Trump all’Iran «ARRENDERSI INCONDIZIONATAMENTE!»: gli USA ad un passo dalla guerra diretta

La guerra aperta tra Israele e Iran, si è rapidamente trasformata in un grave conflitto regionale. Israele aveva annunciato di aver effettuato i raid aerei e missilistici su impianti nucleari e basi militari iraniane, sostenendo di dover neutralizzare un presunto programma atomico nucleare iraniano (koreajoongangdaily.joins.com). Tuttavia, questa narrazione è contestata dai servizi d’intelligence statunitensi e da analisti indipendenti. In un’audizione al Congresso (marzo 2025), la direttrice dell’Intelligence Nazionale USA Tulsi Gabbard ha dichiarato che l’Intelligence Community ritiene che l’Iran “non sta costruendo un’arma nucleare” e che il leader supremo Khamenei non ha autorizzato alcun programma di armamenti dal 2003 (ndtv.com). In altri termini, la minaccia nucleare iraniana – il principale casus belli addotto da Tel Aviv – risulta smentita dai fatti.

Nel frattempo, il conflitto ha visto un’impennata delle operazioni militari. Testate internazionali descrivono lo scontro come “un’offensiva senza precedenti”: Israele ha dichiarato di aver colpito “impianti nucleari civili, fabbriche di missili balistici e comandanti militari” iraniani nel tentativo di bloccare il programma nucleare di Teheran. L’IDF (Forze di Difesa Israeliane) ha confermato di aver bersagliato circa 150 obiettivi diversi con decine di aerei, comprese decine di postazioni missilistiche superficie-superficie in Iran (analisidifesa.it). I risultati di questi attacchi includono incendi su siti nucleari (ad es. un impianto di arricchimento di uranio al 60%, secondo il direttore IAEA Grossi) e la neutralizzazione di alti vertici militari iraniani. L’analisi di Analisi Difesa – Analisi Difesa (Gianandrea Gaiani) sottolinea che l’IDF ha colpito «i tre comandanti più anziani del regime iraniano» (generali Bagheri, Salami e Rashid), una scala di bersagli molto più ampia delle solite azioni mirate contro milizie. Poiché questi comandanti rappresentano «uno stato riconosciuto che siede alle Nazioni Unite», l’articolo conclude che simili attacchi costituiscono un vero atto di guerra” piuttosto che operazioni antiterrorismo. Del resto, sei scienziati nucleari iraniani sono stati uccisi nei raid e una centrale nucleare civile (di Bushehr) costruita con tecnologia russa – ha subito danni a causa dei bombardamenti israeliani. Complessivamente, l’offensiva israeliana ha colpito anche infrastrutture strategiche come sedi dell’IRGC (Corpo delle Guardie Rivoluzionarie) e centrali nucleari, segnalando un’azione di grande portata.

Obiettivi dichiarati e reali

Ufficialmente, Israele dichiara di agire per fermare il nucleare iraniano. Il ministro della Difesa Israel Katz ha affermato che l’obiettivo include l’impianto sotterraneo di Fordow, così difficile da colpire da richiedere «bombe bunker» statunitensi: «solo gli USA possono distruggerlo, ma Fordow “sarà comunque nella lista”» (liberoquotidiano.it). Analogamente, Benjamin Netanyahu ha parlato di colpire il “cuore del programma nucleare militare iraniano” e invitato gli iracheni a sollevarsi contro il “regime malvagio e oppressivo” degli ayatollah. Queste affermazioni sembrano tuttavia sovradimensionare la realtà: anche secondo la stampa israeliana, senza appoggio aereo esterno l’operazione rischia di fallire nel distruggere Fordow (axios.com).

Fonti giornalistiche statunitensi confermano che Israele ha chiesto formalmente l’intervento americano per completare la missione nucleare, ma l’amministrazione Trump sinora ha preso le distanze. Un articolo di Axios riferisce che il governo israeliano ha chiesto agli USA di «entrare in guerra con l’Iran» per eliminare il suo programma atomico, poiché Israele «non ha le bombe bunker necessarie per distruggere Fordow» (axios.com). Un funzionario israeliano ha addirittura sostenuto che Trump gli avrebbe detto (in privato) che aiuterebbe se necessario.

Tuttavia, dietro la facciata nucleare, osservatori internazionali vedono emergere l’obiettivo di un vero cambio di regime iraniano. L’analista Shahram Akbarzadeh (Università di Deakin, Australia) commenta: “L’obiettivo di Israele è il cambiamento di regime” a Teheran. Anche il responsabile di Analisi Difesa Gaiani nota che solo spiegando tale fine – e non la minaccia nucleare – si capisce perché Israele abbia attaccato svariati siti di ricerca atomica (Natanz compresa) avendo almeno un tacito benestare americano (analisidifesa.it). Del resto, un portavoce militare israeliano ha dichiarato che gli aerei hanno ormai “liberato la strada verso Teheran”, evidenziando la natura punitiva dei raid. Nel complesso, l’offensiva (“Operazione Nazione dei leoni” ) sembra indirizzata a indebolire il vertice politico-militare iraniano e a dare un colpo decisivo al regime degli ayatollah – un obiettivo politico chiaramente inviso dall’Iran ma anche oggetto di sanzioni e pressioni diplomatiche negli anni passati.

Il coinvolgimento degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti stanno continuando a rafforzare la propria presenza militare nella regione. Secondo Reuters, gli USA hanno dispiegato un gran numero di aerei cisterna e persino l’ammiraglia Nimitz verso il Golfo Persico (reuters.com). La combinazione di porterei, caccia e rifornitori inviati suggerisce che gli Stati Uniti stanno «notevolmente rafforzando la loro potenza aerea» per una possibile lunga operazione. L’analisi evidenzia che la migrazione «repentina» di oltre due dozzine di aerei cisterna non è «un fatto ordinario», ma un «chiaro segnale di prontezza strategica». Il Segretario alla Difesa Pete Hegseth ha confermato via social media l’ordine di inviare capacità difensive aggiuntive nella regione, sottolineando che lo scopo è «proteggere le forze statunitensi» come «nostra priorità principale». Il canale 12 isaeliano aveva dato per certo che questa notte Trump avrebbe dichiarato guerra all’Iran e ciò viene corroborato anche dal fatto che il presidente Trump ha lasciato un giorno prima il vertice del G7 in corso per ritornare precipitosamente a Washington per il conflitto in corso.

Nonostante questo rafforzamento, la direzione rimane ambigua. Reuters riferisce che Trump ha fino a questo momento impedito operazioni americane dirette contro i vertici iraniani: ad esempio, ha “messo il veto a un piano israeliano” di colpire il leader supremo Ali Khamenei. Proprio su questo punto, il presidente Trump ha scritto sui social di conoscere «esattamente dove si nasconde» Khamenei, ma ha aggiunto «non lo elimineremo (uccidere!)… almeno per ora… la nostra pazienza si sta esaurendo» (reuters.com), ribadendo tre minuti dopo su Truth Social la parola d’ordine «ARRENDERSI INCONDIZIONATAMENTE!». In sintesi, Trump ha espresso apertamente che il suo obiettivo non è il nucleare ma la resa del regime iraniano, ignorando i consigli degli 007. L’invio di F-22 e F-35 di quinta generazione (citato da media come Reuters) sembra indicare che gli USA intendano garantire la supremazia aerea totale in Iran, neutralizzare gli impianti difensivi residui e colpire bersagli profondi (come Fordow) che Israele da solo non potrebbe distruggere.

Condanne internazionali e diritto internazionale

La comunità internazionale ha manifestato profonda preoccupazione per l’escalation. In particolare la Russia ha duramente stigmatizzato l’azione israeliana. A livello diplomatico Mosca ha affermato che i raid israeliani sono stati «non provocati» e violano la Carta ONU. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha segnalato che l’attacco “nega ogni legittima giustificazione” e «distrugge gli sforzi diplomatici» per la non proliferazione nucleare. In una dichiarazione formale il ministero degli Esteri russo ha condannato «l’uso della forza da parte dello stato di Israele in violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale», definendo «categoricamente inaccettabili» «attacchi militari non provocati contro uno Stato membro sovrano dell’ONU».

Analisi ufficiali russe avvertono inoltre del pericolo nucleare: il ministero ha sottolineato che gli attacchi contro gli impianti atomici civili iraniani «sono illegali dal punto di vista del diritto internazionale» e «spingono il mondo verso una catastrofe nucleare» (tass.com). In particolare, Mosca chiede di bloccare subito i bombardamenti: «Israele fermi immediatamente i raid sulle installazioni nucleari» garantite e monitorate dall’AIEA. I russi ricordano che gli obiettivi del Trattato di non proliferazione non possono essere raggiunti attraverso la forza armata, insistendo che la soluzione deve essere «di natura diplomatica». In questo senso, il Cremlino osserva con favore le intenzioni dell’Iran di negoziare con Washington e auspica rapporti più obiettivi dell’AIEA sugli attacchi israelian.

Non solo Russia: anche voci statunitensi mettono in guardia dal coinvolgimento diretto. Il senatore democratico Tim Kaine ha ammonito che «non è nell’interesse della nostra sicurezza entrare in guerra con l’Iran» se non strettamente necessario, e che l’escalation rischia di «trascinare gli Stati Uniti in un altro conflitto senza fine» (consortiumnews.com). Organizzazioni di opposizione (es. National Iranian American Council) affermano che la spirale di violenza «è dannosa per Israele, per l’Iran e per gli Stati Uniti», invitando Trump a fare pressione su Netanyahu per fermare le ostilità. La stessa NIAC ricorda che, come ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano, “se Israele interrompe i suoi attacchi, cesserà anche la ritorsione iraniana”, sottolineando che la via diplomatica rimane aperta fino a che non viene annullata unilateralmente.

Verso il cambio di regime

Di fronte a queste evidenze, molti osservatori concludono che la guerra israelo-iraniana stia assumendo i contorni di una campagna di regime change, più che di un’azione difensiva. L’analisi finale di Analisi Difesa afferma che la retorica ufficiale di colpire il nucleare «appare poco credibile», lasciando intendere che il vero obiettivo sia far cadere il regime degli ayatollah. Gli esperti ricordano come attacchi analoghi in Iraq (Saddam Hussein) e Libia (Gheddafi) abbiano portato a guerre di lunga durata con enormi costi. Anche fonti indipendenti latinoamericane (Consortium/Common Dreams) sottolineano che Israele ha «iniziato questa guerra» e che la pressione internazionale dovrebbe concentrarsi affinché sia Israele a fermare i raid, non l’Iran.

In termini legali, l’operazione solleva gravi dubbi. Un attacco militare diretto contro un paese sovrano, membro dell’ONU e senza dichiarazione di guerra, contrasta con la Carta delle Nazioni Unite e il divieto di aggressione. Come rileva il ministero russo, colpire impianti civili pacifici per costringere un regime a piegarsi è illegale e rischioso per la sicurezza internazionale. Inoltre, l’uso dichiarato del tema nucleare come casus belli è screditato dai fatti (e dall’intelligence interna americana).

In conclusione, alla luce delle dichiarazioni e dei fatti, emerge che l’attacco israeliano appare calibrato per piegare la leadership iraniana anziché neutralizzare una reale minaccia atomica. Tale scorciatoia violenta ignora il diritto internazionale e mina l’unico percorso veramente credibile di risoluzione: il negoziato. La strada diplomatica resta l’unica via realistico per evitare ulteriori vittime e una crisi regionale ancora più ampia, ancorché Trump abbia sinora rifiutato compromessi, chiedendo piuttosto la «resa incondizionata» dell’Iran. In mancanza di un cambio di rotta, il conflitto rischia di precipitare in una spirale sanguinosa difficile così pericolosa da rendere impossibile prevederne lo sviluppo.

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