Dopo la valutazione dell’ex consigliere di Trump, il colonnello Douglas Macgregor, è utile affiancare un’analisi altrettanto approfondita ma condotta da una prospettiva russa. A offrirla è il giornalista veterano John Helmer, autore del blog Dances with Bears, che in un articolo dettagliato ricostruisce la telefonata di due ore tra Donald Trump e Vladimir Putin, illustrandone le implicazioni strategiche con precisione e ricchezza di particolari.
Un’iniziativa fuori protocollo
Helmer inizia sottolineando che la telefonata del 20 maggio è avvenuta fuori da ogni prassi ufficiale: nessun preavviso nel calendario della Casa Bianca, nessuna dichiarazione formale a posteriori. Trump è scomparso dagli impegni ufficiali tra le 11:30 e le 12:30 (ora di Washington), ufficialmente per “pranzo”, mentre Putin ha divulgato per primo il comunicato ufficiale, pubblicato alle 19:55 ora di Mosca.
“Se il Segretario di Stato Marco Rubio e il generale Keith Kellogg… sono stati coinvolti nella preparazione della chiamata, sono rimasti in silenzio.”
Un dettaglio che rafforza l’idea di un’iniziativa personale e non istituzionale, in cui Trump ha agito da leader de facto, sorvolando sui canali tradizionali della diplomazia americana.
Il ritorno del metodo russo: trattative prima del cessate il fuoco
Il punto centrale dell’analisi di Helmer è la convergenza, seppur tattica, tra Trump e Putin sul metodo: prima il negoziato, poi il cessate il fuoco. Una formula che Washington aveva finora rifiutato.
Putin lo afferma chiaramente nel suo comunicato:
“Abbiamo concordato che la Russia proporrà e si impegnerà con la parte ucraina per redigere un memorandum… compreso un possibile cessate il fuoco temporaneo, qualora si raggiungano gli accordi necessari.”
Il leader russo ribadisce che:
“La nostra posizione è chiara. Eliminare le cause profonde di questa crisi è ciò che più ci sta a cuore.”
Helmer spiega che il riferimento è alla richiesta di un nuovo ordine di sicurezza europeo, già formulata nella proposta di trattato del dicembre 2021 e ignorata dall’amministrazione Biden.
Un Trump autonomo e sfuggente alla linea neocon
La dichiarazione di Trump è più colloquiale, ma conferma l’approccio alternativo:
“Russia e Ucraina inizieranno immediatamente i negoziati verso un cessate il fuoco e, più importante, la FINE della guerra.”
Ma ciò che colpisce è la rottura con l’apparato istituzionale neoconservatore e interventista: Trump ignora il “piano di pace in 22 punti” redatto da Kellogg e Zelensky, e omette ogni riferimento al gruppo FUGUP (Francia, UK, Germania, Ucraina, Polonia). Anzi, nella lista dei leader informati da Trump dopo la telefonata con Putin figurano solo interlocutori più “flessibili”, come Meloni e Stubb.
“Inclusi per la prima volta nel contesto: i rappresentanti italiani e finlandesi, con cui Trump ha dimostrato un rapporto personale.”
Meloni si allinea, Macron no
Secondo Helmer, Giorgia Meloni si schiera con decisione a favore dell’approccio Trump-Putin:
“L’Italia è pronta a fare la sua parte per facilitare i contatti e lavorare per la pace.”
Anche la disponibilità del Vaticano, promossa dal vicepresidente JD Vance, viene accolta con favore da Roma. Al contrario, Emmanuel Macron prova invano a salvare la linea “cessate il fuoco immediato” come condizione previa, rimanendo però isolato:
“Quando lunedì Macron ha capito di essere stato scavalcato, l’Eliseo non ha avuto nulla da dichiarare.”
Il “nemico interno”: Rubio e Kellogg
Helmer dedica ampio spazio alle divergenze interne all’amministrazione Trump. Il senatore Rubio e il generale Kellogg insistono sul piano americano, centrato su condizioni vincolanti imposte a Mosca prima ancora di sedersi al tavolo. Ma Trump li ha esclusi, preferendo un canale diretto con Putin.
“Putin ha suggerito a Trump di fermare Kellogg e FUGUP nell’incoraggiare Zelensky. Ha fatto un’osservazione particolarmente negativa sul ruolo di Starmer.”
Un passaggio rivelatore del disprezzo condiviso per l’interferenza europea e per i “falchi” dell’apparato occidentale.
La posta in gioco: la nuova Yalta?
Il vero obiettivo, sottolinea Helmer, è una trattativa diretta tra Stati Uniti e Russia, come quella auspicata (e respinta) nel 2021 con le bozze di trattato sulla sicurezza reciproca. La Russia è pronta a discutere tutto con Trump: la neutralità ucraina, il riconoscimento dei nuovi confini, gli scambi di prigionieri, le garanzie di non ingerenza NATO.
“Qualsiasi concessione sarà fatta solo da Putin, e solo a Trump.”
Una frase che sembra tratteggiare una nuova spartizione dell’ordine europeo, in cui l’Unione Europea è ridotta a spettatrice marginale. Per Mosca, si tratterebbe di una vittoria diplomatica silenziosa ma epocale, ottenuta dopo due anni di conflitto e isolamento.
Conclusione
La ricostruzione di John Helmer offre una prospettiva chiara e ben documentata su quanto accaduto. Dalla telefonata emerge una convergenza pragmatica tra Trump e Putin, destinata a ridefinire gli equilibri internazionali.
Non è detto che la pace sia imminente, ma ciò che è certo è che l’asse euroatlantico è in crisi profonda. L’Europa – divisa tra i falchi del rigore (Polonia, Germania, UK) e le colombe del pragmatismo (Italia, Finlandia) – rischia di essere tagliata fuori dalla trattativa vera.
E se Putin ha deciso che parlerà solo con Trump, allora forse la domanda da porsi è: chi rappresenta oggi davvero l’Occidente?