Trump, Putin e la telefonata della ‘discordia’

L’ex consigliere di Trump colonnello dell’esercito USA , Douglas Macgregor, ha offerto un’analisi strategica dettagliata della recente telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin nel corso del programma Deep Dive di Daniel Davis. La sua analisi mette in luce la frattura geopolitica tra percezioni occidentali e realtà militari sul campo.


La posizione della Russia

Secondo Macgregor, la posizione russa sul conflitto ucraino non è cambiata e resta ancorata a quattro punti non negoziabili per il Cremlino. Putin esige la neutralità dell’Ucraina, ossia l’impegno formale di Kiev a non entrare nella NATO o in qualsiasi altra alleanza militare occidentale. Inoltre, le quattro oblast occupate (Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson) sono considerate territorio russo, e non si discute la loro restituzione. Sulla Crimea, Mosca è altrettanto categorica: la penisola è parte integrante della Russia, senza possibilità di negoziazione. Infine, la richiesta di “denazificazione” – per quanto vaga e controversa – resta una condizione ribadita da Putin.

Putin si mostra aperto al dialogo solo su “altri aspetti”, ma su questi punti fondamentali non intende fare concessioni. Macgregor osserva che la calma strategica di Putin nasce dalla consapevolezza che la situazione militare gli è favorevole: non ha bisogno di accelerare i negoziati. Anche la stampa russa, come il quotidiano Kommersant, ha interpretato la telefonata come un’occasione per guadagnare tempo, evitando ogni pressione per compromessi immediati.


L’ingenuità di Trump secondo Macgregor

Douglas Macgregor non usa mezzi termini nel giudicare l’approccio di Trump: lo definisce ingenuo, scollegato dalla realtà strategica e privo di consapevolezza sul ruolo effettivo degli Stati Uniti nel conflitto ucraino. Secondo l’ex condigliere presidenziale, Trump si comporta come se potesse essere un mediatore neutrale, ignorando che Washington è pienamente coinvolta nella guerra: ha fornito armi, intelligence, supporto operativo, e ha contribuito a plasmare l’intera struttura militare ucraina. Senza contare la presenza diretta o indiretta di ufficiali americani sul campo, un fatto ormai noto anche a Mosca.

A questo si aggiunge un errore negoziale fondamentale: Trump ha dichiarato che, in caso di stallo, si sarebbe ritirato dai colloqui. Un’affermazione che, secondo Macgregor, toglie ogni leva agli Stati Uniti, offrendo a Putin l’opportunità di guadagnare tempo senza subire pressioni.

Il giudizio complessivo di Macgregor è netto: Trump sopravvaluta la sua influenza personale su Putin, sottovaluta il peso del coinvolgimento americano e si comporta come un arbitro in una partita dove gioca da una delle due squadre. Un atteggiamento che, se non corretto, rischia non solo di prolungare il conflitto, ma di aggravarne la portata.

Secondo Macgregor, se davvero Trump vuole avvicinarsi alla pace, non deve illudersi di convincere Putin, ma deve almeno parlare chiaramente con Zelensky e obbligarlo a un cambio di atteggiamento, abbandonando la retorica e gli slogan per affrontare con realismo la situazione.

In questo senso è indicativo quanto lo stesso Trump ha scritto su Truth Social il 19 gennaio, alla vigilia del suo insediamento:

“Pensateci, un comico di modesto successo, Volodymyr Zelenskyy, ha convinto gli Stati Uniti d’America a spendere 350 miliardi di dollari, per entrare in una guerra che non poteva essere vinta, che non sarebbe mai dovuta iniziare, ma una guerra che lui, senza gli Stati Uniti e ‘TRUMP’, non sarà mai in grado di risolvere… Questa guerra è molto più importante per l’Europa di quanto lo sia per noi: abbiamo un grande e bellissimo oceano che ci separa… Oltre a questo, Zelenskyy ammette che metà dei soldi che gli abbiamo inviato ‘MANCANO’… Si rifiuta di indire le elezioni, è molto basso nei sondaggi ucraini e l’unica cosa in cui era bravo era suonare Biden ‘come un violino’… Un dittatore senza elezioni, Zelenskyy farebbe meglio a muoversi in fretta o non gli rimarrà un Paese.”

Un giudizio che riflette perfettamente il disincanto e lo scetticismo di Trump nei confronti di Kiev, ma che, se non accompagnato da una strategia coerente, rischia di trasformarsi in retorica sterile, utile più a sollevare polemiche che a costruire soluzioni reali.

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Reazioni russe alla telefonata

La Russia ha accolto positivamente la telefonata. Putin l’ha definita “costruttiva” e “positiva”, ma senza variare la propria posizione. La stampa russa ha enfatizzato l’ambiguità e la vaghezza dei contenuti come elementi vantaggiosi: permettono a Mosca di mantenere le mani libere e continuare l’offensiva militare senza alcun vincolo.

Un dettaglio significativo è l’inizio della telefonata: Putin si è congratulato con Trump per la nascita del nipote. Un gesto che ha contribuito a creare un clima personale e rilassato, utile a consolidare una narrativa favorevole per Mosca. Il portavoce Dmitry Peskov ha poi sottolineato che “il diavolo è nei dettagli”, ribadendo che non vi sono scadenze né urgenze per i negoziati.


L’Europa e l’Ucraina: confusione e allarme

Dal lato ucraino, Zelensky ha reagito con fermezza, dichiarando che Kiev non accetterà nessun ultimatum, né cederà territori o popolazione. Il presidente ucraino teme che Trump possa sacrificare le posizioni di Kiev per ottenere un rapido accordo con Mosca. Tuttavia, Macgregor osserva che Zelensky ignora la realtà sul campo, dove l’esercito è logorato e la volontà di combattere si sta spegnendo.

In Europa, invece, la confusione regna sovrana. I leader europei coinvolti in una successiva telefonata con Trump sono rimasti sconcertati dal suo annuncio che Putin era disposto a un cessate il fuoco, pur non essendoci stato alcun cambiamento nella posizione russa. La premier estone Kaya Kallas ha chiesto pubblicamente che vi siano “conseguenze” se Mosca non accetta la tregua, ma Trump non ha mai parlato di sanzioni.

Secondo Macgregor, i leader UE vivono una grande illusione strategica: sperano che Trump sposi la loro linea, ma lui persegue una visione più pragmatica e isolazionista. La frattura transatlantica si approfondisce.


Situazione militare in Ucraina: verso il collasso

L’analisi di Macgregor suggerisce che l’esercito ucraino è vicino al collasso. Le perdite umane sono devastanti: fino a 1,5 milioni di morti stimati. I giovani, soprattutto nel centro e nell’ovest del paese, non vogliono più sacrificarsi per una guerra che appare sempre più disperata.

Il comando militare è in crisi: il leader della 47ª brigata meccanizzata si è dimesso per protesta contro ordini giudicati insensati. Anche il comandante della 59ª brigata è stato rimosso per aver ordinato un ripiegamento tattico. Il comando politico, rappresentato da Zelensky e dal generale Syrskyh, impone direttive irrazionali, come l’ordine di “non cedere un solo centimetro”, che demoralizza i militari.

Nel frattempo, i canali Telegram militari parlano apertamente di ammutinamenti. L’esercito vacilla. Le forze russe, invece, stanno avanzando applicando con efficacia la tattica dell’accerchiamento, con l’obiettivo di raggiungere il fiume Dnipro: una linea difensiva naturale che segnerebbe una vittoria strategica.


Trump tra ambiguità e contraddizioni

Uno dei punti più critici riguarda la doppiezza della posizione di Trump. Da un lato afferma di voler porre fine alla guerra e di voler ritirare le truppe americane dall’Europa. Dall’altro lato, mantiene oltre 100.000 soldati schierati lungo i confini dell’Ucraina.

Durante i colloqui ha detto a Putin che, in caso di stallo, si sarebbe ritirato dai negoziati. A Zelensky ha suggerito di chiedere un cessate il fuoco senza fare concessioni. Ai leader europei ha invece riferito che Putin era pronto a trattare, quando ciò non era vero.

Macgregor è severo: “Non si può condurre una politica estera con ambiguità strategica totale.” La mancanza di una linea chiara potrebbe innescare un’escalation incontrollata. E conclude: “Abbiamo perso ogni leva. Dobbiamo tagliare i legami con Kiev se vogliamo davvero fermare questa guerra.


Il Vaticano come sede per la pace?

In un’intervista separata, Trump ha suggerito che i negoziati di pace tra Russia e Ucraina potrebbero svolgersi in Vaticano. A suo dire, l’ambiente spirituale della Santa Sede potrebbe aiutare a superare l’odio e la rabbia. Ha chiarito che non si tratterebbe di un ritiro degli USA, ma di un tentativo di coinvolgere una parte terza neutrale e rispettata. Il pontefice Leone XIV si era già dichiarato disponibile ad accogliere tali colloqui.


Rubio accusa l’UE di prolungare la guerra in Ucraina

In un suo intervento al Segretario di Stato USA Marco Rubio ha elogiato Trump per il suo impegno nel prevenire e porre fine ai conflitti, sostenendo che sotto la sua presidenza gli Stati Uniti hanno assunto un ruolo di pacificatori. In un colloquio con un cardinale prima di una messa papale, Rubio ha riportato il suo stupore nel vedere un presidente americano spingere per la pace, mentre alcuni Stati europei sembrano favorire l’escalation bellica. Questa inversione di ruoli rispetto alla narrativa tradizionale — dove gli Stati Uniti sono visti come interventisti e l’Europa come diplomatica — viene descritta come “sconcertante”.

La critica si concentra sull’Unione Europea, accusata di alimentare la guerra in Ucraina attraverso l’invio continuo di armi e aiuti militari, prolungando così il conflitto. Rubio sottolinea che mentre l’Occidente ha presentato una proposta seria di cessate il fuoco, un eventuale rifiuto da parte della Russia mostrerebbe chiaramente chi desidera la pace e chi la guerra.

Rubio cita esempi specifici, come la Germania, la Francia e la Polonia, che hanno inviato carri armati, missili e altre tecnologie militari avanzate all’Ucraina. A suo avviso, questa scelta non solo non ha risolto il conflitto, ma l’ha addirittura prolungato. Rubio sottolinea che l’approccio europeo si è allontanato dalla diplomazia, trasformando l’UE in un “fornitore di guerra”. Questa posizione ha ricevuto critiche, con alcuni analisti che sostengono che l’assistenza militare era necessaria per fermare l’aggressione russa, mentre altri concordano con Rubio sul fatto che continui invii di armi impediscono il dialogo e alimentano un circolo vizioso di violenza.

Rubio quindi invita a riflettere su quale sia realmente la via verso la pace, suggerendo che la vera leadership diplomatica provenga dagli Stati Uniti sotto la guida di Trump, e non da Bruxelles o Berlino.

I dati mostrano un aumento del 200% nelle esportazioni di armi europee verso l’Ucraina dal 2022 al 2024.

La critica di Marco Rubio all’Unione Europea

In questo scenario già teso e frammentato, si inserisce anche la voce del senatore Marco Rubio, che ha recentemente espresso un punto di vista critico nei confronti dell’Unione Europea. In un colloquio informale con un cardinale prima della messa di V di papa Loene XIV , Rubio ha raccontato il suo stupore nel vedere un presidente americano – Trump – spingere sinceramente per la pace, mentre alcuni Stati europei sembrano invece favorire l’escalation.

Rubio ha lodato l’approccio pacificatore dell’amministrazione Trump, sostenendo che sotto la sua guida gli Stati Uniti hanno abbandonato il ruolo di interventisti per assumere quello di mediatori. Al contrario, ha accusato l’Unione Europea di prolungare la guerra in Ucraina attraverso il continuo invio di armi e supporti militari.

Secondo Rubio, questa inversione di ruoli rispetto alla narrativa tradizionale è sconcertante: mentre l’Occidente ha avanzato una proposta seria di cessate il fuoco, l’eventuale rifiuto da parte della Russia chiarirebbe chi è realmente interessato alla pace. In particolare, ha citato Germania, Francia e Polonia, che hanno fornito all’Ucraina carri armati, missili e tecnologie militari avanzate, contribuendo secondo lui ad alimentare il conflitto piuttosto che risolverlo.

Rubio invita a riflettere sulla vera via verso la pace, affermando che la leadership diplomatica autentica proviene oggi da Washington, non da Bruxelles. A sostegno di questa tesi, evidenzia come le esportazioni europee di armi verso l’Ucraina siano aumentate del 200% tra il 2022 e il 2024.


Tensioni interne all’Occidente opportunità per gli stati sovrani

Mentre Trump oscilla tra illusioni diplomatiche e ambiguità strategiche, la Russia mantiene l’iniziativa e la preminenza sul campo. L’Ucraina è esausta, l’Europa è disorientata e gli Stati Uniti, purtroppo, non parlano con una voce univoca. In questo contesto, la tanto auspicata pace sembra ancora lontana.

Tuttavia, le recenti accuse trasversali provenienti dalla stessa leadership americana nei confronti dell’UE, come quelle espresse da Marco Rubio, aggiungono un ulteriore elemento di frizione ma anche di potenziale svolta. Questo clima di crescente disallineamento potrebbe infatti offrire spunti per un cambiamento più profondo nelle politiche occidentali.

Un cambiamento che non riguarda solo la postura internazionale, ma anche il rapporto tra le élite europee e i propri cittadini. La leadership dell’UE, infatti, sta mettendo in campo una aggressività crescente non solo verso la Russia, ma anche verso i popoli europei stessi, imponendo un autoritarismo ideologico e una politica bellicista che marginalizza il dialogo e la vita democratica.

In questo quadro, ogni segnale di discontinuità – anche se provocato da tensioni interne all’Occidente – potrebbe diventare un’opportunità per recuperare il primato della ragione, della pace e della sovranità dei popoli.