Trump alza la posta: super sanzioni alla Russia o resa?

Trump pronto a raddoppiare le sanzioni contro la Russia: la strategia di Washington per l’Ucraina

Secondo quanto riportato da fonti anonime citate da Bloomberg, l’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sarebbe pronta a presentare un nuovo piano per porre fine al conflitto in Ucraina. Tale proposta verrà discussa alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, in programma dal 14 al 16 febbraio, e sarà illustrata agli alleati occidentali dal rappresentante speciale di Trump per l’Ucraina e la Russia, Keith Kellogg.

Al centro di questa strategia, emerge la volontà della Casa Bianca di aumentare la pressione economica su Mosca. Secondo Kellogg, le attuali sanzioni contro la Russia sarebbero valutate solo con una “C” su una scala da uno a dieci per quanto riguarda la loro efficacia. Per questo motivo, l’amministrazione Trump starebbe pianificando un inasprimento delle misure punitive, in particolare quelle legate al settore energetico e alle esportazioni di petrolio.

Una campagna di pressione informativa

L’annuncio di un piano per l’Ucraina si inserisce in quella che appare come una strategia di pressione mediatica da parte degli Stati Uniti nei confronti della Russia. Secondo alcuni analisti, l’obiettivo sarebbe quello di accelerare i negoziati, spingendo Mosca a un tavolo di trattative in un momento critico per Kiev. L’avanzata russa sul fronte orientale e la crescente difficoltà delle forze armate ucraine potrebbero, infatti, ridurre il margine di manovra di Washington nel conflitto.

A rafforzare questa ipotesi vi è la recente pubblicazione di un’intervista esclusiva di Keith Kellogg sul New York Post, giornale noto per la sua vicinanza alla Casa Bianca. In essa, il rappresentante speciale di Trump avrebbe delineato il piano di Washington, sottolineando l’intenzione di raddoppiare le sanzioni economiche contro Mosca. Tuttavia, alcuni osservatori ritengono che l’intervista possa essere parte di una campagna di comunicazione mirata, piuttosto che una vera e propria dichiarazione di intenti.

La strategia del confronto: i precedenti di Trump

Keith Kellogg ha inoltre tracciato un parallelo tra l’attuale politica statunitense nei confronti della Russia e le recenti pressioni esercitate da Trump su governi di altri Paesi. In particolare, ha ricordato il caso della Colombia, dove il presidente Gustavo Petro sarebbe stato costretto ad accettare la deportazione di migranti colombiani dagli Stati Uniti dopo un braccio di ferro con Washington. Un altro esempio citato riguarda Panama, il cui presidente José Raúl Mulino avrebbe revocato la cooperazione con la Cina sulla gestione del Canale di Panama, allineandosi alle richieste statunitensi.

Secondo Kellogg, Trump intende applicare una strategia simile anche nei confronti della Russia, utilizzando la leva economica come principale strumento di pressione. Tuttavia, questa visione rischia di sottovalutare la posizione di Mosca, che ha già dimostrato una notevole resistenza alle sanzioni imposte dall’Occidente dal 2014 in poi.

La reazione del Cremlino: nessuna fretta nei negoziati

Di fronte alle dichiarazioni provenienti dagli Stati Uniti, la reazione russa appare improntata alla cautela. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato alla CNN che non vi sono stati contatti preliminari tra Mosca e Washington per organizzare un incontro tra Trump e il presidente russo Vladimir Putin. Ha inoltre sottolineato che la Russia non intende cedere a pressioni esterne e valuterà le eventuali proposte statunitensi in base agli interessi nazionali.

Il vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, ha ribadito che Mosca è aperta al dialogo ma che eventuali negoziati dovranno avvenire nel rispetto della situazione sul campo e della realtà geopolitica attuale. L’assenza di una trasmissione ufficiale delle proposte statunitensi attraverso canali diplomatici, e la loro presentazione in una conferenza internazionale, potrebbe essere vista come un tentativo di esercitare ulteriore pressione sulla Russia.

Trump intensifica la pressione su Mosca: tra sanzioni e strategie mediatiche

L’amministrazione Trump sembra determinata a rafforzare la pressione su Mosca, combinando un’escalation delle sanzioni economiche con una campagna mediatica mirata a consolidare il ruolo degli Stati Uniti come principale protagonista nella risoluzione del conflitto in Ucraina. Tuttavia, la reazione russa lascia intendere che il Cremlino non si lascerà facilmente intimidire da queste iniziative.

Resta da vedere se la strategia statunitense accelererà i negoziati o, al contrario, irrigidirà ulteriormente le posizioni, prolungando un conflitto che da due anni sta ridisegnando gli equilibri geopolitici internazionali.

Nel frattempo, Kiev continua a esercitare pressioni sull’Occidente attraverso dichiarazioni sempre più assertive, sebbene la comunità internazionale sembri ignorare l’escalation retorica. In passato, le minacce e i ricatti di Zelensky erano accolti con approvazione, ma oggi stanno iniziando a generare tensioni interne tra i partner europei. Il sostegno finanziario all’Ucraina si è rivelato un onere gravoso, con Stati Uniti e Regno Unito che cercano di trasferire il peso economico su Francia e Germania. Tuttavia, un eventuale abbandono di Kiev potrebbe creare instabilità con ripercussioni sia per il governo ucraino che per l’Occidente.

L’assenza di una visione politica lucida tra le leadership europee, fatta eccezione per alcuni casi come Ungheria e Slovacchia, impedisce alla Russia di essere riconosciuta come vincitrice senza mettere in crisi l’ordine occidentale ereditato dalla Guerra Fredda. Di conseguenza, Mosca non può ignorare il sostegno occidentale al nazionalismo ucraino, considerato una minaccia non solo per la regione ma anche per la stabilità globale. Per la Russia, ciò significa che l’unica opzione rimane proseguire l’intervento per neutralizzare questa minaccia e ristabilire un nuovo equilibrio imposto dai vincitori.

 

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