Tra storia e propaganda, il saluto “Ave, Caesar, morituri te salutant”

Vietato Parlare ne ha già trattato in precedenza (vedi qui). Nel testo che segue, Franco Cardini prende spunto dal gesto di Musk per approfondire il tema del saluto a braccio teso, un segno che nel tempo ha assunto molteplici significati, passando da semplice gesto di richiamo o di pace a simbolo ideologico. Cardini ne ripercorre la storia, dalle origini nell’antichità fino alle sue moderne interpretazioni, smontando le letture strumentali che spesso lo accompagnano.

 

Ciò che conta, in fondo, è il contesto in cui un gesto si inserisce, poiché è questo a determinarne il significato nel tempo. Nel caso di Musk il contesto non era il significato delle polemiche.

Lo strano saluto di Elon Musk

Fonte Arianna Editrice – Autore; Franco Cardini 

Ad alcuni è parso che Musk, nell’euforia del momento, abbia salutato gli astanti platealmente con il braccio teso. Per qualche giorno la notizia nel mondo sembrava essere stata unicamente questa. Il saluto a braccio teso, infatti, è stato, specialmente in Europa, totalmente demonizzato. È così anche altrove? Diciamo che il saluto che viene fatto alzando la mano destra è quasi un gesto spontaneo da sempre e universalmente. Viene fatto anche per richiamare l’attenzione e spesso si muove anche la mano per facilitare la localizzazione.I nativi americani mostravano il palmo della mano destra alzando il braccio, come segno di pace, forse per mostrare la mano priva di armi, quasi per tranquillizzare chi avevano di fronte. È un gesto analogo a quello che veniva fatto dal cavaliere quando alzava la celata per mostrare il volto e rassicurare l’altro.

Di questa consuetudine medioevale era rimasta l’abitudine di salutare levandosi il cappello, specialmente al cospetto di una signora, gesto che è andato perduto con la scomparsa del cappello. Rimane tra i militari, che per salutare portano la mano alla visiera rievocando il gesto di alzare la celata o di togliere il cappello. I militari statunitensi portano la mano alla fronte anche se privi di cappello.

 

Tutto questo per dire che ogni forma di saluto è antichissima, come la stretta di mano che viene da Babilonia ed è legata al dio Marduk, il dio della stretta di mano. Qualcuno ha ipotizzato che fosse un saluto che diffondeva il concetto di uguaglianza tra gli uomini, essendo un saluto verticale in cui nessuno si prostra davanti a un altro.

Tornando al saluto che mostra il palmo della mano, questo era molto diffuso e non solo fra i Romani. In un reperto archeologico cartaginese possiamo osservare la mano distesa con le dita unite in una piccola stele scolpita nella pietra. È la medesima mano che i Romani collocavano sulle loro insegne insieme a dischi solari e, in due legioni, anche il simbolo dello Yin e Yang, che noi conosciamo come simbolo legato al Taoismo e significa l’unione e l’armonia degli opposti.

Anche il Marc’Aurelio equestre in piazza del Campidoglio sembra fare un saluto analogo, ma pare per invitare al silenzio prima di parlare; in realtà, comunque, è il segno della defensio civitatis da parte del sovrano. Quel che è certo è che il saluto che noi abbiamo denominato “romano” non doveva essere fatto in modo hollywoodiano, con una rigidità che sembra quasi prussiana.

Quel tipo di saluto lo ritroviamo per la prima volta sotto forma di giuramento degli Orazi in un famoso dipinto del pittore David, simpatizzante della Rivoluzione, e quindi come gesto di giuramento nel grande dipinto, sempre del David e sempre al Louvre, della consegna delle bandiere della Guardia da parte di Napoleone. Probabilmente è stato il giacobinismo a trasformare il saluto che mostra il palmo della mano in un saluto identitario e ideologico, sdoganando il gesto nell’età moderna e trasformandolo in saluto rivoluzionario, identitario di una nuova visione del mondo.

Ne abbiamo la prova con la statua che i giacobini dedicarono a Jean Sylvain Bailly e che troneggia a Versailles. Questi era un uomo di cultura, un astronomo, ma anche un rappresentante del Terzo Stato agli Stati Generali del 1789. Fu il primo presidente dell’Assemblea Nazionale e collaboratore di La Fayette. A questo rivoluzionario di primo piano si volle erigere una scultura e si pensò bene di rappresentarlo mentre, a braccio teso, saluta in modo marziale o forse giura fedeltà alla bandiera, il drapeau tricolore, simbolo della nuova comunità.

 

Negli Stati Uniti, sappiamo che dopo la rivoluzione e l’indipendenza dall’Inghilterra si ispirarono alla costituzione francese, mutuando però dal giacobinismo anche forme esteriori di cui ogni rivoluzione ha estremo bisogno per coinvolgere emotivamente le masse. Infatti, in America si instaurò la consuetudine di salutare la bandiera a stelle e strisce col braccio teso e il palmo rivolto verso il basso, a dita unite. Per dare un tono marziale, il saluto era eseguito in modo molto rigido, come pretenderebbe una posa marziale. Era di rigore in ogni cerimonia ed anche in tutte le scuole.

Questo saluto alla bandiera fu eseguito fino a quando si diffuse anche in Europa e nel mondo per altre ragioni, e allora pensarono di mettere semplicemente la mano sul cuore.

In Italia, alla vigilia della Grande Guerra, uscì un film colossal a carattere storico dal titolo Cabiria, che era il nome di una bambina destinata ad essere sacrificata dai Cartaginesi. La vicenda è ambientata al tempo della terza guerra punica e rappresenta la vittoria definitiva dei Romani su Cartagine. Il consulente storico del film ed autore dei dialoghi scritti era Gabriele D’Annunzio, scelto non solo per la sua cultura, ma anche per le sue brillanti trovate che facevano sempre presa sull’immaginario collettivo.

Il poeta, con idee e sentimenti socialisti e il suo romanticismo rivoluzionario, immaginò i Romani esibire come segno distintivo il famoso saluto, che all’epoca era conosciuto anche come saluto gladiatorio, abbinato al motto: “Ave, Caesar, morituri te salutant”. Questi saluti, sapientemente diffusi nel colossal, risvegliarono fantasie eroiche e rivoluzionarie, magari anche repubblicane, in quel momento di tensione alla vigilia della guerra.

Nel dopoguerra, con il risentimento causato dalla pace mutilata (altro slogan dannunziano), si verificò l’impresa di Fiume, che si trasformò in una rivoluzione antimperialista generalizzata. Essendo una rivolta capeggiata da D’Annunzio, molti arditi – la componente più eversiva delle Forze Armate – si ricordarono del famoso saluto rivoluzionario, e i saluti a braccio teso dilagarono a Fiume, essendo conosciuto soprattutto come saluto ideologico e non tanto per la sua storicità.

 

Furono contagiati anche i pochi fascisti presenti, e poi il gesto fu fatto proprio dal movimento di Mussolini anche nella penisola. Possiamo dire che la liturgia, che poi sarà conosciuta come “fascista”, nasce con l’impresa dannunziana.

Quando ebbe termine il secondo conflitto mondiale, questo saluto divenne un moderno tabù, e molti hanno creduto che fosse un segno distintivo di idee reazionarie e oscurantiste.

Quando Elon Musk, alla cerimonia, si pose la mano sul cuore come gli americani usano fare, per poi fare il gesto plateale di lanciarlo tra gli astanti, molti visionari evocarono immediatamente Adolf Hitler, senza riflettere che in tutti gli Stati Uniti quel gesto, fino al secolo scorso, era dettato e imposto dalla costituzione repubblicana di ispirazione giacobina.

Ancora oggi, quando un americano chiama un taxi, ripete inconsciamente quel gesto.

Che Musk, pur lontanissimo da nostalgie dannunziane, abbia voluto semplicemente farsi beffe di una Sinistra che oggi abbonda di menti deboli? Infatti, in altri tempi, un’autentica democratica come Eleanor Roosevelt osservava che “Le menti forti discutono di idee, le menti medie discutono di eventi e le menti deboli discutono di persone”.

 

Tutto può darsi, ma lo riteniamo improbabile data la circostanza.

Ad ogni modo, a dimostrazione di quanto siano pretestuose certe polemiche che vogliono influenzare solo i facilmente suggestionabili, c’è da osservare che nessuno ha mai parlato di latente leninismo o castrismo di Trump a causa dei pugni chiusi esibiti nei meeting elettorali.

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