Siria – i vescovi rapiti, due volte vittime

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Il 22 aprile 2013 l’arcivescovo Gregorius Yohanna Ibrahim della Chiesa ortodossa siriana e il vescovo Boulos Yazigi della Chiesa Ortodossa Greca, sono stati rapiti. Insieme a loro viaggiavano  due accompagnatori , il diacono Fathallah Kabud e Fouad Eliya (di questi  il primo viene ucciso e l’altro riuscirà a fuggire).

Il contesto era questo, espresso molto chiaramente in questo video che ho realizzato:

Una relazione esauriente di ciò che è successo , soprattutto del contesto e degli attimi precedenti al sequestro, viene egregiamente fornita dall’articolo “Details Emerge on Kidnapped Syrian Bishops”di Mohammad Ballout pubblicato su al Monitor il 15 agosto 2013.

Il report di al Monitor è importante per varie ragioni. La prima è che dice chiaramente che è molto probabile che l’unico che doveva essere rapito è  l’arcivescovo Gregorius Yohanna Ibrahim e non il vescovo Boulos Yazigi. Quest’ultimo infatti si è aggiunto nel viaggio all’ultimo momento e quindi – siccome il rapimento ha tutte le caratteristiche della pianificazione – molto difficilmente il suo sequestro  era in conto. Il vescovo Yazigi aveva soggiornato ad Antochia per più di un mese in occasione dell’investitura di suo fratello Youhanna X Yazigi alla guida del patriarcato delle comunità greco-ortodosse del Medio Oriente. Profittando  del passaggio dell’l’arcivescovo Gregorius Yohanna Ibrahim, decise di ritornare con lui ad Aleppo per celebrare la Settimana Santa .

Le informazione sulla sorte dei due vescovi a tutt’oggi rimangono discordanti ed opposte. Secondo alcune fonti dell’opposizione siriana, il vescovo Gregorius Yohanna Ibrahim sarebbe stato ucciso il giorno dopo il sequestro mentre il secondo sarebbe stato giustiziato alla fine del mese di maggio 2013. Questa versione però differisce da quella dell’intelligence  turca (MIT) secondo la quale i due religiosi sarebbero ancora vivi.  C’è comunque unanimità tra le due fonti sul fatto che  il rapimento è stato effettuato dal gruppo jihadfista  Liwa Ansar al-Khilafa comandato da Abu Omar al-Kuwaiti che operava in Aleppo .

Abu Omar al-Kuwaiti (ucciso da ISIS nel 2014)

L’ipotesi che i metropoliti potessero essere ancora vivi era stata diffusa anche dal generale Ali Mamlouk, un consulente speciale per la sicurezza del presidente siriano Bashar al-Assad ed uno dei suoi uomini più fidati e capo dell’Ufficio di Sicurezza Nazionale del Partito Ba’ath. A questo punto si capisce che la versione diffusa successivamente dal capo del Consiglio Nazionale Siriano (SNC) George Sabra che ha accusato l’Intelligence dell’Aeronautica Siriana di aver trattenuto i vescovi di Aleppo dopo che i rapitori li ha consegnati ai governativi, non sta né in cielo né in terra perché questa versione è data da un uomo che non ha ‘ le mani in pasta’ e perché è dettata soprattutto dall’avversione per il regime siriano.

Inoltre è da evidenziare che nessuno delle milizie ribelli ha mai ipotizzato che i due vescovi siano stati rapiti da forze militari o paramilitari governative. Le forze dell’opposizione armata che presidiavano Aleppo e il servizio segreto turco (MIT) hanno dato una versione in cui esiste un dato univoco:  il rapimento è stato eseguito da milizie locali.

Non si capisce allora come possano George Sabra (è dal 2012 in Turchia) e Michel Kilo (è dal 2012 a Parigi) – che da anni non mettono piedi in Siria – affermare che i due religiosi sì, sono stati rapiti da milizie locali ma che poi queste li abbiano consegnati all’intelligence governativa per far compattare i cristiani contro i ribelli.

Michael Kilo: in un commento dell’ 8 maggio a As-Safir ha ipotizzato che opposizione armata abbia effettuato il rapimento e che poi essa stessa abbia consegnato i due vescovi all’intelligence siriana dell’aeronautica militare

Sì,  perchè – a giudizio di Sabra e Michael Kilo (2) le stragi di Maloula, di Kessab , di Homs e di Aleppo contro i cristiani avevano bisogno ancora di una ‘spintarella’ perchè i cristiani assumessero una posizione netta contro la ribellione. Ovviamente questa versione per essere creduta abbisogna di un interlocutore fortemente orientato. (1)

Per capire il contesto del rapimento è inoltre utile sapere che il vescovo Ibrahim era tornato  da Sarmada (vicino al confine turco), dove aveva negoziato la liberazione di  due sacerdoti rapiti dai ribelli anti-Assad nel febbraio 2013,  il sacerdote cattolico armeno Michel Kayal e il padre ortodosso Isaac Moawad: per ottenere il loro rilascio un mediatore incaricato dal vescovo Ibrahim aveva consegnato 1 milione di sterline siriane a varie fazioni che si erano dette capaci di favorire la liberazione . Era convenuto che di notte e nello stesso luogo, il giorno successivo il vescovo avrebbe dovuto rilevare i sacerdoti rapiti, ma egli ne usci a mani vuote.

E’ evidente l’esposizione di mons. Ibrahim: non era la prima volta che faceva da mediatore,  grazie a lui nell’arco di un anno, erano stati liberati più di 20 ostaggi, tanto che era diventato il referente principale in Aleppo per la liberazione degli ostaggi.

L’articolo di al Monitor riferisce che  i rapitori “erano  otto ceceni appartenenti al gruppo di Abu Omar al-Kuwaiti (composto da circa 200 ceceni) , noto fino a pochi mesi prima come Jund al-Khalifa, prima di cambiare il suo nome in ‘Brigata Mussulmana‘. Questo gruppo  –  guidato da Abu Omar al-Kuwaiti –  rapì i due vescovi il 22 aprile pochi minuti dopo i religiosi avevano  attraversato il checkpoint di FSA a Mansoura che si trova a nord-ovest di Aleppo.

L’articolo di al Monitor afferma che “quando i due vescovi furono rapiti, Abu Omar era al suo quartier generale e avevano i suoi combattenti dispiegati nei villaggi intorno al passaggio Bab al-Hawa. Stava lavorando sotto gli occhi dell’intelligence turca, che coordina le operazioni di armamento e di attacco nella campagna di Aleppo attraverso una sala di regia di guerra con sede in  Antochia”.

Tutto ciò che avveniva a poca distanza dalla frontiera turca era a conoscenza del servizi segreti turchi, quindi è sicuro che il MIT sapesse già da subito chi fossero gli autori del rapimento:

“L’intelligence turca era vicina al sito del sequestro e era sufficientemente consapevole dei suoi elementi, perché conoscevano il gruppo ceceno di Abu Omar e perciò avevano più volte negato che i vescovi fossero stati uccisi, anzi confermarono che erano vivi e dicevano di sapere chi erano i rapitori “..

E’ per questo che  tre sospetti, due ceceni, un russo e un siriano, in un primo tempo accusati dalla magistratura ordinaria di essere coinvolti nel rapimento dei vescovi, vengono poi scagionati: evidentemente l’intelligence turca  sapeva chi realmente aveva realizzato l’operazione. (CNN turca il 15 luglio 2015 )

Due di questi uomini , Ebu Banat e Magomed Abdurakmanov  – secondo il quotidiano turco Hurriyet – sono stati accusati  di “essere membri dell’organizzazione terroristica armata” responsabile del rapimento ed uccisione di due sacerdoti  ( all4syria.info).  Successivamente però sono stati scagionati del rapimento dei due vescovi quando gli stessi hanno chiamato in ballo il MIT con cui sembra – secondo le loro dichiarazioni –  ‘collaborassero’ strettamente.  (Fonte: Agos – Uygar Gültekin e CNN turca ).

Come vedete,  intorno alla vicenda si sovrappongono continuamente notizie che sembrano diffuse con il preciso scopo di deviare ogni riferimento che potrebbe essere utile ad accertare la verità. Infatti, nei periodi successivi al sequestro ci sono state molte illazioni: un bigliettino che il fratello ha mandato al patriarca Youhanna X Yazigi con la scritta ‘sono detenuto da al Qaeda’, il presidente libanese che ha sostenuto che i due fossero detenuti nella località di Bishqatin (controllata da FSA) a 20 km da Aleppo, ne sono solo alcuni esempi.

Intanto il fatto che  Abu Omar – il capo del gruppo primo sospettato  del rapimento dei due vescovi ci sia si sia visto  a Dana (Idlib), con Abu Osama al-Tunisi, l'”emiro” dello “stato islamico” non promette nulla di buono. La sovrapposizione successiva di altri gruppi come quello di Ebu Banat potrebbe  essere riferita ad errori investigativi , al passaggio di mano di prigionieri oppure a immettere appositamente elementi di confusione nella vicenda .

Però le varie fonti convergono su questi punti essenziali: 

  1. la Turchia ha rilevato immediatamente dove i metropoliti furono rapiti e dove furono presi;
  2. la Turchia, le milizie FSA e il comando curdo YPG  sul terreno hanno sempre detto che i due sono stati presi da un gruppo jihadista;
  3. probabilmente il rapimento è stato favorito da imbarazzanti connivenze con i gruppi terroristici difficili da ammettere.

Prima di concludere permettetemi un ‘incipit’: nonostante il particolare noto della missione dei vescovi in Turchia fosse chiaramente all’interno di una chiara  guerra settaria, taluni operatori del mondo dell’informazione – come Cristiano Riccardo su Reset – , continuano ancora oggi a riferire che la guerra siriana non sia stata una guerra settaria fomentata dall’esterno ma una ‘rivoluzione di popolo’. In questo caso per dimostrarlo si è fatto uso a sproposito delle  parole dette dall’arcivescovo Ibrahim nel corso di una intervista alla BBC una  settimana prima del suo sequestro, quando riferendosi ai conflitto in corso aveva detto:

… non esiste nessuna persecuzione dei cristiani e non esiste un solo piano per uccidere i cristiani. Tutti rispettano i cristiani. I proiettili sono casuali e non mirano ai cristiani perché sono cristiani

Se dovessimo prendere letteralmente queste parole e non captarne la preoccupazione vera – che evidentemente è quella non aumentare le tensioni e lo spirito di contrapposizione – allora dovremmo credere anche alle parole di mons. Zenari che osservando i colpi di mortaio che erano caduti nella sua residenza a Damasco – intervistato – diceva di non sapere  da dove provenissero (quantunque tutta la città fosse evidentemente in mano governativa e la parte antagonista bersagliasse costantemente la città dall’esterno).

Ma al di là degli aspetti psicologici della comunicazione e della ‘manipolazione delle masse’ che avviene costantemente in guerra e di cui alcuni son maestri, è documentato che la natura della guerra siriana è quella di una  guerra settaria contro le minoranze, pensata per dividere il paese su basi etnico religiose, secondo il progetto statunitense-saudita ‘Timber Sycamore‘.

 

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note:

(1) A proposito della natura della rivoluzione siriana al di là di ogni sillogismo e di ogni dato analitico, vogliamo ricordare le parole che Padre Pater Frans van der Lugt (ucciso dai ribelli il 7 aprile 2014 ad Homs) scrive in una lettera pubblicata nel 2012:

Fin dall’inizio, i movimenti di protesta non erano proprio pacifici. Fin dall’inizio ho potuto vedere dimostranti padre+Franz+3armati che marciavano insieme ai manifestanti, che hanno iniziato a sparare per primi alla polizia. Molto spesso la violenza delle forze di sicurezza è sta una reazione alla violenza brutale dei ribelli armati.

Fin dall’inizio c’è stato il problema dei gruppi armati, che sono parte dell’opposizione […] L’opposizione della strada è molto più forte di ogni altra opposizione. E questa opposizione è armata e impiega frequentemente la brutalità e la violenza, al solo fine di incolpare il governo.

(2) A proposito del sig Michael Kilo – che è usato spesso come sponsor della rivoluzione siriana in ambienti cristiani – è utile ricordare  in una intervista alla domanda su quale fosse la sua percezione cristiana della rivoluzione siriana risponde: Non posso parlare in nome dei cristiani, perché non sono mai stato cristiano e di certo non lo divento ora”  (Sirialibano ottobre 2011).

 

rivoluzione siriana pre-ordinata:

 

 

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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