La vittoria del “campo largo”: quale progetto per Genova?

Introduzione: un voto che solleva interrogativi

Le elezioni comunali del 25-26 maggio 2025 a Genova a Genova si sono concluse con la vittoria al primo turno di Silvia Salis, sostenuta da una vasta coalizione di centrosinistra, che ha ottenuto il 51,7% dei voti contro il 44,2% di Pietro Piciocchi, vicesindaco uscente del centrodestra. Gli altri candidati, tra cui Francesco Toscano (Democrazia Sovrana e Popolare), Antonella Marras, Raffaella Gualco, Mattia Crucioli e Cinzia Ronzitti, hanno raccolto consensi marginali, tutti inferiori all’1,5% (Pagella Politica).

Ma la vittoria di Salis, un’ex atleta olimpica senza esperienza amministrativa, solleva una domanda cruciale: è stata una scelta basata sulla competenza o l’ennesima dimostrazione che, nella politica moderna, l’immagine mediatica prevale sulla sostanza? Questo articolo analizza le criticità della sua candidatura e il contesto che ha portato Genova a preferire un volto popolare a una figura autorevole e preparata. Ma non va escluso che questa vittoria sia stata agevolata anche dalla debolezza strategica del centrodestra stesso, che per tutta la campagna non ha saputo opporre una visione convincente. Anche un volto che da fiducia può essere meglio della sfiducia galoppante. Emblematica, in negativo, è stata la frase dell’onorevole Gasparri: “È troppo bella per fare politica” — diventata un boomerang comunicativo che ha trasformato Salis in vittima di sessismo più che in avversaria politica. Così, a mancare è stata la capacità del centrodestra di parlare ai cittadini con argomenti concreti, lasciando il campo alla narrazione emotiva e all’abilità comunicativa della candidata del centrosinistra.

Ma cosa sappiamo di Silvia Salis?
Silvia Salis, ex lanciatrice del martello e già vicepresidente vicaria del CONI, è una figura di spicco nel mondo sportivo italiano. La sua candidatura a sindaca, sostenuta da un’ampia coalizione progressista (PD, M5S, Italia Viva, Azione, Verdi e liste civiche come “Riformiamo Genova”), è stata accompagnata da una narrazione potente, costruita sulla sua storia personale e sulla promessa di un rinnovamento radicale. Tuttavia, il suo ingresso in politica ha evidenziato numerose criticità, che mettono in discussione la sua capacità di gestire una città complessa come Genova, alle prese con problemi strutturali come il declino demografico, le difficoltà del porto e un bilancio comunale sotto pressione.

Una coalizione che riflette un’agenda ideologica discutibile
Non va trascurato che la candidatura di Silvia Salis è stata sostenuta in primo luogo dal Partito Democratico, un partito che, pur definendosi di ‘sinistra’, ha aderito in maniera sistematica a tutte le principali agende globaliste: dal sostegno incondizionato ai vaccini anti-Covid, alla promozione delle teorie gender, fino al supporto al riarmo europeo e alla guerra per procura. Il PD si è progressivamente allineato ai dogmi dell’élite economico-finanziaria di Davos, sostenendo modelli di sviluppo e società che hanno ben poco a che vedere con la tutela dei diritti dei più deboli e con una visione autenticamente umana dell’uomo integrale. Si tratta di un partito che conserva i suoi sostenitori, ma che ha ormai rinunciato a qualsiasi visione nazionale coerente, sposando la dissoluzione culturale e identitaria imposta da un’Europa tecnocratica e post-nazionale. È in questo contesto che va letta la scelta della Salis: non come figura innovativa, ma come volto nuovo di un progetto vecchio e ideologico.

Criticità della candidatura di Silvia Salis

1.Mancanza di esperienza amministrativa
La principale critica mossa a Silvia Salis riguarda la sua totale assenza di esperienza nella gestione pubblica. Non avendo mai ricoperto incarichi amministrativi o politici, la sua capacità di affrontare le complessità di una città come Genova è stata messa in discussione da più fronti. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, l’ha definita “carina, ma inesperta”, sottolineando che “la politica non si inventa” e che Genova necessita di amministratori con competenze consolidate. Pietro Piciocchi, vicesindaco uscente, ha insistito sulla necessità di “serietà e competenza” per gestire dossiers complessi come il bilancio AMT o le infrastrutture portuali . Anche se Salis ha respinto tali critiche, definendo gli attacchi di Gasparri “da operetta” e denunciandone il tono sessista, il problema della sua inesperienza rimane centrale. Una città come Genova, con le sue fragilità strutturali, richiede una leadership capace di navigare con sicurezza tra vincoli burocratici e finanziari, un terreno su cui Salis non ha mai dimostrato di sapersi muovere.

2.La campagna elettorale
La campagna di Salis è stata orchestrata con grande cura, sfruttando la sua immagine di atleta di successo e il supporto strategico del marito, il regista Fausto Brizzi. Video emozionali, slogan come “Genova tra le persone” e una presenza dominante sui social media hanno costruito una narrazione accattivante, ma spesso priva di approfondimenti tecnici (La Repubblica). C’è chi ha accusato la Salis di presentarsi con un “curriculum gonfiato” in TV, suggerendo che la sua popolarità derivi più dall’apparenza che da proposte concrete (Il Fatto Quotidiano). Questa strategia mediatica, pur efficace per mobilitare l’elettorato, ha alimentato il sospetto che la sua candidatura sia stata costruita più sull’emozione che sulla sostanza, un approccio che rischia di rivelarsi inadeguato quando si tratterà di affrontare le complessità amministrative.

3.Contrarietà alle grandi opere
Salis ha assunto posizioni critiche su infrastrutture considerate vitali per il rilancio economico di Genova, come lo Skymetro, la funivia del Lagaccio e l’allargamento della diga foranea. Il viceministro Edoardo Rixi ha evidenziato la sua incoerenza sul tema del porto, notando come inizialmente lo abbia definito un problema, per poi indicarlo come una priorità ( La Stampa). C’è chi ha ironizzato sulla possibilità che Salis voglia “demolire” anche progetti già avviati, sottolineando il rischio che tali posizioni rallentino lo sviluppo infrastrutturale della città (Il Post). In un contesto in cui Genova compete con altri porti europei, la sua opposizione potrebbe alienare stakeholder chiave e compromettere opportunità economiche.

4.Evitato il confronto diretto
Pietro Piciocchi ha accusato Salis di essersi sottratta a un duello televisivo diretto, definendo il suo rifiuto un “gesto che viola i principi della democrazia” e un segnale di impreparazione. Sebbene Salis abbia partecipato a quattro dibattiti inclusivi con tutti i candidati, l’assenza di un confronto diretto con il principale avversario ha rafforzato l’immagine di una candidata riluttante ad affrontare domande tecniche in un contesto pubblico. Questo episodio ha alimentato dubbi sulla sua capacità di gestire situazioni di pressione, un aspetto cruciale per un’amministrazione comunale.

5.Rischio di frammentazione della coalizione
La coalizione di centrosinistra, il cosiddetto “campo largo”, include PD, M5S, Verdi, Azione, Italia Viva e liste civiche come “Riformiamo Genova”, che annovera anche ex esponenti del centrodestra come Stefano Costa e Angiolo Chicco Veroli (Genova Today). Pierfranco Pellizzetti, commentatore de Il Fatto Quotidiano, ha avvertito che questa eterogeneità potrebbe rivelarsi un punto di debolezza, con l’unità destinata a durare “giusto fino alla prossima cena di corrente” . Le divergenze ideologiche e politiche tra i membri della coalizione potrebbero emergere durante il mandato, rallentando l’attuazione del programma e creando instabilità amministrativa.

6.Affluenza bassa e legittimazione debole
Con un’affluenza del 52%, Salis rappresenta di fatto poco più di un quarto della popolazione genovese, un dato che mette in discussione la solidità del suo mandato (Pagella Politica). Un post su X ha sottolineato che “metà città ha detto ‘no grazie’”, evidenziando come la bassa partecipazione elettorale rifletta una sfiducia diffusa nella politica (Il Fatto Quotidiano)). Questa legittimazione limitata potrebbe complicare la gestione di decisioni impopolari, come quelle legate al bilancio o alla mobilità urbana.

7.Aspettative difficili da gestire
Salis ha promesso un ambizioso programma di rigenerazione urbana, politiche per i giovani, rilancio del porto e inclusione sociale. Tuttavia, le difficoltà strutturali di Genova – invecchiamento demografico, aree industriali dismesse, vincoli di bilancio – rendono tali obiettivi difficili da raggiungere. Pellizzetti ha definito il suo progetto un potenziale “autogol”, destinato a scontrarsi con le rigidità della macchina comunale. La promessa di “mappare e bonificare aree industriali dismesse” dipende da risorse economiche limitate, un aspetto che potrebbe deludere le aspettative create in campagna elettorale.

8.Percezione di incoerenza programmatica
Un’ulteriore criticità, meno discussa, riguarda la percezione di incoerenza nelle sue posizioni. Oltre alle contraddizioni sul porto evidenziate da Rixi, alcuni elettori hanno notato ambiguità su temi come la gestione del trasporto pubblico e le politiche abitative. Ad esempio, la sua proposta di “mobilità sostenibile” non è stata accompagnata da un piano dettagliato su come affrontare i problemi cronici dell’AMT, come i tagli al servizio o l’invecchiamento dei mezzi (Il Post). Questa vaghezza rischia di tradursi in difficoltà operative una volta al governo.

9.Rischi legati alla gestione del bilancio comunale
Genova si trova in una situazione finanziaria delicata, con un bilancio comunale che richiede scelte rigorose per garantire servizi essenziali e investimenti. La mancanza di esperienza di Salis nella gestione di budget complessi è stata sottolineata da osservatori locali come un potenziale ostacolo. Un articolo su Genova Today ha evidenziato che l’amministrazione precedente ha dovuto affrontare difficoltà nel bilanciare spese e investimenti, un compito che richiede competenze tecniche che Salis non ha ancora dimostrato di possedere ( Genova Today).

10.Il caso Toscano: la competenza dimenticata
Francesco Toscano, giornalista e presidente di “Democrazia Sovrana e Popolare”, ha ottenuto solo lo 0,8% dei voti, nonostante un programma incentrato su sovranità, difesa della Costituzione, politiche industriali e una visione geopolitica chiara. La sua marginalizzazione evidenzia come, nel clima attuale, il contenuto programmatico e la competenza cedano il passo a narrazioni personali accattivanti. Toscano, con la sua esperienza di analisi politica e il suo approccio rigoroso, rappresentava una proposta autorevole, ma è stato penalizzato dalla mancanza di una macchina mediatica paragonabile a quella di Salis. Questo squilibrio riflette una tendenza preoccupante: l’elettorato sembra preferire volti noti e narrazioni emozionali a figure meno conosciute ma potenzialmente più preparate.

Reazioni e difese

Salis ha risposto alle critiche, in particolare a quelle di Gasparri, definendole “attacchi da operetta” e denunciando toni sessisti (La Repubblica). Ha ricevuto il sostegno di figure di spicco come Matteo Renzi, che ha lodato la sua intelligenza, ed Elly Schlein, che ne ha esaltato la grinta. Tuttavia, denunciare il sessismo non risponde nel merito alle critiche sull’inesperienza e sulla vaghezza programmatica. Sebbene sia innegabile che alcuni attacchi abbiano assunto toni personali inappropriati, il problema della sua preparazione amministrativa rimane irrisolto e rappresenta una sfida cruciale per il suo mandato.

Il silenzio della Chiesa Cattolica genovese
La Chiesa Cattolica di Genova, guidata dall’arcivescovo Marco Tasca, non ha preso una posizione ufficiale sulle elezioni comunali del 2025, né sulla vittoria di Silvia Salis. Questo silenzio riflette la tradizionale neutralità della Chiesa su competizioni elettorali specifiche, pur incoraggiando i fedeli a un voto consapevole. Tuttavia, l’emergere di un gruppo di cattolici democratici, il “Progetto al centro”, guidato da ex esponenti politici come Stefano Costa e Arianna Viscogliosi, segnala un interesse della componente cattolica a influire sul panorama politico locale, senza però un chiaro endorsement a Salis ItaliaOggi). La mancanza di esperienza amministrativa di Salis e la sua campagna mediatica, pur non commentate direttamente dall’Arcidiocesi, potrebbero non allinearsi pienamente con l’enfasi della Chiesa su competenze concrete e attenzione ai bisogni sociali, come lavoro e inclusione. Questo lascia aperta la questione: l’elettorato cattolico ha scelto il volto mediatico di Salis o si è astenuto, contribuendo alla bassa affluenza del 52%?

Conclusione: un voto figlio del marketing politico

Il successo di Silvia Salis solleva dubbi sull’evoluzione del voto urbano: si privilegia l’immagine, la storia personale, la narrazione emotiva. Genova ha eletto una figura popolare ma inesperta, frutto di una campagna abilmente orchestrata sul piano comunicativo. Le vere sfide – porto, bilancio, trasporti, demografia – attendono risposte. La città potrebbe pagare caro l’aver preferito l’applauso alla competenza.

Va inoltre considerato un ulteriore fattore: la sfiducia crescente verso la politica in generale ha avuto un ruolo determinante. L’affluenza ferma al 52% testimonia una disaffezione profonda. In molti hanno scelto l’astensione, percependo un’alternanza vuota tra proposte simili o poco credibili. Questo clima di distacco ha certamente favorito un’espressione del voto più influenzata dall’emotività o dalla narrazione personale, piuttosto che da un vero confronto sui contenuti.

E se il populismo mediatico ha vinto il primo round, resta da vedere se la realtà amministrativa lo incoronerà anche sul lungo termine.