Siria: approvata dall’Onu la risoluzione contro le armi chimiche

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Ma scongiurato il pericolo dei gas, la guerra continua con i propositi di prima (e paradossalmente si tira in ballo la ragione…)

di Patrizio Ricci   fonte La Perfetta Letizia

La decisione statunitense di bombardare un paese già in guerra avrebbe avuto il solo significato di far vincere la parte antagonista: i ribelli. E naturalmente è proprio questo il risultato che si voleva raggiungere. Tuttavia la pressione dell’opinione pubblica mondiale ha scongiurato un’ulteriore escalation del conflitto, che avrebbe acceso, come per un effetto domino, tutto il Medioriente. Provvidenzialmente, l’iniziativa russa ha interrotto il conto alla rovescia e la Siria ha accettato di distruggere il suo arsenale chimico. La strada del negoziato è stata tutta in salita e le difficoltà di disinnesco della crisi sono state molte: USA e Francia volevano con forza una risoluzione che contenesse il riferimento all’art. 7 dello statuto dell’Onu che prevede un attacco immediato in caso d’inadempienza di una delle clausole stabilite, mentre la Russia si è strenuamente opposta a questa ipotesi, certa che essa avrebbe sicuramente consentito agli USA di trovare un qualunque espediente per intervenire militarmente.

Alla fine la difficile opera diplomatica per arrivare ad un compromesso ha dato i suoi frutti. Nella riunione del Consiglio di sicurezza avvenuta venerdì notte, si è optato per una soluzione multilaterale, rispettosa delle sovranità nazionali: nel caso di violazioni solo una nuova risoluzione pienamente condivisa potrà autorizzare l’uso della forza.

Durante la settimana precedente, il pressing di Obama è stato molto forte. Le parole che il Presidente americano ha pronunciato intervenendo all’assemblea generale dell’Onu sono state oltremodo stonate. In un infelice passaggio (riferendosi all’attacco del 21 agosto a Damasco) ha detto: “È un insulto alla ragione pensare che qualcun altro oltre al regime abbia portato a termine quest’attacco”. E’ evidentemente un modo assai insolito e arrogante di intendere il dialogo e di sentire le ragioni altrui: chi ha colpevolmente prolungato il conflitto continuando ad armare e finanziando i ribelli non può certo parlare di ‘insulti alla ragione’ senza essere egli stesso criticato. Sì, perché i ribelli armati dagli USA ed al-Qaeda sono la stessa cosa (lo ha ammesso anche il Dipartimento di Stato americano), ma evidentemente questo non crea alcun imbarazzo.

Il New York Times non è stato mai ‘tenero’ con Assad; in un articolo intitolato ‘I ribelli islamici creano un dilemma politico sulla Siria’ riferisce che “le aree controllate dai ribelli sono infestate da tribunali islamici con avvocati e chierici e brigate combattenti guidate da estremisti. In nessuna parte controllata dai ribelli in Siria c’è una forza combattente laica di cui parlare”. Su ‘Repubblica’ Bruce Riedel (consigliere per la Sicurezza di 4 presidenti USA) è ancor più diretto: “In Siria è la presenza di Al Qaeda il vero pericolo per l’Occidente”; e precisa: “Se consoliderà la sua base, da lì attaccherà anche l’Europa e Israele. L’opposizione è frammentata in 1200 diverse fazioni: cito i dati della Difesa. È un coacervo di banditi e di assassini”.

Quello che sta accadendo in Siria si colloca in un preciso contesto: negli ultimi anni gli USA ed i loro principali alleati, per amplificare la propria influenza politica ed espandere gli interessi economici, hanno incoraggiato e cavalcato il malcontento popolare nei paesi arabi. L’esempio più eclatante è la ‘primavera’ libica: oggi la Libia dominata da 1.700 bande armate (la maggior parte delle quali non rispondono ad alcuna autorità centrale) non può certo definirsi un paese migliore e più democratico. Ciò che accade non è casuale: l’instabilità che si crea in questi paesi permette agli USA di mantenere uno stato di guerra ‘latente’, evitando così il tracollo finanziario. In secondo luogo, permanere in un continuo stato ‘emergenziale’ consente di giustificare leggi speciali e un apparato militare che altrimenti sarebbe abnorme e ingiustificabile davanti agli occhi dei cittadini americani e del mondo.

Se in Siria si riproponesse lo scenario libico poco importerebbe agli ‘amici della Siria’. Anzi, sarebbe una situazione ottimale tale da giustificare il proseguimento dell’ingerenza ‘umanitaria’ e offrire al nuovo governo il proprio sostegno e i propri investimenti: è evidentemente che tutto questo con ‘l’emancipare i popoli dai regimi assolutistici’ non c’entra nulla. Obama dovrebbe avere un po’ di pudore e non tirare in ballo gli ‘insulti alla ragione’, altrimenti la gente potrebbe iniziare a porsi delle domande…

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Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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