Trump riuscirà a riportare l’industrializzazione negli Stati Uniti?

Negli ultimi cinquant’anni, gli Stati Uniti hanno vissuto una progressiva deindustrializzazione, con gran parte della produzione manifatturiera trasferita in Asia e America Latina, attratte da costi inferiori e normative più flessibili. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2025, il dibattito sulla reindustrializzazione degli Stati Uniti si è riacceso. La sua strategia, basata su dazi aggressivi e incentivi come il CHIPS & Science Act e l’Inflation Reduction Act, può davvero invertire questa tendenza?

Vantaggi strategici per una reindustrializzazione USA

Gli Stati Uniti conservano diversi vantaggi competitivi che potrebbero favorire una rinascita manifatturiera:

▪️ Mercato interno vasto e solvente
Con oltre 330 milioni di consumatori e un PIL pro capite tra i più alti al mondo, gli USA offrono una domanda interna capace di assorbire una produzione su larga scala.

▪️ Costi energetici contenuti
Grazie all’abbondanza di gas naturale e alle politiche energetiche favorevoli, i costi energetici sono tra i più bassi nei paesi sviluppati.

▪️ Accesso al credito
Il mercato finanziario statunitense facilita l’accesso agli investimenti. Nel 2024, i fondi in venture capital per tecnologie avanzate hanno superato i 170 miliardi di dollari.

▪️ Tutela della proprietà intellettuale
Il sistema legale USA garantisce un forte supporto all’innovazione, creando un ambiente sicuro per gli investimenti high-tech.

▪️ Infrastrutture adeguate
Porti, autostrade e ferrovie mantengono un livello competitivo, anche se inferiore agli standard asiatici.

▪️ Capitale umano di eccellenza
Le università americane, come il MIT, formano annualmente oltre 200.000 ingegneri, garantendo know-how nei settori più avanzati.

▪️ Sussidi pubblici massicci
Il CHIPS & Science Act ha stanziato 52 miliardi di dollari per rilanciare la produzione di semiconduttori. L’IRA ha mobilitato oltre 370 miliardi per le tecnologie verdi.

▪️ Automazione e robotica
Gli investimenti in automazione crescono del 10% annuo. Secondo la International Federation of Robotics, questo compensa in parte l’alto costo del lavoro.

I limiti strutturali della manifattura USA

Nonostante i punti di forza, gli ostacoli strutturali alla reindustrializzazione americana sono numerosi:

▪️ Costo del lavoro elevato
Il salario medio orario nel settore manifatturiero è di 30 dollari, contro i 5–10 dollari del Vietnam o del Messico. Il sistema sanitario incide pesantemente.

▪️ Sindacati e rigidità del lavoro
Negli USA le ore di straordinario sono regolate e i sindacati frenano la flessibilità, al contrario dei paesi asiatici.

▪️ Carenza di manodopera specializzata
Entro il 2030 mancheranno 2,1 milioni di tecnici industriali, secondo la National Association of Manufacturers.

▪️ Normative rigide
Assunzioni e licenziamenti richiedono tempi lunghi. La flessibilità del lavoro è limitata.

▪️ Debolezza della rete di fornitori locali
Oggi il 44% dei semiconduttori importati proviene da Taiwan. La mancanza di filiere interne aumenta i costi e rallenta la produzione.

▪️ Burocrazia e costi operativi
L’iter per avviare nuove attività è oneroso. Un report McKinsey del 2024 stima un +20% nei costi industriali rispetto al 2019.

Dazi: strumento tattico, non soluzione strategica

Nel 2025 Trump ha annunciato dazi del 10–20% sui prodotti europei, fino al 54% per la Cina e al 46% sul Vietnam. L’obiettivo è rilanciare l’occupazione manifatturiera, ma gli effetti sono controversi:

▪️ Inflazione in aumento (ma forse voluta)

Goldman Sachs stima che i dazi potrebbero spingere l’inflazione USA al 4% entro la fine del 2025, aumentando i prezzi per i consumatori. Dopo l’annuncio delle tariffe, le azioni di Apple e Amazon sono crollate del 6%. Tuttavia, Donald Trump aveva già previsto questa dinamica, e secondo alcuni osservatori potrebbe puntare deliberatamente a un’inflazione moderata come strumento di politica economica.

L’economista Luke Gromen, fondatore di Forest for the Trees, ha affermato:

“Una moderata inflazione può essere una delle poche vie realistiche per ridurre il peso reale del debito pubblico americano e attrarre investitori verso i Treasury, soprattutto in un contesto geopolitico instabile”.

A tale strategia si collega anche l’analisi del giornalista e autore Roberto Mazzoni, secondo cui Trump punta a rilanciare la manifattura statunitense imponendo dazi non solo per proteggere l’industria nazionale, ma anche per riequilibrare la supremazia del dollaro e demolire l’architettura del globalismo finanziario. L’obiettivo non è soltanto economico, ma sistemico, volto a ricostruire un’economia americana ancorata alla produzione reale e alla sovranità monetaria.

Per un approfondimento su questo punto, leggi l’articolo completo su Vietato Parlare:
Il piano di Trump: dazi, dollaro e la demolizione del sistema globalista

▪️ Ritorsioni commerciali
UE e Cina preparano dazi di risposta. L’UE potrebbe colpire beni americani per 4,8 miliardi di euro entro il 2026 (Financial Times).

▪️ Nessun effetto sulle filiere
Secondo Giulio Sapelli, “i dazi sono strumenti politici, non economici. Rischiano di aumentare l’inflazione senza risolvere le debolezze strutturali”.

Incentivi pubblici e rilancio industriale

Il CHIPS & Science Act ha generato oltre 200 miliardi di investimenti: TSMC produrrà chip a 2 nanometri in Arizona entro il 2028. L’IRA ha stimolato la produzione di energia rinnovabile, +15% nel 2024 (Department of Energy).

Ma Trump punta altrove: meno green economy, più energia fossile. Ha chiesto all’UE di acquistare 350 miliardi di dollari di GNL americano, minacciando dazi se non lo farà. Nel 2023, il 50% del GNL importato dall’Europa era già USA.

Serve più di una guerra commerciale

Trump ha riportato al centro il tema della sovranità produttiva. Il suo stile è netto: “Non produrre magliette, ma carri armati e chip”. Tuttavia, come ha rilevato il Corriere della Sera, l’Italia rischia tra i 4 e i 7 miliardi di perdite per i dazi USA.

Per rilanciare l’industria serve una strategia integrata: formazione tecnica, snellimento della burocrazia, rilancio dei distretti e investimenti pubblici coordinati. I dazi possono aprire la strada, ma senza riforme profonde, la reindustrializzazione resterà un’illusione costosa, pagata in inflazione, instabilità e isolamento commerciale.

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Riferimenti e fonti utili:

Il piano di Trump: dazi, dollaro e la demolizione del sistema globalista: https://www.vietatoparlare.it/il-piano-di-trump-dazi-dollaro-e-la-demolizione-del-sistema-globalista/
Vatican News, “Stati Uniti, i veri obiettivi dei dazi di Donald Trump”: https://www.vaticannews.va[](https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2025-03/dazi-trump-usa-guerra-commerciale-ue-sapelli-confindustria.html)
Wired Italia, “Le conseguenze dei dazi di Trump sull’industria tech americana”: https://www.wired.it – (https://www.wired.it/article/conseguenze-dazi-trump-industria-tech-stati-uniti/)
Il Post, “Gli enormi dazi annunciati da Trump”: https://www.ilpost.it – (https://www.ilpost.it/2025/04/02/stati-uniti-dazi-reciproci-trump/)
Corriere della Sera, “Dazi, che effetto avranno quelli voluti da Trump sull’economia italiana?”: https://www.corriere.it – (https://www.wired.it/article/dazi-trump-effetti-italia-settori-industria/)
ECCO, “Gas and the Green Deal: the geopolitics of tariffs between Trump, the EU and China”: https://eccoclimate.org – (https://eccoclimate.org/gas-and-the-green-deal-the-geopolitics-of-tariffs-between-trump-the-eu-and-china/)