Siria e Libano nella battaglia epica contro lo Stato islamico

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Andre Vltchek, NEO 23.08.2017

Non importa ciò che Washington pensa o vuole, i popoli del Medio Oriente hanno scelto di collaborare per creare un futuro migliore. Qualunque cosa l’occidente pensa e qualunque cosa il primo ministro libanese Sad Hariri possa dire pubblicamente, l’Esercito libanese, con un chiaro coordinamento con Hezbollah (illegale in molti Paesi occidentali) e l’Esercito arabo siriano, demolisce le posizioni dello SIIL nella regione di confine. L’esercito iniziava l’operazione il 19 agosto 2017, alle 5 del mattino, sparando sulle posizioni dei terroristi nel Jarud, Ras Balbaq e al-Qa con razzi ed artiglieria pesante. Tutto ha un tono emotivo: i comandanti dell’esercito dichiaravano che l’operazione veniva avviata in onore dei militari martiri e rapiti del Paese. A quanto pare, il Libano ha finalmente deciso: basta! Prima se ne va al-Nusra e poi lo SIIL.

Ignorando che il governo libanese non poteva più dire all’esercito libanese di non coordinarsi con le forze siriane ed Hezbollah. Dopo tutto, Hariri era appena tornato da Washington, dove aveva incontrato il presidente degli Stati Uniti che tratta il Presidente Assad da suo nemico personale ed Hezbollah da organizzazione terroristica. Personalmente, Hariri ama l’occidente ed è molto vicino al suo fedele alleato, l’Arabia Saudita, dove è nato; ma non è mai stato eletto. In Libano vige il complesso e oscuro “sistema delle confessioni”, “distribuendo potere politici ed istituzionali proporzionalmente tra le comunità confessionali“. Il presidente dev’essere un cristiano maronita; il presidente del Parlamento sciita e il primo ministro sunnita. Pertanto, una cosa è ciò che dice Hariri, e altra ciò che la maggior parte del popolo libanese pensa e fa.

Nel frattempo, la resistenza libanese, il movimento politico e sociale Hezbollah, dichiarava l’offensiva congiunta anti-SIIL con l’Esercito arabo siriano, dall’altra parte del confine. I guanti sono lanciati. A differenza di un mese prima, quando Jabhat al-Nusra fu quasi totalmente spazzato via dalla stessa coalizione, e alla fine i suoi combattenti risparmiati con l’offerta di esser trasferiti in una “zona sicura” a Idlib, questa volta non ci sarà alcun negoziato coi più velenosi dei gruppi terroristici della regione. Il messaggio è chiaro: resa incondizionata di tutti i terroristi dello SIIL, o loro totale distruzione. La sera del 20 agosto, l’Esercito libanese aveva già liberato circa 80 chilometri quadrati (circa il 30%) dell’area precedentemente controllata dallo SIIL.

Prima di partire dalla capitale libanese per Cairo, Egitto, ho bevuto alcune tazze di caffè con un mio buon amico, intellettuale siriano. Eravamo seduti al centro del quartiere cristiano di Beirut, Ashrafiah.”Facciamoci un selfie“, mi disse. Ero sorpreso; sapevo che disprezzava i social media. “Stiamo vincendo“, disse, “e questo è fantastico… ma non si sa che succederà dopo… Ci sarà, certamente, una terribile ritorsione. Chissà se ci vedremo ancora, sai… Qualcosa può succedere a me o a te, sulla strada per l’aeroporto”. Sapevo di cosa parlasse, e ne ho scritto molte volte. Il Libano, in alcuni quartieri non musulmani di Beirut, era letteralmente saturo di cosiddette “cellule dormienti” di varie organizzazioni terroristiche, in particolare SIIL. In qualsiasi momento possono ‘attivarsi’ distruggendo centinaia di vite in questa bella, ma affollata, città. Beirut è nervosa. Grandi vittorie sui monti liberano la gente tormentata, e il Libano finalmente riconquista i propri territori. Ma i terroristi non scompariranno in una notte. Possono perdere grandi battaglie, ma possono ancora infliggere danni terribili ai civili.

Tutto accelera, in Libano e altrove. Il sorprendente numero di quasi due milioni di rifugiati sul suo territorio s’è gradualmente ridotto a 1,5 milioni e poi 1,2 milioni. Presto potrebbe cadere sotto il milione. I siriani tornano, fiduciosi che la pace sia ritornata nella loro terra sconvolta. Le forze siriane, così come russi, iraniani ed Hezbollah, sono chiaramente decisi a finirla con l’insurrezione dei numerosi gruppi terroristici sul territorio siriano, mentre la Cina svolge un ruolo sempre più importante e positivo.

La maggior parte dei terroristi è sostenuta direttamente o indirettamente dall’occidente e dai suoi stretti alleati del Golfo. La Turchia svolge anche giochi pericolosi e mortali nella regione. Nessuno parla del crollo finale del Medio Oriente. Tutte le nazioni ne sono danneggiate; alcune ne saranno danneggiate. L’Islam militante impiantato è servito ad occidente e Golfo. Ma la Siria sopravvive; ha combattuto con coraggio e determinazione, sostenuta dagli alleati e, con un enorme costo, ha fermato gli imperialisti e i loro brutali sicari locali. Nessuno celebra, ma tuttavia l’umore in Siria, Libano e nella regione è improvvisamente ottimista. La Russia s’è guadagnata grande rispetto.

Mentre gli eserciti libanese e siriano, con il sostegno di Hezbollah, conducono le offensive contro lo SIIL, gli aviogetti russi eliminavano 200 terroristi che si dirigevano verso Dayr al-Zur, in Siria. Nello stesso periodo, gli attacchi degli USA uccidevano almeno 17 civili a Raqqah. Assad non s’illude sui motivi del coinvolgimento occidentale nella regione. Come segnalato il 20 agosto da SANA, affermava: “…Questo conflitto è un’occasione preziosa per l’occidente per “risolvere il problema” con tanti Paesi e Paesi sottomessi che si rifiutavano di sottomettersi all’egemonia occidentale negli ultimi anni o decenni, tra cui Siria, Iran, Repubblica popolare democratica di Corea, Bielorussia e anche Russia“.

Il Presidente Assad continuava: “Oggi l’occidente affronta un conflitto esistenziale… che vive in preda all’isteria ogni volta che c’è uno Stato che vuole partecipare al processo decisionale internazionale in qualsiasi campo e luogo del mondo“. Il piccolo vicino libanese è legato alla Siria da un cordone ombelicale. È un rapporto roccioso, spesso estremamente complesso, ma nei momenti storici come questo è chiaro che entrambi i Paesi scelgono di agire in sintonia. Il primo ministro del Libano potrebbe flirtare con Donald Trump a Washington e con l’Arabia Saudita, ma gli eserciti di entrambi i Paesi sono chiaramente alleati nel combattere lo stesso nemico. E così Hezbollah. Ai popoli siriano e libanese è chiaro chi siano i veri nemici della regione. E non sono sicuramente Hezbollah o il Presidente Assad.

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Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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