Asia News riferisce in vari articoli delle limitazioni in Cina alle libertà religiose per i cristiani, in particolar modo molto pesanti nelle celebrazioni natalizie. In particolare, vengono segnalati anche alcune località (si cita la regione dell’Henan) in cui ai minori di 18 anni è proibito di entrare in Chiesa (ma in realtà i funzionari locali si limitano a consigliare di non entrare in Chiesa). Questo accadrebbe specialmente in alcune comunità appartenenti alla chiesa sotterranea (ma non solo).
Mi risultava che certi provvedimenti siano presi solo da alcune autorità locali in alcune zone della Cina come le regioni di Henan e nello Xinjiang, ovvero nelle regione sotto speciale sorveglianza per via dei musulmani uiguri. Ovviamente le comunità cristiane non sono da confondersi con quelle musulmane ma in occidente gli organi di stampa cristiani hanno denunciato all’unanimità il trattamento di repressione che subirebbero ingiustamente i musulmani uiguri. Esprimere questo punto di vista – oltre a non essere del tutto un giudizio corretto – non aiuta la comprensione.
Paradossalmente a difendere i musulmani cinesi non sono i paesi islamici che appoggiano invece la Cina, bensì i paesi occidentali che accusano la Cina di aver messo su campi di internamento e rieducazione.
Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Oman, Bahrain, Egitto, Siria, Pakistan, Tagikistan, Algeria sono state tra le 37 potenze che hanno firmato una dichiarazione cinese sullo Xinjiang a luglio -Uygur Autonomous Okrug. In esso, Pechino respinge tutte le accuse di maltrattamenti nei confronti dei musulmani.
Ed è interessante il fatto che tra i firmatari di questa dichiarazione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite non c’era un unico stato a maggioranza musulmana.
Ovviamente le comunità uigure non sono totalmente pacifiche visto che sono in Siria, 5.000 uiguri armati sono presenti al seguito di al Qaeda per opprimere il popolo siriano. Inoltre non è di secondaria importanza che gli gli Uiguri sollevarono regolarmente insurrezioni anti-cinesi nel corso degli anni ( Repubblica islamica del Turkestan orientale nel 1933-1934) e nel 20 ° secolo (Repubblica Rivoluzionaria del Turkestan Orientale nel 1944-1949). Non è difficile immaginare gli effetti di ritorno che in Cina certi giudizi – che sposano del tutto la retorica occidentale -, possano provocare come reazione.
Se poi aggiungiamo le critiche unilaterali dello stesso segno a favore delle manifestazioni di Hong Kong, le incomprensioni e le diffidenze aumentano.
Le autorità cinesi sono ossessionate dal perdere il controllo sulle comunità che professano una religione ma in particolare non hanno nessun problema con i cristiani. Tuttavia credono che possano essere un pericolo disgregante tale da minare l’unità del paese. Lo dico non per giustificare ma per capire meglio la questione. Sono per questo rilevanti i continui attacchi da parte dei media di ispirazione cattolica in Italia e nel mondo su questi due importanti tempi.
Alla luce di quanto detto fin qui, è possibile allora spiegare in parte da cosa dipendono la inspiegabile rigidità di alcune autorità locali cinesi nei confronti di alcune comunità cristiane in Cina. I due elementi che ho evidenziati sono correlati. Si spiega così perché mentre il Pontefice ha fatto passi importanti di rassicurazione verso la Cina, questo sembra abbia scatenato addirittura un effetto opposto.
Scartando l’ipotesi di potenti armate da inviare in Cina, solo il dialogo, la conoscenza reciproca e la preghiera potrà avvicinare una soluzione. Questo dialogo potrebbe far leva sul fatto che nella Costituzione cinese esiste la libertà religiosa. Purtroppo lo scontro in atto con gli USA scatenerà una rigidità sempre maggiore in campo religioso, perché il partito comunista cinese considera la religione cristiana strettamente connessa con il cosiddetto imperialismo USA.
Si dovrebbe lavorare su questo per far comprendere che non è così. Ma questo va fatto a livello centrale (non per caso Matteo Ricci fece così) e ci vorrebbero responsabili religiosi capaci di aprire una linea di contatto e di fiducia con le autorità di Pechino (ciò non vuol dire cedere sui fondamenti della fede). Questo non è accaduto, anzi le aperture del Papa sono spesso criticate duramente anche in seno alla chiesa sotterranea cinese.
E qui si aggiunge un altro elemento di incomprensione: specialmente oggi la chiesa è totalmente succube dell’ideologia mercantilistica ordoliberistica, tant’è che non giudica negativamente questa Europa governata dalle banche e dalla finanza speculativa lontana dai popoli, tutta concentrata dalla lotte economiche come orizzonte. Inoltre, il Pontefice stesso si è detto più volte contro il sovranismo e questo ovviamente – oltre che essere in sé ingiusto – rende problematico il dialogo con la Cina, di per sé nazionalista.
Probabilmente se ci fosse un giudizio originale a partire dalla dottrina sociale della chiesa, si troverebbero molti amici, trasversalmente ed in luoghi impensabili. Ma la verità è che non si sa da dove partire.
Molto triste comunque che miei fratelli siano limitati per le celebrazioni natalizie. Ma – non per fare paragoni – molto più preoccupante la situazione dei cristiani negli stati islamici (eccetto naturalmente la Siria, il Libano e pochi altri).
In questo senso bisognerebbe valutare con serenità come mai è stato possibile un avvicinamento – che è arrivato addirittura a formulare dichiarazioni comuni – con esponenti del mondo islamico la cui dottrina confligge in molti punti essenziali con quella cattolica, mentre permane una difficoltà estrema con la Cina, che non è più quella del 1921.
Non sono un sinologo ma seguo la cronaca internazionale puntualmente e spero che questi appunti possano essere spunti di riflessione e di ricerca per chi ama realmente la pace e la concordia tra i popoli. Esiste una evoluzione storica, determinata dalle scelte che ogni società deve decidere e compiere nel tempo autonomamente. Tutto fa parte della Redenzione e quella c’è.
patrizio ricci by @vietatoparlare