Se il Papa dichiara guerra a Trump – ✍️ Riccardo Cascioli – La Nuova Bussola Quotidiana

In un editoriale su La Nuova Bussola Quotidiana, il direttore Riccardo Cascioli analizza l’inedita lettera di Papa Francesco ai vescovi americani, in cui il Pontefice prende apertamente posizione contro la politica di Trump sulle deportazioni di immigrati illegali, esprimendo “aperto dissenso” e invitando i cattolici a fare lo stesso. Un intervento politico diretto che, secondo Cascioli, sorprende non solo per i toni ma per l’evidente parzialità: la stessa fermezza non è mai stata usata nei confronti delle politiche migratorie di Biden e Obama, che in realtà hanno realizzato più espulsioni rispetto a Trump senza che il Vaticano sollevasse critiche.

Cascioli sottolinea l’incoerenza di un Papa che esige accoglienza illimitata dagli Stati, ma nel contempo ha reso più severe le pene per chi entra illegalmente in Vaticano. Inoltre, rileva che il Pontefice evita di esprimere altrettanta indignazione su temi cruciali come l’aborto o l’agenda Lgbtq, settori in cui l’amministrazione Biden si è distinta per radicalità senza che il Papa prendesse pubblicamente posizione contro di essa.

Il vero problema, secondo Cascioli, è che il Papa non si pone più come guida imparziale della Chiesa, ma interviene sempre più spesso come attore politico, parteggiando apertamente per una parte contro l’altra. Questo atteggiamento, oltre a creare contraddizioni evidenti, mina la credibilità del Papato sia dentro che fuori la Chiesa.

Cascioli evidenzia una tendenza ormai consolidata di questo Pontificato: un coinvolgimento politico che sembra piegare i principi morali e dottrinali a una visione ideologica, perdendo di vista il ruolo universale della Chiesa. L’attacco a Trump, mentre si ignora o si minimizza la radicalità delle politiche di Biden su temi eticamente cruciali, conferma questa impressione. Così facendo, il Papa non solo divide i fedeli, ma rischia di compromettere ulteriormente l’autorevolezza della Chiesa come guida morale e spirituale.

Tutto l’articolo lo potrete trovare a questo link: https://lanuovabq.it/it/se-il-papa-dichiara-guerra-a-trump

A mio avviso, è fondamentale evitare semplificazioni ideologiche, sia nella forma di una chiusura rigida che in quella di un’accoglienza indiscriminata. “Accogliere non significa annullare la propria tradizione.” Tuttavia, questo principio viene spesso disatteso, poiché, sotto l’influenza di una deriva ideologica evidente, si è perseguita la trasformazione delle società occidentali in realtà fondate sul meticciato etnico, in nome di un’apertura mal definita che, in realtà, cela un’inimicizia nei confronti della propria cultura e di quel patrimonio di valori tramandato nei secoli.

Ma in questo modo non solo non si accoglie realmente nessuno – poiché un incontro autentico presuppone identità forti e riconoscibili –, ma si finisce anche per smarrire quel quid culturale essenziale per immaginare e costruire una società autenticamente umanistica. Le istituzioni progressiste liberali, con il loro approccio industrializzato e impersonale, contribuiscono a questa dissoluzione, riducendo la cultura a un mero strumento di ingegneria sociale anziché a un principio vitale che dia senso alla convivenza.

Ovviamente, il Papa dovrebbe esprimere un giudizio innanzitutto religioso e spirituale che, oltre a tenere conto delle considerazioni precedenti, spieghi il motivo per cui dovremmo adottare un comportamento piuttosto che un altro, evidenziandone la convenienza e il valore. Ma è inutile illudersi: questo non accadrà in questo Pontificato.

Un giudizio realistico: i punti fondamentali

Alla luce di queste considerazioni, ecco alcuni elementi chiave che emergono:

1. L’incontro con l’altro e il valore dell’identità

L’accoglienza deve mettere al centro la persona e la sua dignità, riconoscendo che ogni uomo è portatore di un destino trascendente. Tuttavia, essa non può essere ridotta a un dogma acritico, ma deve costituire un’occasione di crescita reciproca per chi accoglie e per chi viene accolto. Proprio per questo, la conservazione della propria identità culturale e religiosa non è un ostacolo all’accoglienza, bensì una sua condizione essenziale. Senza identità, l’incontro si trasforma in annullamento.

«Accogliere non significa annullare la propria tradizione, ma farla diventare occasione di confronto e crescita.»
(Il senso religioso)

2. L’immigrazione come fatto storico da valutare nella sua realtà concreta

Gli approcci astratti ai problemi sociali sono deleteri e contribuiscono a peggiorare le situazioni. Le decisioni devono essere radicate nella realtà e nella storia. Il fenomeno migratorio non può essere considerato un’ideologia, ma va analizzato nelle sue cause – spesso riconducibili a politiche sbagliate o a operazioni di destabilizzazione messe in atto dall’Occidente – e nei suoi effetti sociali, economici e culturali. Il criterio guida non può che essere il bene comune.

«Se la carità non è realismo, non è carità.»
(L’attrattiva Gesù)

3. Il rischio del buonismo e il senso della giustizia

La carità cristiana non può essere separata dalla giustizia. Accogliere non significa favorire il disordine o ignorare le conseguenze sociali dell’immigrazione incontrollata. Il buonismo assistenzialista, che elude la complessità della situazione, non dovrebbe far parte del messaggio della Chiesa. Inoltre, l’accoglienza non può essere imposta per via politica o ideologica.

Bisognerebbe anche riconoscere che tanto i progressisti quanto, in misura diversa, i governi cosiddetti di “destra” favoriscono l’immigrazione con un fine preciso: rimpinguare la forza lavoro a basso costo, senza curarsi delle conseguenze sociali, della sicurezza e della compressione salariale che ne derivano.

«Il cristianesimo non è un moralismo, ma una proposta di vita. Se togli la verità, restano solo regole vuote.»
(Il rischio educativo)

4. Il principio della sussidiarietà e il ruolo della comunità

Nell’accoglienza, il principio della sussidiarietà è fondamentale: la gestione di questo fenomeno dovrebbe coinvolgere le comunità locali, le famiglie, le realtà educative e lavorative. Lo Stato non dovrebbe essere l’unico attore dell’integrazione, né tantomeno imporla dall’alto, senza tenere conto del contesto e delle volontà delle persone coinvolte.

Troppo spesso, invece, i governi hanno imposto trasformazioni sociali radicali, stravolgendo la vita di piccole comunità e ignorando le conseguenze negative di tali scelte.

«La vera accoglienza avviene nella relazione personale, non nell’imposizione di un sistema astratto.»
(Dov’è Dio?)

Una Chiesa che si piega alla politica?

Per concludere, appare evidente che l’atteggiamento ufficiale della Chiesa, così come espresso dal Papa, sia chiaramente allineato a una visione favorevole ai Democratici americani (pro-DEM), adottando una lettura semplicistica delle problematiche, sia sul piano politico che dottrinale. Si tratta di un approccio carente, poiché non tiene conto di tutti i fattori della realtà concreta.

La Chiesa, e in particolare il Papa, dovrebbero innanzitutto guidare i fedeli verso l’incontro con Cristo e accompagnarli nel cammino spirituale, anziché ridurre la propria missione a un interventismo politico che finisce per oscurare il suo compito primario. Se la Chiesa si piega a logiche mondane, perde la sua funzione profetica e la sua capacità di offrire una vera alternativa rispetto alle derive ideologiche dominanti.

In definitiva abbiamo bisogno di una terza via che non sia quella di Trump o di Biden e che possa offrire a Trump ispirazione e guida, ma ciò che stiamo vedendo è uno schierarsi scomposto da una parte piuttosto che con l’altro, adottando in tutti i casi di visioni povere.

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