dipartimento della Difesa (DoD) e del Dipartimento per l’Edilizia e lo Sviluppo Urbano (HUD).

Non si parla di errori o sprechi, ma di fondi interi scomparsi dai conti pubblici, senza tracciabilità né giustificazioni, classificati sotto la voce “adjustments not supported”.

Per comprendere la portata del fenomeno: 21 trilioni equivalgono quasi all’intero PIL annuale degli Stati Uniti. Una somma che avrebbe potuto rigenerare la sanità, l’istruzione, le infrastrutture, o cancellare il debito studentesco e i grandi squilibri sociali.

Più precisamente, spiega Fitts, già nel 1997 si registravano 4,1 trilioni di dollari mancanti dai bilanci DoD e HUD, una cifra che salirà progressivamente fino ai 21 trilioni entro il 2015. Lo afferma nella stessa intervista, come già aveva riportato in passato anche nella documentazione pubblicata su The Singju Post e in altre sedi.

La copertura “legale” del segreto

Nel 2018, nel quasi totale silenzio mediatico, durante le audizioni per la nomina del giudice Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, fu approvata la FASAB 56: un provvedimento tecnico, all’apparenza innocuo, che autorizza il governo federale a occultare porzioni indefinite del proprio bilancio, in nome della sicurezza nazionale.

In pratica, da allora il governo può legalmente nascondere l’uso di fondi pubblici anche nei documenti ufficiali, senza obbligo di trasparenza o verifica esterna.

Il risultato? I bilanci ufficiali delle principali agenzie federali – incluso il Tesoro e le banche centrali collegate alla Federal Reserve – non riflettono più la realtà finanziaria del Paese. Non per errore, ma per scelta sistemica.

Una rete fuori controllo: il ruolo della BIS

Secondo Fitts, gran parte di questi fondi sottratti sarebbero stati spostati attraverso canali internazionali, in particolare tramite la Bank for International Settlements (BIS), con sede a Basilea.
Questa banca, che riunisce 63 delle più potenti banche centrali del mondo, gode di immunità sovrana, il che significa: nessun obbligo di trasparenza, nessuna giurisdizione nazionale, nessuna responsabilità pubblica.

“In altre parole, esiste una struttura sovranazionale capace di muovere enormi risorse finanziarie nell’ombra, senza alcun vincolo democratico”.

Fitts ha spesso sottolineato – anche in altre interviste e pubblicazioni – il ruolo strategico della BIS nel disegno di un futuro sistema monetario digitale globale, una struttura in cui la spesa, la tassazione e perfino le transazioni quotidiane dei cittadini potrebbero essere gestite centralmente, in modo automatico e irreversibile.

Il valore reale che viene perso

In questo quadro, non è solo l’ordine contabile a crollare: ciò che si sgretola è il patto fiduciario tra Stato e cittadino.
Se chi amministra le risorse pubbliche non risponde più delle sue azioni, allora il cittadino non è più parte attiva della vita democratica, ma contribuente passivo, ignaro, espropriato della sua voce.

Dove il denaro sfugge alla legge, anche la libertà comincia a svanire.

Fitts descrive tutto questo come una mutazione costituzionale silenziosa: non un abbattimento dello Stato, ma il suo svuotamento dall’interno.
Le forme restano – le elezioni, i bilanci ufficiali, i dibattiti pubblici – ma la sostanza del potere è già migrata altrove, in circuiti tecnocratici, chiusi e irraggiungibili.

Un sistema che continua a esigere fiducia e obbedienza, ma ha già rinunciato a ogni responsabilità verso chi lo sostiene.

Nella seconda parte entreremo in una dimensione più nascosta e visionaria, ma altrettanto documentata…”. Qui il link: https://www.vietatoparlare.it/tucker-carlson-intervista-catherine-austin-fitts-su-infrastrutture-segrete-cuore-della-crisi-parte-2/

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Key Citations

The Singju Post Transcript of Catherine Fitts Interview
The Burning Platform Tucker Carlson Interview Summary
Lawyer-Monthly Catherine Fitts Legal Elites Critique
YourNews Fitts Breakaway Civilization Discussion
Wikipedia Catherine Austin Fitts Background
Tucker Carlson Show Episode Page