Il Kosovo va a grandi passi verso l’integrazione europea: una punizione per la Serbia amica della Russia?

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Le autorità del Kosovo hanno presentato domanda di adesione al Consiglio d’Europa, violando – con la piena approvazione dei leader occidentali – il loro obbligo di non adesione alle organizzazioni internazionali.

Questo significa una violazione delle promesse fatte nell’ambito dell’accordo concluso a Washington, secondo il quale si sarebbe dovuto trovare un accordo politico con la Serbia sulla questione.

È da notare che come riferisce “Orizzonti Politici” il conflitto Serbia-Kosovo è ancora aperto, il 27 giugno del 2020 “i presidenti di Serbia e Kosovo, Aleksandar Vucic e Hashim Thaci, erano attesi alla Casa Bianca per riallacciare i rapporti.

Pochi giorni prima dell’incontro, le Camere specialistiche del Kosovo (Kosovo Special Chambers), una sorta di corte speciale con sede all’Aiaha accusato il leader Thaci (ex membro dell’Esercito di Liberazione del Kosovo – UCK)  di crimini di guerra e contro l’umanità, annullando le negoziazioni”.

Secondo la fonte antimafia 2000 il presidente kosovaro è stato trafficante di armi e di organi, boss della criminalità organizzata e mercenario di guerra durante il conflitto contro la Serbia. Questa è la misura di quanto ancora le problematiche riguardo ai 120.000 serbi etnici in Kosovo siano irrisolte.

Ma per il Consiglio d’Europa, che si concentra sulla protezione e il rispetto dei diritti umani, probabilmente questa questione è marginale: ha avuto fretta e ha già un ufficio in Kosovo (Pristina).

Come era prevedibile, il governo serbo non è d’accordo con la decisione del Kosovo di entrare a far parte del Consiglio d’Europa.

“Non dobbiamo lasciarci trasportare dall’odio, ma la nostra reazione deve essere forte, responsabile e razionale“, ha detto Vučič ai giornalisti serbi. Vučič ha anche osservato che il Kosovo considerava la mossa ingiusta e che “i paesi occidentali sono chiaramente dietro il gioco”. 

L’entusiasmo della UE per la mossa kosovara è malcelato, l’Unione Europea sta cercando di espandersi nei Balcani:

I capi di Stato e di governo dei Balcani occidentali sono stati ricevuti ieri sera a Bruxelles dal rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e la sicurezza, Joseph Borrell, per la tradizionale cena. Tra i temi affrontati, l’allargamento ai Balcani occidentali dell’Ue (…). (Agenzia Nova)

La richiesta del Kosovo è una mossa concordata con i partner europei che arriva proprio con la guerra ucraina in corso (e dopo la richiesta di entrare nella Nato di Svezia e Finlandia).

È anche da ricordare che, solo qualche giorno fa, gli Stati Uniti hanno offerto la loro mediazione per risolvere la questione Kosovo, ma solo se la Serbia avesse aderito alle sanzioni contro la Russia.

Ora la richiesta kosovara dell’ingresso al Consiglio d’Europa, se da un lato avvicina il riconoscimento ufficiale del Kosovo come stato indipendente, dall’altro può segnare un nuovo ciclo di escalation del conflitto tra Serbia e Kosovo. Che, nelle realtà attuali, può trasformarsi rapidamente in una fase calda (vedi qui).

Analogie…

La prima considerazione, fin troppo scontata (ma non per UE, GB e Stati Uniti), è che il Kosovo è una Repubblica autoproclamata, esattamente alla pari delle repubbliche autonomiste di Lugansk e Donetsk. Ma – a differenza di queste entità – alla Repubblica del Kosovo nessuno ha buttato le bombe addosso o sguinzagliato battaglioni punitivi.

Inoltre, sulla autodeterminazione del Kosovo, la Corte internazionale di giustizia dell’Onu ha espresso un parere positivo affermando che quando si esercita il diritto all’autodeterminazione, questo o quel territorio di qualsiasi Stato non è obbligato a chiedere il permesso di dichiarare la propria sovranità alle autorità centrali del Paese. Subito dopo, il Kosovo fu riconosciuto di fatto repubblica indipendente da un certo numeri di stati: tra questi gli Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.

base USA in Kosovo
base USA in Kosovo -wikipedia foto

La seconda considerazione è che il processo di indipendenza del Kosovo, è passato attraverso l’aggressione della NATO alla Serbia. Precisamente, l’indipendenza è passata attraverso una campagna di bombardamenti durata tre mesi, caratterizzata da una tale intensità che neanche oggi la Serbia si è ripresa completamente. Quindi bisognerebbe aspettare, quanto meno, la regolarizzazione dei rapporti tra i due stati.

A quanto pare, mentre per il Donbass non sono bastati più di 10.000 morti per ottenere almeno una certa autonomia (pur accettando di rimanere all’interno dell’Ucraina), al Kosovo – utile agli interessi atlantici ed europeisti – non solo è riservato un trattamento speciale (perché vicina all’Unione Europea e perché utile alla NATO, ospitando la seconda più grande base statunitense in Europa), ma la problematica viene ora usata e distorta perché la Serbia è considerata dall’occidente come la ‘lunga mano della Russia’ in Europa.

I soliti metodi opportunistici

Allora il Kosovo dovrebbe rimanere per sempre una entità fantasma che gravita e confligge con la Serbia? No, ma le problematiche vanno risolte nel rispetto di tutte le identità locali. Ci sono però alcune questioni non indifferenti: la prima è che non si possono costantemente usare due pesi e due misure (a seconda che si tratti di avere a che fare con paesi nella propria orbita di alleanze o meno); la seconda è che le promesse vanno mantenute (e quindi il trattato di Washington va rispettato); la terza è che se l’uso della forza e i ricatti, devono uscire dalle relazioni tra stati, questo deve essere valido sempre.

Quando la UE si accorgerà di queste incongruenze, non sarà mai troppo tardi …

VPNews

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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