Paolo Savona all’economia, Mattarella a casa

DI PIEMME

Siamo stati facili profeti.

Scrivevo il 16 maggio:

«La campagna di paura è solo l’antipasto. Il peggio deve ancora venire. Lorsignori, usando Mattarella, tenteranno di uccidere nella culla il tentativo di un governo dei “populisti antieuropei”. Nel caso non vi riuscissero, nei prossimi mesi, forse già nelle prossime settimane, scateneranno l’inferno. Il precedente del 2011 è noto. Noto è l’assedio a cui sottomisero la Grecia».

Non è servito smussare il “contratto”. Non hanno giovato i ghirigori linguistici di Di Maio e Salvini. Né le rassicurazioni che “L’Europa non ha nulla da temere”. Le élite eurocratiche avendo messo nel conto possibili dissimulazioni aspettavano i “populisti” al varco del Ministro dell’economia, che considerano, più ancora del Presidente del Consiglio, la cartina di tornasole per saggiare il grado di sudditanza e di fedeltà all’Unione europea, un presidio inespugnabile.

Mattarella (sulla disonestà di costui aveva ben detto Mazzei) non solo non “gradisce” Conte come Presidente del Consiglio (è già partita questa mattina la campagna di sputtanamento), ha posto il veto su Paolo Savona, che non è un sovversivo marxista, e nemmeno un autentico keynesiano. E’ anzi un boiardo di stato che tuttavia non ha mai cessato di sostenere che la Terra è tonda, ovvero che l’euro è una “moneta sbagliata”, che l’Unione europea, se non cambia radicalmente, è destinata a miglior vita, che è destituito di fondamento il dogma neoliberista per il cui il mercato capitalistico va lasciato a sé stesso.

Delle posizioni del Savona abbiamo dato conto, al tempo, su questo blog: LETTERA A VAROUFAKIS E…. di Giulio Tremonti e Paolo Savona (gennaio 2015); “NON CEDIAMO ALLA UE LA NOSTRA SOVRANITÀ FISCALE” di Paolo Savona (agosto 2015); PAOLO SAVONA: “L’EURO? COSÌ È FALLITO” (maggio 2016);

Questo è Savona e tuttavia, l’eurista Congregazione per la dottrina della fede che ha Mattarella come primate, lo ritene pericoloso, poiché non è un euroinomane, perché il suo tasso di europeismo non è sufficiente per guidare il Ministero. La “casta”? Altro che “casta”, qui verifichiamo che c’è una vera e propria cosca di illuminati fuorilegge che vaglia e quindi decide chi debba guidare il Paese. Ove il criterio decisivo per assurgere alla guida non è la fedeltà all’interesse nazionale, né tantomeno alla Costituzione, bensì il grado di sudditanza all’euro-germania.

Si apre, ove Mattarella non recedesse dal suo veto e Di Maio e Salvini non capitolassero, una crisi istituzionale gravissima e senza precedenti nella storia repubblicana. Il potere di “nomina” dei ministri da parte del Quirinale, siccome non siamo in un regime presidenziale, non significa che i ministri li scelga Mattarella. La composizione del governo, essendo esso un organismo strumentale del Parlamento (che rappresenta la volontà popolare) è decisa dai partiti che hanno al suo interno la maggioranza. Il Presidente della Repubblica, in quanto garante dell’ordinamento costituzionale, può sindacare se e solo riscontri, nel programma di governo o nella lista dei ministri, profili di palese incostituzionalità. Qui abbiamo l’opposto, il paradosso per cui proprio il Quirinale, in quanto garante del “vincolo esterno” e delle oligarchie eurocratiche, si pone in aperto conflitto del dettato costituzionale. Mattarella compirebbe un gesto ancor più grave del suo sodale e mentore Napolitano.

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento, quest’ultimo può e deve rimuoverlo ove esso si metta di traverso alla volontà popolare, ove cioè si ponga come eversore del principio cardinale della Costituzione.

Salvini e Di Maio hanno non solo il dovere ma l’obbligo di resistere ai veti del Quirinale. C’è di mezzo, oltre allo loro dignità politica, la democrazia in questo Paese, il principio della sovranità popolare e nazionale. Se chineranno il capo, se accetteranno il veto di Mattarella, questo sarà il segnale che sono dei pagliacci, che il nostro Paese resterà un protettorato. Questo esito va evitato, se serve con una grande mobilitazione popolare affinché Mattarella se ne vada.

Nessun dorma!

Ps

Voglio essere sincero: temo, come è stato scritto su questo blog, che il Di Maio sia “il problema”, che sia il lato arrendevole della coalizione giallo-verde. Ove Di Maio si dimostrasse lo Tsipras italiano, ove la partita del governo fosse vinta da Mattarella, sarebbe una sconfitta per tutti i patrioti democratici. Grama consolazione che ciò sarebbe anche la fine del Movimento Cinque Stelle.

Piemme

fonte: Come donchisciotte

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