l'Islam moderato ed il problema dell'Occidente

Massimo Introvigne sul suo articolo  I cinque volti dell’islam e la chiave per il futuro dell’Egitto dice che (…) ..a rigore, i musulmani moderati non esistono. Percorrendo in lungo e in largo i paesi a maggioranza islamica, dal Marocco alla Malaysia, non ne ho mai incontrato uno. Viceversa, in Italia ho avuto molte difficoltà a …

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Il debito pubblico …riescono a far denaro sul disastro che loro stessi hanno creato

Diceva Joseph Stiglitz il premio Nobel per l’economia a Roma in un’intervista: «E’ un paradosso assurdo, da voi in Europa , una ironia della storia. Non lo vede? I governi hanno contratto molti debiti per salvare il sistema finanziario, le banche centrali tengono i tassi bassi per aiutarlo a riprendersi oltre che per favorire la …

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per una pace vera in Egitto

Osserviamo che mentre in altri casi “ogni occasione è buona” per bruciare una bandiera americana , una cosa così ancora non si è vista e si sente solo “Abbasso Mubarak, giù con il regime” , nessuna azione ostile o di protesta davanti all’ambasciata USA o di altri paesi risulta riportata dai media , nè dalla stampa internazionale. Ma in un paese amico che deve molto al sostegno economico degli USA non è poi tanto strano…e la cosa non mi dispiace, i disordini non sono così “disordini” se si fanno delle richieste precise, e se le richieste sono legittime.

La protesta,  ci è stata riferita dai media, come i manifestanti stessi dicono , è stata innescata  in primo luogo per una politica devastante di austerità che parte dal 1991 dalla data della partecipazione della guerra nel Golfo, epoca nella quale l’Egitto negoziò in cambio della sua partecipazione l’azzeramento del debito,  In secondo luogo è stata generata da un potere oppressivo ,  è in vigore infatti una legge di emergenza nazionale molto repressiva che ha azzerato da anni ogni tutela alla gente (fonte Amnesty: http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/342 )

Un  nuovo governo si è formato ed è composto  totalmente da generali (i vertici dell’Esercito sono vicini agli USA). Di per sè, se di transizione,  non è un fatto negativo,  se si faranno appena possibile nuove elezioni.

Però per la prima volta stasera in TV ho visto i “Fratelli Mussulmani” entrare in gioco, ma nel paese contrariamente a come ci dicono le TV non rappresentano gli islamici più oltranzisti e i suoi partecipanti sono la maggior parte liberi professionisti. Essi attualmente esercitano un’azione relativamente “moderata” nel paese tra il governo e i gruppi estremisti dediti alla lotta armata, almeno da dopo la dura repressione di Nasser dopo il fallito attentato negli anni 60′ (A partire dal 1969, i Fratelli Musulmani iniziano a prendere le distanze dalle posizioni radicali, abbandonando quindi l’ipotesi della lotta armata) , ma auspicano un governo confessionale.( http://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_musulmani ).

Appare  comunque chiaro che la ricetta liberista  e autocratica adottata  ha dato pessimi frutti in Egitto, per questa ragione è auspicabile  pensare ad altri modelli economici, più etici, a una organizzazione diversa della società. Ed è chiaro che agli USA non sarà sfuggito tutto questo e penso che non si facciano sorprendere da una seconda “rivoluzione iraniana”, e che quindi cerchino di prevenirla.

E’ innegabile che molte persone all’interno dei movimenti di protesta contino sull’appoggio degli USA, che cerca giustamente di ritagliarsi un ruolo in questa vicenda. Sarebbe stupido il contrario. Già il 13 gennaio Hilary Clinton si è rivolta ai leader arabi esortandoli a dare più libertà ai loro cittadini. Comunque è strano perchè nel 2006 Rumsfeld, allora segretario della Difesa USA elogiava Ben Alì in Tunisia per i progressi ottenuti nella società …

In sostanza gli USA hanno tolto l’appoggio a Mubarak , ma com’è possibile? Sono 30 anni che Mubarak viene attivamente appoggiato dagli USA, definito più volte come “il miglior alleato”…Non c’è da meravigliarsi gli USA hanno spesso anteposto il sostegno a governi autocratici e impopolari per realpolitik e per interessi economici e militari geopolitici (gli USA fornisce armamenti per 1,3 miliardi di dollari l’anno http://www.dirittodicritica.com/2011/01/29/egitto-armi-usa-stati-uniti-12388/ ), ma l’hanno fatto diciamo “tappandosi il naso” e così nel contempo con alcune fondazioni USA sembra , in Egitto, contemporeanamente sovvenzionavano ed appoggiavano la nascita di un’opposizione.

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Risorgimento: Plebisciti: solo una bella parola

Pubblicato su il Timone n. 28, Novembre/Dicembre 2003

1860: plebisciti indetti in mezza Italia per manifestare la volontà popolare di annessione al Piemonte. L’allora capo della polizia politica confessa la falsificazione dei risultati. Minaccia di morte ai tipografi che avessero stampate le schede contrarie all’annessione. Una vera truffa.

di Angela Pellicciari

Bisogna dire che la favola dell’unità d’Italia realizzata dai Savoia e dai liberali, in nome della costituzione e della libertà, è stata ben raccontata. E ancora meglio ripetuta. I popoli – si diceva (e si continua a ripetere) – “gemevano” sotto il giogo del malgoverno papalino e borbonico. I popoli, dunque, andavano liberati e Vittorio Emanuele era lì pronto per l’occasione. Cuore forte e magnanimo, il Re di Sardegna si sarebbe mosso solo perché intenerito dal pianto di coloro (tutti gli italiani) che giustamente aspiravano ad una vita da uomini liberi e non da schiavi. Questa leggenda, dicevo, è stata propagandata con cura. Peccato sia radicalmente falsa. Prima di invadere (senza dichiarazione di guerra, e sempre negando, come nel Meridione, la propria diretta partecipazione all’impresa) uno dopo l’altro tutti gli Stati italiani, il governo sardo-piemontese ha fatto in modo che avvenissero “sollevazioni spontanee” in favore dei Savoia. Si trattava di garantire il buon nome del re sabaudo di fronte all’opinione pubblica italiana e straniera.

Ecco cosa scrive Giuseppe La Farina, braccio destro di Cavour, in una lettera a Filippo Bartolomeo: “È necessario che l’opera sia cominciata dai popoli: il Piemonte verrà chiamato; ma non mai prima. Se ciò facesse, si griderebbe alla conquista, e si tirerebbe addosso coalizione europea”. Il re Vittorio Emanuele – continuava – dice: “io non posso stendere la mia dittatura su popoli che non m’invocano, e che collo starsi tranquilli danno pretesto alla diplomazia di dire che sono contenti del governo che hanno”.

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Risorgimento: La soppressione degli ordini religiosi.

Articolo pubblicato su recensioni e storia.it – 15 febbraio 2002

Si sperava di finanziare con il ricavato di quegli espropri le nuove guerre contro il Papa e soprattutto contro l’Austria

di Roberto Cavallo

“Il naufragio dei chiostri. Conventi di Terra d’Otranto tra restaurazione borbonica e soppressione sabauda”: è il titolo del libro (Besa Editore) con cui Oronzo Mazzotta getta un po’ di luce, con dati d’archivio alla mano, su un capitolo scarsamente conosciuto della nostra storia risorgimentale.

Anche in Italia tutto comincia con la Rivoluzione francese e con la conseguente invasione napoleonica della Penisola. Si attua, negli staterelli giacobinizzati, una prosecuzione della legislazione che in Francia aveva colpito la Chiesa cattolica. Soltanto nella Terra d’Otranto, che è poi l’ambito geografico preso in considerazione dal libro, Gioacchino Murat nel 1809 cancellò 165 conventi sia maschili che femminili (quasi l’86% del totale!): “Mandò a casa oltre 900 religiosi, sacerdoti e laici, e ne incamerò tutti i beni, mobili ed immobili”.

Con la restaurazione borbonica venne sottoscritto nel 1818 il concordato di Terracina tra la S.Sede e il Regno delle Due Sicilie. Con tale trattato una parte dei beni sottratti agli ordini religiosi vennero restituiti alla Chiesa, anche se molte case e terreni erano già stati alienati a privati cittadini e dunque erano diventati difficilmente recuperabili. Era comunque un’indubbia inversione di tendenza, e quantunque lo spirito dell’illuminismo e del giurisdizionalismo non lasciasse del tutto immune la corte napoletana, veniva sancita e garantita di fatto la piena libertà religiosa per le comunità cattoliche meridionali.

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A 150 anni dalla malaunità

tratto da: Il Foglio, 26 settembre 2009

di Francesco Agnoli

A 150 dall’Unità si preparano le celebrazioni. Solo che stavolta, causa la crisi economica, i fondi sono pochi e quindi il fiume di retorica a pagamento forse non ci sommergerà. Epperò, senza pensare affatto a improbabili nostalgie, è giusto piantarla con i miti fondatori. Altrimenti non si capisce nulla della nostra storia recente: dell’emigrazione di massa post unitaria; dell’aggravarsi del fenomeno del brigantaggio in meridione; della politica di Giolitti verso il sud del paese; della partecipazione dell’Italia a quell’ “inutile strage” che fu la I guerra mondiale; dello strapotere torinese e agnelliano nella storia italiana; dell’adesione delle plebi meridionali al fascismo, nel quale spesso videro una maggior attenzione alle loro esigenze; della nascita della Lega in Sicilia, all’indomani della seconda guerra mondiale, prima, e della Lega veneta e lombarda al nord, poi; infine, del partito del sud di cui si parla oggi.

(…)

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DISCORSI DI GIUSEPPE FERRARI SULL’ ANNESSIONE DELLE DUE SICILIE

Propongo di seguito un documento che dimostra come mentre oggi i nostri governanti non hanno dubbi su come siano andate le cose , nello stesso 1860 dubbi ce ne erano. Il documento che richiamo alla vostra attenzione è del deputato Giuseppe Ferrari: Giuseppe Ferrari (Milano, 6 marzo 1811 – Roma, 2 luglio 1876) è stato …

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