Minaccia interna, evacuazione lampo e rivoluzione al NSC: l’asse Trump–Musk–Loomer scuote la Casa Bianca
Nel giro di 72 ore, l’amministrazione Trump ha attraversato una sequenza drammatica di eventi che hanno scosso la sicurezza nazionale, messo a nudo le spaccature interne alla Casa Bianca e rivelato un sistema decisionale sempre più concentrato attorno a figure esterne e non convenzionali. Una crisi emersa all’indomani del 2 aprile, giorno in cui è stata proclamata la nuova dottrina commerciale americana – da Trump ribattezzata “Giorno della Liberazione” – e che ora sembra intrecciarsi con una possibile minaccia interna.
L’evacuazione: Mar-a-Lago come base presidenziale alternativa
Il 3 aprile, in un contesto ancora poco chiaro ma classificato dai servizi come “potenzialmente critico”, il presidente Donald Trump è stato evacuato in tutta fretta dalla Casa Bianca. Le prime segnalazioni parlano di edifici circostanti svuotati, strade bloccate e un dispiegamento straordinario del Secret Service. Trump è stato inizialmente condotto nel bunker sotterraneo della residenza presidenziale, per poi essere trasferito – con cambio forzato di elicottero lungo il tragitto – a bordo dell’Air Force One, diretto in Florida.
Durante il volo, Trump ha dichiarato ai giornalisti che il suo stretto collaboratore Elon Musk “ha scoperto oggi qualcosa di terribile e sconvolgente”, senza fornire ulteriori dettagli. Il presidente ha parlato di una “minaccia interna ancora in corso”, alimentando speculazioni su un possibile sabotaggio, un’infiltrazione o un’interferenza informatica ai danni della sicurezza nazionale.
Trump ha quindi raggiunto Mar-a-Lago, la sua residenza privata in Florida, comunemente considerata una base operativa alternativa della presidenza in caso di crisi interne o di emergenze particolari. Sebbene questa funzione non sia mai stata ufficialmente riconosciuta, essa rientrerebbe nella strategia di “ridondanza” adottata da Trump nel corso del suo secondo mandato.
La rivelazione di Loomer e il terremoto nell’intelligence
The Guardian rivela che a precedere l’evacuazione, è avvenuto un episodio chiave: l’incontro del 2 aprile tra Trump e l’attivista Laura Loomer nello Studio Ovale. Secondo The Guardian, Loomer – figura di riferimento della destra radicale americana – ha consegnato personalmente un dossier segreto contenente nomi e accuse di “slealtà” da parte di alti funzionari della sicurezza nazionale, ovvero appartenenti alla NSC.
Nel contesto dell’articolo, NSC sta per National Security Council, ovvero il Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti.
Si tratta di un organo interno alla Casa Bianca che consiglia il presidente in materia di sicurezza nazionale e politica estera. È composto da funzionari di alto livello, tra cui:
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il Consigliere per la Sicurezza Nazionale,
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il Segretario di Stato,
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il Segretario alla Difesa,
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il Direttore della National Intelligence,
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e altri membri permanenti o ad hoc, a seconda delle questioni trattate.
Nel caso specifico , il NSC sarebbe al centro della crisi interna, con licenziamenti mirati di alcuni suoi membri accusati di slealtà nei confronti del presidente Trump, a seguito di un dossier fornito da Laura Loomer.
Sarebbe presumibilmente per questo che il giorno dopo, il 3 aprile, Trump ha avviato una purga senza precedenti.
Tra i primi ad essere licenziati:
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Timothy Haugh, direttore della National Security Agency (NSA) (vedi qui);
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Wendy Noble, sua vice;
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Brian Walsh, direttore per l’intelligence e vicino a Marco Rubio;
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Thomas Boodry, ex braccio destro del consigliere Waltz;
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David Feith, esperto di tecnologia e sicurezza nazionale;
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Maggie Dougherty, responsabile per le organizzazioni internazionali.
Le epurazioni hanno avuto luogo dopo una riunione alla quale hanno partecipato, oltre a Loomer, il vicepresidente JD Vance, il capo dello staff Susie Wiles, il segretario al Commercio Howard Lutnick e il consigliere per la sicurezza Mike Waltz.
Musk, Loomer e l’ombra del sabotaggio
Secondo analisti vicini all’intelligence, la scoperta di Elon Musk – citata da Trump ma non dettagliata – potrebbe riguardare un attacco informatico, un’esfiltrazione di dati o una vulnerabilità scoperta nei sistemi di comunicazione interna del governo. Alcuni hanno collegato l’evento a un episodio controverso: l’inserimento accidentale del giornalista Jeffrey Goldberg (The Atlantic) in una chat Signal riservata, in cui si discutevano operazioni militari in Yemen. Loomer ha sostenuto che Alex Wong, viceconsigliere per la sicurezza nazionale, fosse responsabile dell’incidente per danneggiare Trump. Tuttavia, un’indagine interna ha stabilito che si è trattato di un errore materiale di Waltz.
Nonostante fosse tra i bersagli principali del dossier di Loomer, Wong non è stato licenziato. Secondo indiscrezioni, Trump ha scelto di mantenerlo in carica per evitare di dare “una vittoria mediatica” ai suoi avversari, preferendo gestire la crisi con tempismo e prudenza tattica.
Loomer: da influencer a regista ombra
Ciò che rende la vicenda ancora più esplosiva è il ruolo crescente di Laura Loomer. Priva di incarichi formali, ma sempre più presente nella cerchia decisionale, Loomer ha acquisito un potere di influenza senza precedenti su un presidente in cerca di fedeltà assoluta. Le sue denunce, spesso infondate o costruite su teorie complottistiche, sono oggi al centro di decisioni strategiche nel cuore dell’amministrazione statunitense.
In ambienti vicini al Partito Repubblicano si parla apertamente di una “Loonsultocrazia”, un’amministrazione in cui decisioni di sicurezza vengono prese ascoltando voci non istituzionali, spesso radicali, mentre l’apparato tradizionale viene marginalizzato.
Un presidente accerchiato e diffidente
Dall’inizio del suo secondo mandato, Trump ha sistematicamente epurato figure appartenenti al vecchio establishment repubblicano e ha costruito un cerchio ristretto fatto di fedelissimi, outsider e imprenditori visionari. La presenza di Musk come consigliere informale ne è la prova: un genio anticonvenzionale chiamato a fornire soluzioni fuori dagli schemi, ma anche potenzialmente a segnalare rischi che sfuggono alle strutture burocratiche.
L’evacuazione in Florida potrebbe quindi non essere solo una reazione a un’allerta puntuale, ma l’inizio di una fase nuova, in cui Trump opera per affrontare quella che lui stesso definisce una “minaccia interna sistemica”.
La sicurezza sotto controllo o fuori controllo?
Il caos delle ultime ore – tra evacuazioni, epurazioni e criptici avvertimenti – mostra una Casa Bianca sotto assedio, reale o percepito. Che si tratti di un bluff strategico, di paranoia politica o di un’autentica crisi in corso, una cosa appare chiara: il potere nell’America di Trump è sempre meno istituzionale e sempre più non convenzionale. E le prossime mosse – come sempre nel suo stile – potrebbero sorprendere anche i più preparati.
Eppure, nonostante l’apparente disordine, la guida di Trump sembra tutt’altro che incerta. Al contrario: il presidente appare determinato a liberarsi progressivamente degli elementi ambigui o legati a doppio filo con l’apparato neoconservatore, ritenuti pericolosi per il suo programma. Un segnale forte che, tra bunker e dossier, Trump sta consolidando il controllo e blindando la sua linea politica contro ogni forma di sabotaggio interno.