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Home Politica Internazionale AREE DI CRISI

Saccheggio come festeggiamento per la vittoria dell’Algeria nei quarti di finale della Coppa delle nazioni africane

17 Luglio 2019
in AREE DI CRISI, Europa
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Saccheggio come festeggiamento per la vittoria dell’Algeria nei quarti di finale della Coppa delle nazioni africane
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Dai tifosi algerini il 12 luglio è stata ‘festeggiata’ la vittoria dell’Algeria nei quarti di finale della Coppa delle nazioni africane.  Però l’evento a Parigi e in  diverse città francesi si è trasformato in violenze e saccheggi . In particolare a sugli Champs-Elysees sono avvenuti saccheggi e violenze  (vedi video).

Il fallimento dell’integrazione degli immigrati in Francia è sotto gli occhi di tutti. Questa è una evidenza e dovrebbe essere un buon ‘promemoria’ per l’Italia ma nel nostro paese l’opposizione si è impossessata di centri di potere che agiscono indipendentemente dall’esisto delle elezioni.

Solo chiudendo gli occhi si può sostenere che una popolazione che ha  cultura e religione diversa, può essere integrata in Europa in maniera estesa. Naturalmente a meno che non si adatti di conseguenza la popolazione originaria europea ( e su questo c’è da dire che ‘c’è chi ci sta lavorando’).

Le istituzioni in Europa ed in Francia sostengono un trattamento speciale per gli immigrati a ragione di un certo senso di colpa per lo sfruttamento dell’Africa e per il colonialismo.

Però in realtà non è la ‘disperazione dei migranti’ (che certa ideologia sostiene provengano da persecuzioni, guerre e carestie) che ispira certi comportamenti violenti ma le radici culturali e religiose che oggettivamente sono diverse. Quest’ultime permangono  e sopravvivono anche dopo generazioni.

Ne è esempio la Francia ed in particolare Parigi che è diventata il terreno su cui gli algerini hanno scaricato frustrazione, odio  e sentimenti repressi al primo pretesto, addirittura in una occasione di festa. Così commenta un giornale francese:

Sono giovani che hanno fatto del patriottismo algerino un patriottismo di cartone, completamente fantasticato, ma che in realtà non è molto serio: se avessimo proposto a questi giovani di tornare a vivere in Algeria, nessuno lo avrebbe accettato. Conosco bene le madri algerine e posso dirvi che nessuna accetterebbe che suo figlio sia coinvolto in tali atti. Ma qui [in Francia], questi giovani rimangono impuniti e approfittano della debolezza dello stato, che ancora non sa come combattere il crimine, siccome il nostro complesso coloniale è ancora grande.

Lo stesso giornale osserva che in Algeria non c’è stata alcuna violenza per la vittoria calcistica, addirittura i manifestanti quando sono passati davanti ad un’ospedale hanno osservato il silenzio.

Come è la tendenza in Italia, gli atti di teppismo se effettuati da extracomunitari sono generalmente scusati. Allo stesso modo – e con l’aggiunta del passato coloniale – in Franciasi accetta correntemente questo tipo di delinquenza.

Il discorso delle vittime impedisce qualsiasi dimostrazione di autorità, che verrebbe automaticamente vista come uno stigma. Ed è il francese di origine nordafricana il primo a pagare il prezzo, dal momento che questi atti di delinquenza pregiudicano la loro integrazione. Queste orde di selvaggi feriscono tutti. E non è qualcosa di nuovo! Finché lo stato rimane impotente e l’impunità è la regola, nulla cambierà.

Come anche in Italia ma in misura maggiore, in Francia l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è negoziabile. La delinquenza viene repressa a secondo di dove provenga. Cosicché non si applica a questo tipo di rivolte la stessa severità che abbiamo visto per i “giubbotti gialli” (che pure almeno protestavano per qualcosa).

Tags: AlgeriaCoppa delle nazioni africaneimmigratiparigi
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Patrizio Ricci associato Freelance International Press (FLIP), socio dell’ass. Blogger Samizdatonline, Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Coofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

Vietato Parlare blog site

Si può essere ingannati dal nome, ma “Vietato Parlare” non è un blog ‘complottista’ o affine. Il mio blog nasce provocatoriamente: l’idea di mettere su un blog è nato dall’aggressione dei paesi occidentali alla Libia a cui è seguita a ruota il tentativo di rovesciamento di Assad in Siria.
Tuttavia, oggi – tra task force in cerca di fake news, restrizioni alla libertà di educazione ed affini –  il nome del mio blog non suscita più alcuna sorpresa, essendo più comprensibilmente a tema.

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