Steve Bannon contro Papa Leone XIV: Perché la critica di Steve Bannon a Leone XIV è fuorviante

L’8 maggio 2025, Robert Francis Prevost, cardinale statunitense di origini peruviane, è stato eletto Papa Leone XIV, diventando il primo papa americano nella storia della Chiesa cattolica. L’elezione, avvenuta al quarto scrutinio del conclave, ha suscitato reazioni contrastanti. Ma una voce si è alzata con particolare veemenza: Steve Bannon, ex stratega di Donald Trump e ideologo del movimento MAGA.

In una serie di dichiarazioni su X, Bannon ha definito l’elezione di Leone XIV un “voto anti-Trump” e “la peggiore scelta per MAGA”, assimilando il nuovo papa al progressismo di Papa Francesco. Ma è davvero così? Un’analisi più attenta rivela una realtà più sfaccettata. La critica di Bannon sembra piuttosto una mossa mediatica che una valutazione accurata. Ecco perché.


1. Bannon e Trump: un rapporto incrinato, critiche crescenti

Per capire la critica di Bannon, è necessario collocarla nel suo rapporto attuale con Trump e con il movimento MAGA. Sebbene sia stato una figura chiave nella vittoria del 2016, il suo legame con Trump si è progressivamente raffreddato. Dopo l’allontanamento dalla Casa Bianca nel 2017, Bannon ha continuato a sostenere l’agenda populista da posizioni esterne, attraverso il podcast War Room e piattaforme alternative, ma senza ruoli formali nella macchina trumpiana.

La sua marginalizzazione è stata segnata da divergenze pubbliche, come le critiche ai tagli fiscali promessi da Trump ai più ricchi – definiti da Bannon “una bomba sul deficit” – o l’attacco frontale a Elon Musk, alleato strategico di Trump, accusato di essere “una persona molto cattiva” e di minare l’agenda sovranista con il suo sostegno ai visti H1B per immigrati qualificati. In un’intervista al Corriere della Sera, Bannon ha persino dichiarato l’intenzione di “espellere” Musk dall’entourage di Trump. Ma Trump non ha mai sposato apertamente queste critiche, consolidando la distanza.

In questo contesto, la critica a Papa Leone XIV si inserisce come un ulteriore segnale: non tanto una posizione coordinata con Trump, quanto una mossa per rimarcare il suo ruolo di ideologo “puro” contro compromessi percepiti. Se Trump ha definito “un grande onore” l’incontro con Leone XIV, Bannon ha scelto invece il registro aggressivo, simile a quello di Alex Jones di InfoWars. Un contrasto che evidenzia come Bannon stia cercando di preservare la sua centralità narrativa nei circoli MAGA, anche a costo di estremizzare il messaggio.


2. Papa Leone XIV: un papa americano, tra continuità e novità

La figura di Robert Francis Prevost è più complessa di quanto le etichette ideologiche suggeriscano. Primo papa americano, agostiniano, missionario, teologo, Prevost ha un percorso radicato sia nell’esperienza pastorale in America Latina che nella riflessione dottrinale.

La scelta del nome “Leone” evoca Leone XIII, autore della Rerum Novarum (1891), l’enciclica che fondò la dottrina sociale cattolica moderna, centrata sulla dignità del lavoro e sulla giustizia sociale. Un richiamo che potrebbe persino incontrare alcuni temi cari al trumpismo, come il sostegno ai lavoratori e la difesa della sovranità economica.

I media mainstream, tuttavia, hanno ripescato frasi e gesti di Prevost cardinale, associandolo direttamente al pontificato di Francesco: le aperture ai migranti, le dichiarazioni sul dialogo interreligioso, l’adesione alle linee della Laudato si’ e della Fratelli tutti. Ma queste posizioni riflettevano la necessità di allinearsi al pontefice regnante, non per forza convinzioni irrevocabili. Ora, da papa, Leone XIV si trova libero di ricalibrare il suo magistero, potendo scegliere se proseguire nella linea di Francesco o ridefinirla, anche in chiave più tradizionale, come lascia intuire la sua formazione agostiniana.


3. La semplificazione di Bannon: una strategia più che un’analisi

Bannon ha ridotto Leone XIV a un “Francesco 2.0”, ignorando profonde differenze teologiche e culturali. Dove Francesco, gesuita, ha abbracciato la teologia della liberazione e un pastoralismo aperto, Leone XIV, agostiniano, si colloca in una teologia più speculativa, incentrata su grazia e trascendenza. Inoltre, come americano, è immerso in una tradizione cattolica statunitense spesso più conservatrice sulle questioni morali, meno incline al progressismo europeo.

Per Bannon, tuttavia, qualunque papa non apertamente “MAGA” diventa un avversario. La sua retorica “anti-Trump” trasforma l’elezione papale in una battaglia ideologica funzionale alla sua narrativa: quella di un movimento assediato da poteri globalisti e da un Vaticano “progressista”. Una narrazione emotivamente potente, ma che sacrifica le sfumature alla polarizzazione.


4. I media mainstream e la costruzione di un racconto riduttivo

Anche i media mainstream contribuiscono alla distorsione, presentando il passato di Prevost come una garanzia di continuità con Francesco. Ma un papa non è semplicemente un “erede”: il pontificato trasforma, plasma, costringe a nuove sintesi. La sua prima dichiarazione da papa, centrata sulla pace – “La pace sia con voi”, le parole del Risorto ai discepoli – rivela già una profondità che va oltre la semplice diplomazia. È una pace di Cristo, che si radica nella verità e nella riconciliazione, non solo in dinamiche geopolitiche.

5. Perché Bannon sbaglia bersaglio

La critica di Bannon manca il bersaglio per diverse ragioni. Leone XIV non è il “Francesco americano” che Bannon teme, ma un papa con una propria traiettoria e identità teologica. Il richiamo a Leone XIII e alla Rerum Novarum apre scenari di attenzione al sociale, ma anche di possibile critica al capitalismo speculativo e alle derive ideologiche del globalismo, un terreno che paradossalmente potrebbe persino trovare punti di contatto con alcune istanze populiste.

Bannon riduce invece tutto a uno schema binario, senza cogliere le differenze. Se Leone XIV sceglierà di mantenere un dialogo aperto sui migranti, questo non sarà una replica acritica delle posizioni di Papa Francesco, bensì potrà rappresentare un’accoglienza fedele al Vangelo, ma più equilibrata, rispettosa della peculiarità culturale dei popoli autoctoni e consapevole delle conseguenze di una migrazione eccessiva là dove non si coltiva, parallelamente, la capacità culturale e sociale di accogliere.

Francesco ha spesso trascurato questa dimensione, abbracciando una prospettiva universalista e talvolta ideologica, che poco ha considerato i rischi per l’identità culturale dei popoli e per la coesione sociale, come invece sottolineato – sia pure indirettamente – anche dalla Dottrina Sociale della Chiesa. La sua apertura verso il globalismo si è manifestata anche nel dialogo con enti sovranazionali come il Forum di Davos e nell’appoggio implicito a agende globali che hanno poco a che fare con l’evangelico “incontro tra persone”. Ma si può essere favorevoli all’accoglienza non come adesione a un sistema globalista anonimo e astratto, bensì come incontro reale, persona a persona, in un contesto in cui l’accoglienza stessa sia possibile e sostenibile. È una distinzione cruciale che Leone XIV potrebbe incarnare, rifacendosi alla tradizione agostiniana e a un senso più concreto di carità e giustizia.

La reazione di Bannon, invece, ignora queste sfumature, vedendo in ogni apertura una resa al globalismo, e nel papa un potenziale nemico politico più che una guida spirituale.


Una valutazione più ponderata

Non è affatto scontato, però, che Bannon riesca a imporre questa lettura ideologica e polarizzante. Non è detto che Bannon goda ancora di un seguito così ampio, e non è detto che i cattolici americani accettino supinamente una lettura politicizzata del pontificato. Al contrario, molti saranno capaci di un giudizio autonomo, basato sui fatti concreti del pontificato: le omelie, le encicliche, i discorsi di Leone XIV.

E proprio questi primi segnali – il richiamo a Leone XIII, la sua formazione agostiniana, l’enfasi sulla pace come dono trascendente di Cristo – lasciano intravedere un pontificato più vicino a una visione radicata e profonda, rispetto alle semplificazioni ideologiche di Bannon. Per questo, chi osserva con attenzione ha oggi più elementi per prevedere una traiettoria diversa da quella paventata da Bannon, una linea che potrebbe sorprendere positivamente, proprio perché non riducibile agli schemi di partito o alle narrazioni polarizzanti.

Bannon vuole solo cavalcare l’onda mediatica del senzazionalismo a discapito dell’accuratezza?

La critica di Steve Bannon all’elezione di Papa Leone XIV come “anti-Trump” è più un’opportunità mediatica che un’analisi ponderata. Ignorando le differenze tra Leone XIV e Francesco, e trascurando il potenziale cambiamento di postura del nuovo papa, Bannon perpetua una narrazione fuorviante che non rende giustizia alla complessità del momento. Leone XIV, primo papa americano, potrebbe sorprendere, bilanciando tradizione e dialogo in un modo che né Bannon né i media mainstream sembrano pronti a riconoscere. In un’epoca di polarizzazione, la sua elezione invita a una riflessione più profonda, oltre le semplificazioni di Bannon.