La Siria ha bisogno di evoluzione, non di rivoluzione!

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FireShot Screen Capture #355 - 'Foto-Siria-1_jpg (immagine JPEG, 850 × 567 pixel)' - www_aclirimini_it_wp-content_uploads_2013_11_Foto-Siria-1Fra Firas Lutfi, giovane francescano siriano, racconta di quale cambiamento abbia realmente bisogno il suo paese e la difficoltà di ricostruire l’anima ferita dei suoi connazionali

Roma, 03 Giugno 2014 (Zenit.org) Naman Tarcha

Sguardo fisso, presenza calma, dialogo franco, una vita dedicata a servire gli ultimi sulle orme di San Francesco. E’ una figura che colpisce quella del giovane francescano fra Firas Lutfi. Figlio di Hama, la città che ha vissuto negli anni ’80 la distruzione a causa di un colpo di stato fallito, il frate, mentre la sua famiglia si divideva tra Hama e Homs, ha servito la principale parrocchia cattolica dal 2004 fino a che è scoppiata la crisi siriana nel suo amato paese. ZENIT lo ha intervistato.

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Partono oggi le elezioni presidenziali siriane con una significativa partecipazione dei siriani malgrado le minacce e il terrorismo. C’è tanta voglia di un cambiamento?

Fra Firas Lutfi: La Siria come tutti i paesi del mondo aveva bisogno di cambiamento, ma per modernizzare il paese non c’era bisogno di una rivoluzione bensì di una evoluzione. L’Europa ha attraversato guerre mondiali devastanti prima di raggiungere una certa democrazia e considerare l’essere umano al centro. Il mio paese è sempre stato in mezzo a conflitti e guerre che hanno colpito la nostra regione dall’inizio dei secoli; é stato oggetto di contese e conflitti tra le forze regionali ed allo stesso tempo una delle regioni dove sono passate più civiltà, con conseguenze negative ma anche positive, offrendo tanta ricchezza e diversità meritando così di essere considerata la culla di tante civiltà. La Siria per 400 anni é rimasta sotto l’occupazione ottomana e poi l’occupazione francese, ottenendo la sua indipendenza solo trent’anni fa. Allora come si può chiedere ad un paese così giovane di essere libero indipendente stabile democratico al 100%?

Perché l’Occidente ha impedito ai siriani di votare all’estero, definendo le elezioni “una farsa”?

Fra Firas Lufti: L’Occidente non riesce a cogliere due questioni: la prima è che i paesi in via di sviluppo hanno bisogno di tempo necessario per i cambiamenti, non si può chiedere ad un bambino di gareggiare in una maratona o attraversare il mare prima che cresca e possa essere autonomo. La seconda questione é l’indipendenza: oggi tutti siriani lottano per contro la violazione della sovranità siriana e l’ingerenza, perché credono che questa terra benedetta é la loro terra, la terra dei loro antenati, e hanno tutto il diritto di viverci in dignità. Il modello democratico nei paesi arabi é diverso da quello occidentale. La differenza é proprio nella forma mentis. L’Occidente si concentra sulla persona e sull’individualismo mentre nelle società mediorientali si vive ancora con il concetto di Pater Familia, della comunità, delle tribù. La democrazia di cui parliamo é la scelta del leader su cui viene accordato per il bene comune e il meglio per il paese. Perciò dobbiamo rispettare le caratteristiche e le particolarità dei popoli senza voler applicare a loro sistemi di altri paesi.

Tutti parlano a nome dei siriani ma cosa vogliono i siriani stessi?

Fra Firas Lufti: C’erano da sempre ostacoli che impedivano il cambiamento e la modernizzazione del nostro paese, in primis la questione della liberazione dei nostri territori delle alture del Golan occupato. Fino ad oggi siamo in uno stato di guerra per difendere il nostro paese da un altro vicino che occupa i nostri terreni, malgrado le decine di risoluzioni delle Nazioni Unite che ribadiscono il nostro diritti ad averli. Il cittadino siriano bramava un sviluppo del paese a tutti i livelli, e vedeva nel presidente e nel governo attuale una vera speranza per questo cambiamento in un paese ricco di risorse ma colpito dalla crisi economica mondiale e dalla corruzione come in tanti altri paesi. Il paese di sicuro aveva bisogno di cambiamenti, alcuni già avviati e altri ritardati. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di un cambiamento. La domanda però è: “Quale cambiamento?”. Per l’opposizione siriana esterna, rappresentata dalla coalizione nazionale e l’opposizione armata, questo cambiamento avviene attraverso la violenza con l’appoggio e l’intervento militare esterno dall’Occidente, mentre per il cittadino siriano, che ha sopportato di tutto in questi tre anni, questo fatto é completamente inaccettabile. Sarebbe violazione della sovranità del paese e del rispetto dell’indipendenza degli Stati sancito dalle Nazioni Unite…

L’Occidente ancora parla di una rivoluzione del popolo siriano?

Fra Firas Lufti: I siriani, in modo particolare i cristiani, dopo tutti questi eventi sono convinti che ciò che accade é una distruzione dello stato e non un cambiamento o miglioramento, e che si va verso la trasformazione di un sistema politico considerato dall’Occidente una dittatura laica ad un regime e dittatura religiosa di salafiti ed estremista. Forse all’inizio alcuni siriani si erano illusi, ma oggi tutto é più chiaro come rivelano i rapporti internazionali delle Nazioni Unite. Allora io da siriano potrei anche essere scontento di un mio governo, e non essere d’accordo con chi guida il mio paese, ma non capisco cosa c’entrano ceceni, afgani, libici, sauditi, a partecipare alla cosiddetta rivoluzione del mio paese. E mi chiedo pure: quale rivoluzione è questa se ci sono mercenari ed estremisti? Il cambiamento si fa per migliorare non per peggiorare. I cristiani vogliono un vero cambiamento radicale partendo da un riforma costituzionale, che è stata effettuata e approvata con un referendum e poi con una visione moderna del futuro del paese dove la religione é per Dio e il paese é di tutti.

Nel caso di Homs sono stati raggiunti alcuni accordi e tregue di cui non si ha notizia visto che sono stati ignorati dai media occidentali. Queste esperienze si potrebbero replicare in altre parti?

Fra Firas Lufti: Homs é una città famosa per i suoi cittadini pacifici e miti, auto ironici tanto da raccontare perfino barzellette su se stessi. Dopo l’uscita dei gruppi armati dalla città, la gente è ritornata di corsa per controllare le proprie case e abitazioni, ma purtroppo il 90% della città è stata distrutta. In ogni caso i palazzi si possono ricostruire mentre è più difficile ricostruire l’anima ferita e la fiducia nell’altro. Il popolo siriano è solido di natura e questa guerra ha danneggiato lo spirito dei cittadini sopratutto i bambini, testimoni di una violenza inaudita dove nel nome di Dio si uccide l’altro perché é nemico, essendo diverso per etnia e religione. Ben vengano allora tutti gli sforzi per una riconciliazione, per liberare un rapito o salvare una famiglia… Se sono riusciti a Homs sono sicuro che verranno replicati in altre zone.

Qual è la situazione dei siriani cristiani?

I siriani cristiani hanno goduto da sempre di una libertà religiosa, potevano praticare ed esercitare le loro funzioni liberamente dentro e fuori delle chiese, perfino in affollate processioni nelle strade durante il mese mariano o nella settimana santa. Ovvio che in alcuni casi si chiedono i permessi come in tutte le parti, avvisando le autorità per proteggere le funzioni, e questo è una cosa molto importanti perché esprime la tua fede nel rispetto delle altre fedi. Questa libertà religiosa è garantita perché la Siria è uno stato laico e non uno stato teocratico perché se lo fosse il siriano di fede cristiana sarebbe cittadino di serie B come in altri paesi arabi. E questo in una stato civile è una questione inaccettabile in uno società che crede nella cittadinanza nel quale io è te siamo pari, e malgrado la nostra diversa appartenenza etnica o religiosa, abbiamo gli stessi diritti e doveri. I cristiani in Siria e in tutto il Medio Oriente vorrebbero vivere in questo contesto sociale senza privilegi ma con parità e uguaglianza nella cittadinanza. No stante il numero dei siriani cristiani non sia altissimo, crediamo che il numero non è la misura, e non avevano mai subito persecuzioni e minacce quotidiane alla loro vita ed esistenza. Oggi le cose sono cambiate e l’esempio palese è la città di Al Raqaa dove ai cristiani viene richiesto il dazio per lasciarli in vita.

Tanti accusano i siriani cristiani di avere una posizione ambigua. Cosa vogliono davvero?

Prima della crisi siriana i cristiani siriani avevano diverse richieste come ad esempio la questione dell’apparenza competa al paese nella costituzione siriana, la quale indica che il Presidente della Repubblica deve essere esclusivamente di fede mussulmana. Ma se vogliamo uno stato con l’uguaglianza dei cittadini, la fede non dovrebbe essere un problema, bensì l’apparenza al paese. Da cristiano la mia storia e radici risalgono a migliaia di anni e ho il diritto di raggiungere la più alta carica dello stato.

Oggi i cristiani vogliono invece almeno ritornare al passato. Sopratutto vedendo i conventi e le chiese profanate saccheggiate bruciate e distrutte, mentre il cristiano viene giustiziato con l’accusa di essere miscredente e infedele, o di essere lealista e vicino al governo. In questa situazione tanti giovani nell’esercito siriano, che prestano il servizio di leva. Il giovane cristiano serve il suo paese convinto che é un suo dovere civile nel difendere la patria ma anche dovere religioso contro un pericolo di Jihadismo ed estremismo. Per questo motivo i cristiani difendono lo stato partendo dal principio della cittadinanza, e se non fosse la cittadinanza la misura della convivenza, qualsiasi misura sarebbe squilibrata. Se la misura é numerica siamo minoranza e si consacrerà il potere di una maggioranza sugli altri, e se fosse settario, allora io mussulmano vengo prima poi gli altri sono di serie B, e allo stessi modo se la misura è su base etnica, e la società viene divisa e vengono esclusi curdi, armeni, cerchesi, turcmeni.

Sono una persona e non un numero, n’è una percentuale, sono nato su questa terra, e vorrei continuare a viverci e l’altro dovrebbe riconoscermi come partner, non come ospite, al quale concede alcuni diritti. La cosa principale è che, chi si considerano amici dei siriani, o che pensano di lavorare per il loro bene, ci lascino decidere noi stessi, e che non decidano al nostro posto, senza trattarci come deficienti o incapaci di ragionare, abbiamo tutto il diritto di decidere il nostro destino. La civiltà siriana ha lasciato le sue impronte su tutto perciò i siriani sono maturi abbastanza per capire ciò che è il loro bene è il loro male.

C’è in atto una persecuzione dei siriani cristiani?

Sì, i cristiani sono presi di mira. All’inizio le cose non erano chiare, oggi invece i siriani conoscono bene l’identità dei combattenti e la loro provenienza e appartenenza, sopratutto dopo quel che é accaduto nelle città cristiane vicino Idlib. Quelli che parlano oggi del cosiddetto Esercito libero come forza d’opposizione moderata sanno di mentire, e sanno bene che i diversi gruppi armati sono in un conflitto interno su terreni e sui bottini di guerra. I casi sono infiniti, vorrei ricordare i due arcivescovi siriani di Aleppo, Ibrahim, Siro-ortodosso, e Yazji, greco-ortodosso, ancora nelle mani dei ribelli, insieme ai due giovani sacerdoti Michael Kayal armeno cattolico e Isaak Mahfuz greco ortodosso spariti nel nulla. L’ultimo martire é il padre gesuita Franz Vander Lakht, di nazionalità olandese che ha scelto di restare affianco dei suoi parrocchiani a Homs, e ucciso barbaricamente dai gruppi armati dopo aver tentato di prenderlo in ostaggio.

Chi prende di mira i cristiani non sono siriani, perché un siriano mussulmano che ha vissuto accanto a suo fratello cristiano, non può farlo, sa come vive, cosa crede, e come si comporta, mentre chi viene da fuori dagli estremisti, indottrinati il pensiero salafita e wahabita, porta con se un profondo odio dell’altro del diverso, e non ha mai conosciuto un cristiano. Per lui la vita inizia e finisce nell’islam e tutti quelli che non appartengono alla sua presunta religione, sono miscredenti e lecito ucciderli.

Ha vissuto un’esperienza molto dolorosa. Cosa è accaduto a Ghassaniye?

Ero in servizio nella provincia di Idlib, dove sono state assaltate tre villaggi cristiani, e li viveva padre Francois Murad, un monaco che ha costruito un piccolo monastero per rivivere la spiritualità del monachesimo orientale, e quando sono arrivati i ribelli, ha aperto le porte a loro, ospitandoli, dopo un breve periodo l’hanno cacciato via occupando casa sua, e abbiamo dovuto ospitare nel nostro convento francescano, dove c’erano tre suore che offrivano il servizio di ambulatorio ai civili rimasti.

I ribelli hanno tentato diverse volte di assaltare il convento, e alla fine sono riusciti. Appena mi hanno avvisato ho corso, trovando i davanti ad una scena agghiacciante. Avevano rubato e saccheggiato tutto, distruggendo croci e statue, e profanando la chiesa sgozzando il cane del convento sull’altare, e uccidendo padre Francois con sette colpi di pistola. Bastava una per ammazzare un uomo indifeso e disarmato, ma hanno preferito ucciderlo con sette colpi nel petto, e io l’ho sepolto.

Aleppo la città più antica al mondo, oggi si trova in una situazione disastrosa?

Aleppo sta soffrendo in una condizione disumana e tragica, perché l’essere umano può anche supportare le difficoltà e i pericoli, ma quando viene privato dai bisogni primari restando senza acqua e cibo, perde tutta la dignità umana. La gente cerca di sopravvivere malgrado il costo di vita altissimo e la mancanza di introiti, benzina gas corrente e acqua. Anche se i quartieri cristiani della città sono relativamente sicuri, questa zona viene presa di mira dai gruppi armati con lanci continui di colpi di mortaio e missili artigianali, perfino la nostra cattedrale ha subito danni da questi missili. L’ultimo incidente é stato quando i ribelli hanno fatto saltare il palazzo della camera di commercio, è caduto il vetro della chiesa durante la messa dalla forza dell’esplosione. I frati cercano di sostenere e aiutare la gente come possono, aprendo le porte ai bisognosi, e offrendo l’acqua potabile a tutti, mentre la scuola francescano ospita i Bambini dell’orfanotrofio islamico. La sfida principale infatti é la sfida morale e spirituale, perché se l’uomo perde la speranza non riesce a superare e sopportare le difficoltà, senza la speranza la vita diventa senza senso n’è futuro.

Ultima parola?

Durante le Crociate San Francesco è riuscito ad ottenere il permesso di custodire la terra santa non con la forza delle spade e della violenza, ma con l’intelligenza, la semplicità e il dialogo. Questo conferma che l’unica strada per ottenere ciò che desidero dall’altro, è nella riconoscenza e il rispetto reciproco, senza ammazzare ne farmi ammazzare. Dobbiamo insistere su dire tutta la verità con amore, e insistere nel dialogo con l’altro, e senza questo dialogo saremo in distanti dalla nostra vita.

 

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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