Tra pandemia e guerra lo stesso schema di controllo

Come Noam Chomsky ha osservato nel suo saggio La Frabbrica del Consenso“, la paura è da sempre uno degli strumenti più efficaci per il controllo sociale. Le élite politiche ed economiche utilizzino la paura per manipolare la società, convincendo i cittadini ad accettare misure restrittive e decisioni che, in condizioni normali, sarebbero respinte.

In linea, la gestione della pandemia di Covid-19 e l’attuale narrazione bellica sul conflitto in Ucraina e sulla presunta minaccia russa e trumpiana evidenziano un pattern ricorrente: la percezione di un pericolo imminente viene amplificata per giustificare misure straordinarie che limitano la sovranità nazionale e i diritti individuali.

La tecnica è semplice ma potente: creare uno stato di emergenza costante in cui la popolazione, terrorizzata da una minaccia percepita, accetti restrizioni e cessioni di sovranità che in tempi normali sarebbero inaccettabili.

Sia la pandemia che la guerra sono servite come strumenti per ridefinire le regole del gioco, spesso a favore di chi detiene il potere. In entrambi i casi, il cittadino è posto in una condizione di dipendenza dallo Stato e da entità superiori, con una riduzione delle libertà individuali in nome della sicurezza collettiva.

In questo periodo osserviamo una reazione pressochè assente da parte della pubblica opinione, se non altro una incapacità di mobilitazione e di reagire neanche quando è concesso di farlo, ovvero nelle urne eletorali. L’esperienza accumulata dalle istituzioni nel periodo della pandemia è stato ancora messo in pratica adesso, ove la popolazione è del tutto anestetizzata alle menzogne propinate in maniera semplicistica e grossolana dai media mainstream.

Vediamo qui di seguito i parallelismi che emergono dai due periodi che hanno molto in comune (ove il primo è stato propedeutico al secondo):


Dalla pandemia alla narrazione bellica

La gestione della pandemia di Covid-19 e la narrazione sulla guerra in Ucraina presentano dinamiche simili:

  1. Definizione di un nemico assoluto

    ▪️ Durante la pandemia, il nemico era il virus e chiunque mettesse in dubbio le misure di contenimento veniva etichettato come “negazionista” o “pericoloso per la collettività”.
    ▪️ Oggi il nemico è la Russia, con Putin descritto come un dittatore senza scrupoli pronto a invadere l’Europa, e chiunque ponga dubbi sulla narrazione ufficiale viene accusato di “filoputinismo” o addirittura di tradimento.

  2. Narrativa basata sulla paura per giustificare misure straordinarie

    ▪️Con il Covid, il lockdown è stato imposto come unica soluzione possibile, limitando libertà personali e provocando una crisi economica senza precedenti.
    ▪️Con la guerra, si spinge per il riarmo e il coinvolgimento sempre maggiore della NATO, con una crescente militarizzazione e la richiesta di sacrifici economici per “difendere la democrazia”.

  3. Demonizzazione di chi dissente

    ▪️Durante la pandemia, chi contestava la narrazione ufficiale veniva censurato dai social media, ostracizzato e in alcuni casi addirittura perseguito.
    ▪️Oggi chi critica la strategia bellica dell’Occidente viene bollato come “disinformato” o “complice di Mosca”, con l’UE che ha persino chiuso canali di informazione alternativi come Russia Today e Sputnik.

  4. Cessione di sovranità nazionale

    ▪️Con il Covid, l’OMS ha guadagnato un potere senza precedenti sulle politiche sanitarie nazionali, portando alla discussione di un Trattato Pandemico che potrebbe consegnare la gestione sanitaria globale a un ente sovranazionale.
    ▪️Con la guerra, l’Unione Europea ha imposto sanzioni alla Russia e ha deciso di finanziare il riarmo, senza un reale dibattito democratico, creando un precedente per future decisioni militari centralizzate.

  5. Mobilitazione delle risorse economiche dei cittadini

    ▪️Con la pandemia, i governi hanno giustificato spese straordinarie, aumentando il debito pubblico e centralizzando l’economia.
    ▪️Con la guerra, si chiede ora ai cittadini di sacrificare i propri risparmi per finanziare la produzione bellica, come dimostrato dal piano di Ursula von der Leyen per convertire 850 miliardi di euro in investimenti per la difesa.


La paura come strumento per il consenso

Il concetto di “Shock Strategy“, sviluppato dalla giornalista Naomi Klein nel suo libro The Shock Doctrine, spiega come governi e grandi poteri utilizzino le crisi per attuare riforme che altrimenti non sarebbero accettate dalla popolazione.

Meccanismo del controllo basato sulla paura

Fase 1: Creazione di un’emergenza

  • Si enfatizza una crisi reale o percepita (pandemia, guerra, terrorismo, la Russia vuole invadere l’Europa fino al Portogallo…) fino a farla sembrare un rischio esistenziale per la popolazione.
  • Si diffondono messaggi allarmistici attraverso i media e i leader politici, imponendo una narrazione univoca che sposta i problemi ad un giudizio personale sui capi di altri stati mescolando la politica internazionale con la politica interna e le scelte di altri paesi.

Fase 2: Restrizione delle libertà con il pretesto della sicurezza

  • Durante il Covid: lockdown, obblighi vaccinali, green pass.
  • Durante la guerra: censura dei media alternativi, criminalizzazione delle opinioni dissidenti, richiesta di sacrifici economici e politici.

Fase 3: Consolidamento del nuovo status quo

  • Le misure straordinarie diventano permanenti (es. la digitalizzazione della sanità, il controllo finanziario, l’industria bellica come pilastro economico).
  • La popolazione si abitua progressivamente a vivere sotto restrizioni, percependo il sacrificio come “necessario per il bene comune”. Trova conforto nei dibattiti televisivi e nelle manifestazioni, come quella di Piazza del Popolo “a favore dell’Europa”, presentata come il “bene assoluto” contrapposto alle brutture del mondo. Tuttavia, è la stessa UE a contribuire da tempo a generare tali conflitti, come dimostrano i casi di Libia, Serbia e Ucraina. Nel frattempo, la propaganda martellante trasforma una politica aggressiva in un’apparente ricerca della pace, plasmando così la percezione collettiva.

Trump e Putin: nuovi “nemici” per giustificare l’ordine globale

Oltre alla minaccia russa, ora anche Donald Trump viene dipinto dai media come un pericolo per la stabilità globale.

Trump: la minaccia interna all’Occidente

  • La sua posizione critica sulla NATO e il suo desiderio di negoziare con la Russia lo rendono un ostacolo per chi vuole prolungare il conflitto.
  • Viene descritto come un nemico della democrazia, esattamente come chi si opponeva alle restrizioni durante il Covid veniva definito “no vax” o “negazionista”.

Putin: la minaccia esterna

  • Viene presentato come un dittatore irrazionale pronto a conquistare l’Europa, anche se più volte Mosca ha negato qualsiasi intenzione bellica al di fuori dell’Ucraina.
  • La minaccia russa giustifica il riarmo europeo e la creazione di un esercito comune sotto il controllo dell’UE e della NATO.

Conseguenze del controllo sociale basato sulla paura

1️⃣ Soppressione del dibattito democratico

  • La narrazione ufficiale diventa dogma e chi la contesta viene ridicolizzato o censurato.

2️⃣ Espansione del potere delle istituzioni sovranazionali

  • OMS e UE acquisiscono poteri che limitano la sovranità nazionale, rendendo i governi più simili a semplici esecutori.

3️⃣ Spese militari e crisi economica

  • La paura porta a investire in guerra e sicurezza, mentre i cittadini affrontano austerità e inflazione.

4️⃣ Accettazione passiva di nuove emergenze

  • Una popolazione costantemente impaurita accetterà più facilmente future crisi artificiali, come nuove pandemie o emergenze climatiche.

Prepararsi al crollo

La paura, quella sensazione di ansia costante e inquietudine diffusa , è da sempre uno degli strumenti più efficaci nelle mani di chi detiene il potere. Non si tratta solo di reagire a un pericolo immediato, ma di vivere immersi in un disagio persistente, alimentato con cura per spingerci ad accettare cambiamenti e restrizioni che normalmente non accetteremmo mai. Lo abbiamo visto chiaramente con la pandemia, lo vediamo ancora oggi con le continue narrazioni belliche: si crea un’emergenza, si diffonde l’idea di un pericolo costante, si giustificano limitazioni delle nostre libertà personali, e si arriva infine a centralizzare sempre di più il potere nelle mani di pochi.

Per questo è fondamentale che tutti noi diventiamo consapevoli di questi meccanismi, per non cadere continuamente nelle stesse trappole. Solo cercando informazioni libere e coltivando ogni giorno il pensiero critico possiamo difenderci efficacemente dall’uso manipolatorio della paura. Tuttavia, rendersi conto di tutto questo è soltanto il primo passo.

Come spiegava bene Zygmunt Bauman, nella sua descrizione della società “liquida”, quando una comunità perde punti di riferimento solidi e stabili, diventa vulnerabile e facilmente controllabile. Allo stesso modo, Erich Fromm ci avvertiva che spesso preferiamo rinunciare alla libertà per sentirci più sicuri, finendo così per facilitare chi desidera governarci attraverso l’ansia e l’incertezza.

Non dobbiamo illuderci: arriverà il momento in cui tutte queste contraddizioni esploderanno e la verità emergerà con forza. Strutture fragili come l’Unione Europea potrebbero crollare sotto il peso dei loro errori, perché, come ricordava Gilbert K. Chesterton, “gli errori non cessano di essere tali solo perché diventano moda”. Quando questo accadrà, il vero problema sarà avere una società spaesata e priva di riferimenti profondi, culturali e spirituali, su cui ricostruire.

In quel momento, i consumi e i sentimenti superficiali che oggi sembrano bastarci non serviranno più. Sarà necessario allora ritrovare quel senso profondo di appartenenza e relazione che don Luigi Giussani ci invitava a riscoprire, quella certezza spirituale che ci consente di costruire comunità autentiche, fondate sull’esperienza umana reale e concreta in relazione con il Tutto.

Perciò dobbiamo cominciare subito, senza aspettare, creando fin d’ora luoghi e momenti di mutuo aiuto, non solo pratico, ma soprattutto culturale e spirituale come fecero i monaci benedettini dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) e durante tutto l’Alto Medioevo (VI-X secolo), quando volsero questo ruolo fondamentale soprattutto contribuendo a ricostruire l’Europa sotto ogni aspetto—spirituale, culturale e materiale—nel contesto di profonde crisi e disorientamento sociale. Solo così, quando il caos e le illusioni svaniranno, non resteremo immersi nel deserto, ma avremo già pronte reti solide di amicizia, relazioni vere e di riferimento certo, da cui poter ripartire per ricostruire famiglie, comunità, desideri, e finalmente ritrovare pienamente la nostra umanità.

Purtroppo la situazione attuale della Chiesa è molto diversa da quella di allora, come si è visto chiaramente con la posizione ambigua assunta dalla CEI riguardo alla guerra. Emblematico è stato il caso della partecipazione di alcune associazioni cattoliche alla manifestazione di Piazza del Popolo a Roma, presentata come pacifista, ma di fatto favorevole al riarmo. Stessa cosa nel periodo pandemico ove è stato detto che ‘il vaccino è amore’.

Nonostante questo, l’analogia con i tempi dei Benedettini resta valida perchè il fondamento di allora permane nella storia. Forse oggi non avremo nuovi Benedettini, forse toccherà proprio a noi, e comunque agli “uomini di buona volontà”, iniziare a guardare la vita con occhi umili e diversi, riscoprendo nella nostra tradizione i riferimenti autentici da cui ripartire. È necessario aderire al vero, con desiderio  e Speranza.