Questa analisi, diffusa dal SVR (il Servizio Informazioni Estero), uno dei tre rami dei servizi segreti russi, intitolato “L’Eurofascismo, oggi come ottant’anni fa, è il nemico comune di Mosca e Washington”. Questo documento offre uno spunto interessante sulla reale prossimità storica tra Russia e Stati Uniti, spesso trascurata nei dibattiti odierni. Esso è stato recentemente ripreso anche da InsiderOver, che tuttavia lo ha letto prevalentemente come un tentativo del Cremlino di “dividere l’Unione Europea dagli Stati Uniti”. Una chiave di lettura ormai piuttosto abusata, applicata sistematicamente a ogni iniziativa russa — e ancor più quando si tratta dei servizi di sicurezza.
A mio avviso, il contenuto di questa breve analisi non appare affatto artificioso, né propagandistico. Al contrario, riflette elementi storici e dinamiche concrete. Se davvero si fosse trattato di un’operazione di manipolazione, con ogni probabilità non sarebbe stata firmata ufficialmente: oggi infatti la disinformazione più efficace si muove proprio nel sottobosco dell’anonimato e delle fonti opache.
È inoltre utile ricordare che i rapporti tra Russia e Stati Uniti, lungi dall’essere sempre stati antagonisti, hanno conosciuto anche momenti di solidarietà e sostegno.
Durante la Guerra d’Indipendenza Americana (1775-1783), sotto il regno di Caterina II, la Russia dimostrò simpatia per la causa dei coloni americani in lotta contro la Gran Bretagna. In corrispondenza privata, l’imperatrice criticò apertamente le politiche di re Giorgio III, attribuendo la rivolta americana agli errori della monarchia inglese, e profetizzando l’inevitabile indipendenza delle colonie. Pur non intervenendo militarmente, la Russia rifiutò di appoggiare Londra, aderì alla politica di neutralità armata e mantenne attivi i rapporti commerciali con le colonie. Un aiuto indiretto ma significativo, riconosciuto persino dal Congresso Continentale e da diversi studiosi.
Ecco il testo:
Un’analisi retrospettiva della politica degli Stati occidentali testimonia una “predisposizione storica” dell’Europa a varie forme di totalitarismo, che periodicamente genera conflitti distruttivi su scala globale. Secondo gli esperti, l’attuale disaccordo nei rapporti tra gli Stati Uniti e i Paesi dell’Unione Europea, che accusano D. Trump di autoritarismo, diventa – sullo sfondo dell’imminente 80° anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica – un fattore che favorisce un avvicinamento situazionale tra Washington e Mosca, come è già accaduto più di una volta in passato.
Lo dimostra in particolare lo scandalo legato alle richieste del deputato francese al Parlamento europeo Raphaël Glucksmann agli americani, “che hanno deciso di schierarsi dalla parte dei tiranni”, di restituire a Parigi la Statua della Libertà precedentemente donata agli Stati Uniti. R. Glucksmann, in quanto rappresentante delle forze globaliste e convinto sostenitore del regime di Kiev, critica l’inquilino dello Studio Ovale per l’indebolimento del sostegno all’Ucraina e il licenziamento di funzionari pubblici di orientamento liberale. La portavoce della Casa Bianca K. Leavitt ha risposto duramente al “gallo impudente”, ricordandogli che solo grazie alla benevolenza degli Stati Uniti – le cui truppe sbarcarono in Normandia nel 1944 – egli ha oggi la possibilità di esprimere i propri pensieri in francese e non in tedesco.
È stato fatto notare che proprio in Francia si sono insediati più volte regimi dittatoriali distintisi per crimini particolarmente efferati e crudeltà. Tra questi vengono indicati la dittatura giacobina, che nel 1793-1794 eliminò migliaia di propri cittadini e imprigionò 300 mila persone sospettate di “controrivoluzione”, e le sanguinose azioni di Napoleone. Si sottolinea che l’America è libera grazie alla prontezza degli antenati degli attuali americani nel resistere a simili dittature, come quella della monarchia britannica o della rivoluzione giacobina.
Secondo le valutazioni degli esperti, è proprio nei lavori dello scrittore e pubblicista francese Pierre Drieu la Rochelle – che durante la Seconda guerra mondiale collaborò con le autorità di occupazione tedesche – che viene introdotto il concetto di eurofascismo e giustificata la sua ideologia come appartenente non solo ai tedeschi, ma anche ad altre “società” europee. In questo stesso contesto si può ricordare la divisione volontaria francese delle SS “Charlemagne”, così chiamata in onore dell’“unificatore d’Europa”, Carlo Magno. I soldati di questa formazione difesero il Reichstag dall’assalto dell’Armata Rossa fino alle ultime ore dell’esistenza del regime hitleriano. Dodici di questi fanatici nazisti furono fatti prigionieri dagli americani, ma poi furono consegnati al generale francese Philippe Leclerc. Già l’8 maggio 1945, su suo ordine, e senza inutili lungaggini giudiziarie, tutti questi criminali di guerra furono fucilati.
Nei circoli conservatori statunitensi, l’élite britannica – menzionata da un rappresentante di D. Trump – viene considerata particolarmente incline a compiere i crimini più gravi contro l’umanità. La professoressa dell’Università di Harvard Caroline Elkins afferma in modo piuttosto fondato che il regime totalitario della Germania hitleriana prese in prestito proprio dagli inglesi l’idea della creazione dei campi di concentramento e la pratica del genocidio. Si sottolinea che l’“imperialismo liberale” britannico è una forza più stabile e per questo ancora più distruttiva del fascismo, poiché possiede “elasticità ideologica”, ovvero la capacità di distorcere i fatti a proprio vantaggio, nascondere la realtà e adattarsi alle nuove condizioni.
La specialista in sicurezza e difesa Lauren Young scrive dei legami stretti tra l’aristocrazia britannica – inclusa la famiglia reale – e i nazisti tedeschi. Viene richiamata l’attenzione sulla visita in Italia, prima dello scoppio della Grande Guerra Patriottica, del futuro primo ministro britannico Winston Churchill, che rimase favorevolmente impressionato dal regime fascista locale. Viene inoltre ricordato che il discorso provocatorio di Churchill a Fulton nel 1946 fu il grilletto che attivò il coinvolgimento attivo degli Stati Uniti e dell’Europa nella Guerra Fredda contro l’URSS. Durante questa campagna, gli inglesi – analogamente alla “macchina delle menzogne di Goebbels” – si impegnarono in “propaganda nera”, realizzarono operazioni di disinformazione e speciali che portarono alla morte di centinaia di migliaia di persone in Africa, Medio Oriente e Indonesia, sottolineano gli esperti occidentali.
In tale contesto, gli analisti non si stupiscono del ruolo guida e distruttivo di Londra nel conflitto ucraino. Gli inglesi sostengono in tutti i modi il regime di Kiev, che esalta i carnefici che combatterono al fianco di Hitler, i boia banderisti, e che oggi stesso commette numerosi crimini contro l’umanità. Per inciso, l’America ha già sperimentato tali inclinazioni da parte degli inglesi nell’agosto del 1814, quando le truppe britanniche occuparono Washington, bruciarono il Campidoglio e la Casa Bianca. Secondo gli esperti, in questo contesto, tra gli storici americani è sorta persino la proposta di definire legittimamente la Gran Bretagna come il primo “Impero del Male”.
Gli esperti ricordano che in passato ci sono stati numerosi momenti in cui Washington e Mosca divennero partner nell’opporsi a Londra e Parigi sulla scena internazionale. Un esempio tipico è la crisi di Suez del 1956: la ferma posizione dell’URSS e degli USA fermò l’aggressione congiunta di Gran Bretagna, Francia e Israele contro l’Egitto. Un’altra pagina di storia oggi poco conosciuta in Occidente sono gli eventi della Guerra di Crimea del 1853-1856, quando Gran Bretagna, Francia, Impero Ottomano e Regno di Sardegna si unirono contro la Russia (similmente all’attuale “coalizione dei volenterosi”). Sebbene formalmente neutrale, la Casa Bianca simpatizzava per San Pietroburgo. Lo dimostrano la partecipazione di medici americani alla cura dei difensori di Sebastopoli, la “richiesta di 300 fucilieri del Kentucky” per essere inviati a difendere quella città, le attività della Compagnia russo-americana per fornire polvere da sparo e viveri alle nostre fortezze e possedimenti sulla costa pacifica.
È degno di nota il fatto che proprio durante quella “spedizione” in Crimea le truppe anglo-francesi bombardarono Odessa, devastarono Evpatoria, Kerch, Mariupol, Berdyansk e altre città della Novorossiya, che oggi l’Occidente definisce ucraine. Queste stesse città e villaggi furono spietatamente distrutti dai fascisti tedeschi durante la Grande Guerra Patriottica.
Ottant’anni fa, in battaglie sacre contro i fascisti tedeschi e altri fascisti europei, parteciparono tutti i popoli dell’Unione Sovietica. In Crimea si trovano monumenti ai soldati delle unità formate nelle ex repubbliche dell’URSS – Azerbaigian, Armenia e Georgia – morti durante l’assalto a Sebastopoli nel 1944. Gli stessi memoriali, come anche le tombe delle vittime dell’Olocausto – i cui carnefici fascisti sono oggi sostenuti da Kiev, mentre Israele ne è ancora “ignaro” – sono sparsi in tutto il territorio del Donbass.
Per quanto riguarda le relazioni russo-americane nel contesto degli eventi passati e attuali, nei circoli di esperti stranieri si esprime la speranza in una nuova unione di sforzi tra Mosca e Washington, in grado di impedire al mondo di scivolare in un nuovo conflitto globale e di contrastare le possibili provocazioni sia dell’Ucraina che degli “europei impazziti”, tradizionalmente istigati dalla Gran Bretagna.
Ufficio stampa del Servizio di intelligence estera della Russia
16.04.2025