Tradizione, buon senso e vino: perché difendere la nostra identità senza rinunciare alla sicurezza

Il recente post di Sara Fumagalli,  esponente della Lega, tocca un argomento che forse in molti abbiamo dato per scontato: il rapporto tra tradizione, buon senso e regole sempre più stringenti. Si parla dei limiti sull’alcool test e di come queste normative, pensate per la sicurezza stradale, rischino di travolgere uno degli aspetti più autentici della cultura italiana: il piacere del vino come parte delle nostre tradizioni.

Fumagalli lo spiega bene: “A mio avviso è stato sbagliato confermare e addirittura rafforzare in applicabilità e sanzioni questo dirigismo statalista contro un elemento centrale della tradizione italiana, cristiana e occidentale: il bere vino. E non ha tutti i torti. Pensateci: quanto è radicato nella nostra cultura il gesto di alzare un bicchiere durante un pranzo in famiglia, un matrimonio o una semplice cena con gli amici? Non è solo una questione di abitudine, ma di identità.

Un tempo, racconta Sara, durante le grandi occasioni era normale gustare un aperitivo, bere vino durante i pasti, concludere con un brindisi e magari un digestivo: Parliamo quindi di consumi di alcool decisamente superiori a quelli consentiti oggi, eppure non mi risulta che le nostre strade fossero funestate da incidenti post matrimoni, cresime o prime comunioni.” Questo non significa sminuire il problema della guida in stato di ebbrezza, ma piuttosto chiedersi se sia giusto fare di tutta l’erba un fascio, colpendo anche comportamenti moderati che non mettono nessuno in pericolo.

Ed è qui che il ragionamento è particolarmente lineare: invece di punire chi, senza rischiare nulla, si gode un bicchiere di vino a cena, non sarebbe meglio concentrare i controlli su chi effettivamente abusa di alcool e poi si mette alla guida in situazioni rischiose, come fuori dalle discoteche? Come dice Fumagalli: “La stretta generalizzata sull’alcool in assenza di incidenti, di anomalie alla guida e di evidenze di alterazione, la trovo un colpo durissimo e inutile alle tradizioni, alla libertà e all’economia del Paese.”

C’è anche un altro aspetto che merita attenzione: questo tipo di restrizioni può portare a un impoverimento culturale, oltre che pratico. La tradizione enogastronomica italiana è parte del nostro DNA, riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo. E se proprio per paura di perdere la patente o incorrere in sanzioni finissimo per bere solo acqua o bibite durante le feste? Fumagalli lo mette bene in prospettiva: “Pensiamo ai nonni o parenti anziani, quanti nella loro vita hanno sempre bevuto ordinariamente vino ai pasti in misura superiore a quanto consentono gli odierni alcool test, senza mai perdere lucidità… e senza mai fare incidenti.”

Ciò che emerge da questa riflessione è una richiesta di equilibrio. Non si tratta di eliminare i controlli, ma di applicarli con buon senso, senza penalizzare inutilmente le persone comuni e, soprattutto, senza intaccare tradizioni che da secoli fanno parte del nostro modo di vivere e stare insieme.

Forse dovremmo riflettere di più su come mantenere vive le nostre abitudini e tradizioni, senza rinunciare alla sicurezza. Perché sì, la prevenzione è importante, ma la cultura e la libertà personale lo sono altrettanto. Come dice l’autrice: “Urge un ripensamento su come conciliare più razionalmente tradizioni, sicurezza e libertà, accrescendo l’educazione in famiglia e nella società, senza interventi rivoluzionari e oppressivi dello Stato.”

Se volete leggere il post completo di Sara Fumagalli, lo trovate qui. Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti!

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