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SIRIA – Gli Stati Uniti ammettono che vogliono spartirsi le vesti con i propri alleati – E il diritto internazionale va a farsi friggere

by Patrizio Ricci
2 Maggio 2018
in Post vari
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SIRIA – Gli Stati Uniti ammettono che vogliono spartirsi le vesti con i propri alleati – E il diritto internazionale va a farsi friggere

Heather Nauert,  portavoce  del Dipartimento di Stato americano comunica che gli Stati Uniti rimarranno in Siria anche dopo la sconfitta dello Stato Islamico come forza ‘stabilizzatrice’. E senza che la Siria ne abbia fatto richiesta. Inoltre Nauert annuncia un’offensiva congiunta con le forze democratiche siriane contro l’ISIS. L’obiettivo sono le forze residue dello Stato Islamico, ancora presenti nelle ultime roccaforti a nord dell’Eufrate.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″]Come stravolgere la realtà con la persuasione della potenza militare[/su_heading]

La notizia che le forze statunitensi rimarranno in Siria come forza ‘stabilizzatrice’, è quanto meno contraddittoria. Tutti i fenomeni violenti e le miriadi di sigle armate che agiscono ed hanno agito in Siria sono proprio opera degli Stati Uniti che ora dicono di voler ‘salvaguardare il popolo siriano’. In realtà ciò che sta per accadere sembra di più una ‘chiamata a raccolta’ per partecipare al  banchetto finale e la spartizione delle vesti – come ha detto qualche tempo fa il vescovo cattolico di Aleppo Abou Khazen.
Nonostante le alchimie letterarie di Washington, il comunicato in sostanza sancisce che la Siria – paese sovrano , che fa parte delle Nazioni Unite –  continuerà a subire l’aggressione che dura da sette anni.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″]Caccia al tesoro[/su_heading]

Gli scopi della presenza statunitense sono ben evidenti. Se andiamo a vedere nell’immediato passato, l’entrata delle forze statunitensi a nord della Siria è stata una corsa contro il tempo per arrivare prima delle forze siriane, in modo da creare ‘zone liberate che non sarebbero state restituite al governo siriano. Agli USA era chiaro che la liberazione dall’ISIS  di quei territori avrebbe permesso l’obiettivo principe della sottrazione degli stessi al governo siriano.

Eloquenti le tappe che hanno contraddistinto questa ‘corsa’ iniziata immediatamente dopo che l’esercito siriano cominciò la sua avanzata per la liberazione di Deir Ezzor e il nord della Siria. Come ricorderete, in quell’occasione, la forze Syrian Democratic Force (SDF) – una entità essenzialmente formata dai curdi e forza delegata di Washington – che fino a circa la metà del 2017, era prima di allora in una sorta di ‘stasi’ , fu attivata immediatamente per ingaggiare una sorta di ‘gara’ in velocità con l’esercito siriano. L’obiettivo era quello di  anticipare le forze siriane e conquistare tutti i territori al nord dell’Eufrate; sta a dire arrivare per prima al traguardo della conquista di tutto il ricco bacino petrolifero dei pozzi di OMAR (zona che sarebbe stata indispensabile per il governo centrale di Damasco per finanziare la ricostruzione della Siria).

Come coalizione e SDF a quel punto hanno messo in porto il piano è cronaca. La strada è passata dalla corruzione sistematica nei confronti dei capi clan delle tribù della zona all’ammissione di elementi dell’ISIS sotto l bandiera dell’SDF;  si è persino arrivati al rifornimento indiretto di armi all’ISIS per rallentare l’avanzata governativa.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″]Obiettivo: controllo del petrolio e dei confini, distruzione dello stato[/su_heading]

Ma l’azione più bieca e vile è avvenuta quando le forze della coalizione hanno ritenuto che per difendere l’osso, fosse plausibile la strage dei soldati siriani e russi (compiuta a febbraio dalle forze USA quando questi gli stavano per ‘strappare’ il pozzo petrolifero di Omar).

Perciò il Dipartimento di Stato comunica ciò che in fondo già si sapeva. L’obiettivo è sempre il regime change: tutto gli ruota intorno. Le zone ‘liberate’ rimarranno occupate e saranno sottratte indefinitivamente al governo di Damasco, affinché “le popolazioni liberate dall’ISIS non siano sfruttate dal regime di Assad o dai suoi sostenitori iraniani”.

Per  giustificare future incursioni aeree e lanci missilistici contro le forze iraniane e le forze siriane, il comunicato sancisce che la difesa dei confini di Israele, Giordania, Iraq e Libano dall’ISIS  sarà a cura della coalizione composta dai soliti amici. La forza di stabilizzazione (ma senza mandato Unu, chiamasi di ‘occupazione’) saranno gli altri commensali, cioè i “partner e alleati regionali” (Israele, e gli Stati del Golfo e la Turchia).

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″]L’esercito siriano avrebbe distrutto l’ISIS da solo[/su_heading]

Lo sforzo di far fuori l’ISIS, le forze USA se la potevano risparmiare. E’ un compito che poteva svolgere l’esercito siriano se non fosse stato fortemente indebolito proprio dai partner USA .  Se solo Washington non avessero favorito e supportato le altre sigle jihadiste amiche con più di un miliardo di dollari e quant’altro, le forze siriane non sarebbero state logorate e la minaccia dell’ISIS sarebbe sparita in breve tempo.

E’ altrettanto evidente che la permanenza illegale di eserciti stranieri, giustificata dalla motivazione  ‘perchè l’ISIS potrebbe tornare’, non regge: da mesi sono uccisi soltanto i soldati siriani che si sono avvicinati a alle postazioni USA mentre le forze statunitensi non hanno subito alcun attacco in nessuna delle 12 basate in Siria.

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”18″]Una forza di ‘stabilizzazione’ fonte permanente di instabilità[/su_heading]

E’ da evidenziare come la zona a nord dell’Eufrate e parte dei confini con Giordania, Iraq e Israele saranno presidiati dalla coalizione ma soprattutto con funzione di pressione su Assad. All’uopo, la portavoce Heather Nauert ribadisce che se le unità statunitensi, la coalizione (francesi, inglesi, norvegesi etc) e le forze ‘partner’ saranno attaccate, si reagirà con la forza. Naturalmente per forze ‘partner’ si intendono anche i ribelli, se in zone di de-escalation e non è alieno il rischio che queste potranno penetrare in territorio siriano e continuare a tenere una instabilità permanente all’esterno delle zone detenute.

Come tutti potete vedere, il comunicato è fortemente ambiguo e non coerente. Gli USA continuano a sostenere che ogni propria azione è indirizzata alla stabilità e alla democrazia, ma quest’ultima – lo vediamo tutti – è rimasta solo un involucro vuoto. La salvaguardia del ‘popolo’ siriano, è continuamente richiamata solo per giustificare ogni privazione, violenza e sottrazione di diritti che gli si infligge.  L’ interpretazione statunitense pretende non solo di agire al di scopra del diritto internazionale ma anche di essere più importante del diritto dei popoli di fare le proprie scelte politiche e decidere il proprio futuro.

 

 

Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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