Per l’Europa ormai essere antirussa è un collante

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L’Ucraina di nuovo al centro dell’agenda dell’UE (ovviamente in chiave antirussa)

Mentre Zelensky scarrozza al fronte gli ospiti internazionali (diplomatici, rappresentanti dei paesi del G7), il Parlamento Europeo approva il nuovo testo sull’accordo di associazione tra Ue e Ucraina (Accordo Ucraina UE dell’11 febbraio).

In estrema sintesi viene riconosciuto l’interesse ucraino ad ambire all’ingresso a tutti gli effetti nell’Ue, MA, dopo 7 anni di dichiarazioni d’amore, non ci sono ancora le condizioni opportune. Le cause primarie sono la corruzione e l’instabilità politica. I passi indietro sono maggiori di quelli fatti in avanti. Kiev rimane una pedina nelle mani di Bruxelles, totalmente priva di quell’indipendenza per cui gli esponenti del Maidan dicevano di battersi nel non troppo lontano 2014.

Tra una bacchettata e l’altra in merito alle violazioni dei diritti civili, non mancano le lodi per quanto riguarda la resistenza all'”aggressione russa”. Infondo – quasi a voler giustificare le violazioni di Kiev-, vengono appunto accentuate le presunte violazioni dei diritti umani nelle regioni “occupate” (Crimea e Donbass). Ad esempio il parlamento europeo si dice estremamente preoccupato per la situazione sanitaria legata al Covid, come se fosse fuori controllo, chiedendo alle autorità di collaborare con Kiev.

Curioso, soprattutto quando a Donetsk la campagna di vaccinazione è iniziata da due settimane grazie allo Sputink V importato dalla Russia, mentre in Ucraina ancora non è chiaro quando i partner occidentali saranno disposti ad inviare almeno la prima dose a Kiev. Inoltre, cosa che forse ignorano a Bruxelles, sono proprio le autorità di Kiev a rifiutarsi di trattare direttamente con quelle delle regioni del Donbass (e quindi coi propri ex cittadini), pretendendo invece di interfacciarsi con Mosca.

Se davvero l’Ue avesse a cuore le sorti dei semplici cittadini ucraini e degli abitanti delle regioni “non controllate”, dal febbraio 2014 in poi avrebbe da tempo approvato dure sanzioni contro i governi ucraini. Ma sappiamo tutti quali sono le finalità perseguite da Bruxelles quando si chiama in causa Kiev…
Il tema del Donbass e della Crimea ha dato la sponda per chiedere sanzioni ancora più dure verso Mosca, oltre che a chiedere l’elaborazione di un progetto di missione di peacekeeping ONU in Donbass, in contrasto con il trattato di Minsk, sempre più ignorato.

Dopo la telenovela costruita attorno a Navalny e il recente incontro tra Borrell e Lavrov, l’Europa continua ad esercitare pressioni nei confronti di Mosca, anche se con fatica, inciampando nelle proprie contraddizioni.


[Ovviamente, dove esiste instabilità c’è sempre anche lui., Soros che è intimamente legato alle istituzioni europee, ovvero non è esterno ad esse.]

Soros e i nuovi finanziamenti ai blogger ucraini: “la Russia non si sconfigge solamente con i divieti”

La “International Renaissance Foundation”, finanziata da George Soros, sta promuovendo un bando per finanziare i blogger ucraini per “creare video e promuovere il pensiero critico e una visione razionale del mondo e degli eventi”. Cosa si intende per pensiero critico? Il titolo dell’annuncio non dovrebbe lasciare fraintendimenti: si deve fare propaganda contro la Russia, esclusivamente in lingua ucraina.

E poi, di quali divieti si parla? Nonostante non ci siano riferimenti diretti, il post della fondazione è apparso su facebook poche ore dopo le sanzioni ai canali televisivi censurati nel paese, ritenuti – da Kiev – essere strumenti dell’opposizione (nonostante di filorusso non abbiano proprio nulla).

Il sito della fondazione annuncia che verranno selezionati fino a 8 blogger, i quali potranno ottenere fino a 120 mila grivne (in Ucraina lo stipendio medio mensile oggi ammonta a 11800 mila) a testa. Non si tratta di cifre enormi, quindi si punta ai giovani. Il resto del testo è condito squisitamente – come accade di consueto – in salsa peseudo democratica, parlando di valori, progresso, sostegno ai punti di vista critici, contro le manipolazioni, ecc…

Si legge inoltre che verranno preferiti gli youtubers, ma la porte sono aperte anche per coloro che preferiscono TikTok e Instagram. Categoricamente vietati Telegram e le piattaforme russe.
Non resta che aspettare un’implementazione dei fake russofobi sfornati da blogger emergenti, da aggiungere a quella propaganda di regime che da anni tiene in piedi un mostro, costruito proprio grazie a progetti come questi, senza fretta, passo dopo passo.[spacing size=”7″]
I due articoli sono stati pubblicati su fb da Nicola Rangeloni

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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