Pace fuori mercato: il boom della Borsa armata

Borse ai massimi tra stagnazione economica e spinta bellica: il paradosso europeo 2024-2025

Le principali borse europee – dalla Borsa di Francoforte a Euronext Paris – hanno segnato livelli record nel 2024-2025, sfidando un contesto economico debole. Le piazze finanziarie di Germania, Francia, Italia e Spagna hanno raggiunto massimi storici o forti rialzi, nonostante le loro economie mostrino segni di stagnazione, inflazione elevata e instabilità politica. In Germania, ad esempio, l’indice DAX di Francoforte è balzato ai massimi di sempre, oltre la soglia psicologica dei 20.000 punti, pur con l’economia tedesca in difficoltà (due anni consecutivi di recessione tecnica) (euronews.com). Situazione analoga in Italia: il FTSE MIB di Milano è salito ai livelli più alti dal 2007, malgrado una crescita economica quasi piatta e un’inflazione ancora superiore al target. Anche la borsa spagnola ha brillato: l’IBEX 35 di Madrid ha guadagnato circa il 18% in un anno, toccando il picco più alto dal 2010. In Francia il CAC 40 ha raggiunto un picco storico a metà 2024 (oltre 8.200 punti), prima di subire leggere correzioni, chiudendo comunque l’anno solo lievemente negativo (wolfstreet.comf).

Questa divergenza tra finanza ed economia reale è evidente nei dati ufficiali. Nel 2024 l’economia dell’Eurozona è rimasta al palo: crescita praticamente nulla negli ultimi trimestri (0% nel quarto trimestre) (politico.eu). Germania e Francia hanno persino registrato lievi cali di PIL a fine anno (politico.eu), zavorrate da crisi politiche interne e consumi deboli, mentre solo la Spagna ha mostrato una crescita vivace (oltre +3% annuo). Allo stesso tempo, l’inflazione – pur in discesa rispetto ai picchi post-pandemia – è rimasta elevata per gran parte del biennio: dopo aver raggiunto un massimo storico dell’11,5% nell’ottobre 2022 (investigate-europe.eu), l’inflazione annuale nell’Eurozona era ancora intorno al 5% a metà 2023 e solo a fine 2024 è rientrata vicino al 2-3% (tradingeconomics.com). In un contesto del genere – economie stagnanti e prezzi ancora alti – stupisce vedere listini azionari in continua ascesa. Come si spiega questo paradosso?

Mercati indifferenti alle crisi istituzionali

Una parte della risposta sta nella apparente indifferenza dei mercati verso le turbolenze politiche europee. Gli investitori, negli ultimi due anni, hanno mostrato una sorprendente calma di fronte a eventi che in passato avrebbero scosso la fiducia. In Germania, ad esempio, il governo di coalizione “semaforo” è collassato nel 2024 e si è arrivati a elezioni anticipate in febbraio 2025 (politico.eueuronews.com). La successiva impasse parlamentare – con il leader CDU Friedrich Merz inizialmente incapace di ottenere la maggioranza per diventare cancelliere – ha rappresentato un fatto storico senza precedenti. Eppure la reazione del mercato azionario tedesco è stata contenuta: il DAX ha ceduto appena l’1,5% dopo la bocciatura di Merz in Bundestag (euronews.com), interrompendo solo temporaneamente un rally di nove sedute consecutive. Già nei giorni precedenti, la Borsa di Francoforte era salita nonostante l’instabilità, forse scontando anticipatamente una soluzione politica.

In Francia, abbiamo assistito a massicce proteste sociali e addirittura alla caduta di un governo, senza però scalfire la fiducia dei mercati. Quando a fine 2024 il governo del premier (ad interim) Michel Barnier è stato sfiduciato dall’Assemblée Nationale, la reazione della Borsa di Parigi è stata tiepidissima: nessun panico tra gli investitori. Anzi, il giorno seguente il CAC 40 era in rialzo di un +0,65% in mattinata, proseguendo il trend positivo del giorno prima. In pratica, la Paris Bourse ha ignorato la crisi di governo, che pure ha segnato un fatto politico clamoroso (Barnier è divenuto il premier più breve della storia repubblicana francese). I rendimenti dei titoli di Stato francesi sono rimasti stabili attorno al 2,9%, segno che anche il mercato obbligazionario non ha percepito rischi sistemici immediati. Solo all’inizio di quella settimana si era visto un lieve aumento dello spread francese – con il decennale di Parigi salito eccezionalmente sopra a quello greco – segnale di una breve preoccupazione poi rientrata.

Anche in Italia i mercati appaiono assuefatti alle tensioni politiche. Storicamente gli scossoni a Palazzo Chigi causavano fughe degli investitori e aumenti dello spread BTP-Bund. Negli ultimi due anni, invece, complici le reti di sicurezza europee, persino i timori di instabilità governativa o di scontri con Bruxelles non hanno impedito a Piazza Affari di salire. Ad esempio, durante il 2023-2024 il governo Meloni – pur alle prese con difficili equilibri di bilancio e rapporti tesi con l’UE – ha beneficiato di una relativa stabilità percepita dai mercati: il differenziale di rendimento con la Germania è rimasto contenuto attorno ai 150 punti base, e l’FTSE MIB ha guadagnato terreno raggiungendo livelli pre-crisi finanziaria.

In Spagna, infine, dopo le elezioni sospese del 2023 e la lunga trattativa per formare un esecutivo di coalizione, la borsa di Madrid non solo non ha sofferto, ma ha sovraperformato molte altre: a fine 2023 l’IBEX risultava il miglior indice europeo dell’anno (+10% circa) (finimize.com). Questo nonostante la “fragile” maggioranza parlamentare di Sánchez sostenuta anche da partiti indipendentisti – uno scenario che in passato avrebbe allarmato i mercati (politico.eu). Oggi invece gli investitori paiono dare per scontato che qualunque crisi interna verrà gestita senza scossoni macro: un atteggiamento di sang-froid che alimenta il distacco tra finanza e politica.

Il ruolo dell’industria bellica e delle banche

Cosa alimenta allora il rally delle borse europee? Gli analisti indicano alcuni settori chiave come motori della crescita azionaria recente: in primis l’industria bellica (difesa e aerospazio), le banche e in parte il comparto energia. Le tensioni geopolitiche degli ultimi anni – dalla guerra in Ucraina al riaccendersi della competizione tra blocchi – hanno spinto i governi ad aumentare drasticamente le spese militari. Questo si è tradotto in ricchi contratti per i colossi della difesa e in un boom dei loro titoli in borsa. Parallelamente, la stretta monetaria della Banca Centrale Europea (alzando i tassi d’interesse fino al 4% nel 2023) ha gonfiato i margini di profitto delle banche, che guadagnano di più su prestiti e depositi. Inoltre la crisi energetica seguita al conflitto russo-ucraino, con prezzi di gas e petrolio alle stelle nel 2022, ha beneficiato le aziende del settore energia tradizionale, mentre i piani di transizione ecologica e i fondi del Next Generation EU hanno sostenuto molte società energetiche europee (rinnovabili, utilities). L’effetto combinato è stato quello di sostenere gli utili aziendali in questi comparti, rendendo le loro azioni molto appetibili.

Di seguito alcuni esempi emblematici di società e settori con performance straordinarie nel 2023-2025:

  • Rheinmetall (Germania, difesa): +117% circa la crescita del titolo nel 2024, grazie all’aumento degli ordini di mezzi militari e munizioni per l’esercito tedesco ed eserciti NATO.

  • BAE Systems (Regno Unito, difesa): +15% in un solo giorno (3 marzo 2025) dopo l’annuncio di nuovi impegni di spesa militare europea; la notizia ha spinto tutto il settore e portato l’indice FTSE 100 di Londra a un nuovo record storico.

  • Thales (Francia, difesa): +16% in un giorno (marzo 2025), sulla scia delle stesse aspettative di aumenti di budget militari in Europa. Analogo balzo per Leonardo (Italia, difesa) +16% in giornata (theguardian.com).

  • Deutsche Bank (Germania, banca): +26% il titolo nel 2024 (euronews.com). Tutto il settore bancario europeo ha beneficiato dei tassi più alti: i profitti delle banche dell’Eurozona nel 2023 sono esplosi (+70% per le banche italiane secondo FABI) grazie a margini d’interesse in forte aumento (positivemoney.org). Ad esempio, UniCredit ha registrato il miglior utile degli ultimi 10 anni e ha distribuito dividendi record. In Spagna, Sabadell e CaixaBank hanno visto i loro titoli salire del +67% e +47% rispettivamente nel 2023 (finimize.com), trainando l’IBEX 35.

  • Siemens Energy (Germania, energia/industria): +328% la quotazione nel 2024 (euronews.com). La società, attiva nelle turbine eoliche e infrastrutture energetiche, ha rimbalzato dopo una crisi iniziale grazie a piani di salvataggio e all’attenzione verso le energie rinnovabili.

  • TotalEnergies, Repsol, Eni (oil & gas): dopo i super-profitti del 2022 sull’onda dei prezzi energetici, hanno mantenuto elevati utili anche nel 2023, permettendo remunerazioni azionarie generose (buyback, dividendi) che hanno sostenuto i loro corsi azionari.

Non sorprende quindi che gli indici europei più esposti a questi settori abbiano ottenuto i risultati migliori. Il DAX tedesco, ad esempio, ha una forte componente industriale, tecnologica e finanziaria: oltre alla già citata Rheinmetall, tra i top performer del 2024 figurano SAP (+65% grazie al boom dell’intelligenza artificiale) e il gigante energetico Siemens Energy (+328%). Il DAX ha guadagnato quasi il +20% nel 2024, risultando il listino migliore d’Europa (euronews.com). Anche l’IBEX spagnolo ha beneficiato della sovraesposizione al settore bancario (Sabadell, Caixa e Santander in forte crescita) e al recupero economico domestico: a metà 2024 l’IBEX era in testa ai mercati UE (finimize.com). Viceversa, il CAC 40 francese, ricco di titoli del lusso e dell’auto, ha sofferto di più – complici le proteste interne e un rallentamento della domanda cinese – chiudendo il 2024 in leggero calo. Ma nel complesso, gli indici europei hanno retto bene: l’Euro STOXX 50 (che raggruppa 50 blue-chip dell’Eurozona) a inizio 2025 navigava sui massimi dal 2000, segno di un’ampia ripresa di fiducia. Dietro questa euforia, tuttavia, vi è un altro fattore decisivo: le aspettative sulle mosse delle banche centrali.

Cambio di rotta economico e riarmo

Il 2024-2025 segna infatti un cambio di rotta epocale nelle politiche economiche europee, in particolare in Germania e negli altri Paesi tradizionalmente rigoristi. Dopo un decennio di austerità fiscale (seguito alla crisi del debito 2010-2015), l’Europa sta ora allentando i vincoli di bilancio per favorire crescita, investimenti e spesa militare. Si può dire che la doppia crisi Covid e Ucraina abbia capovolto l’ortodossia precedente: deficit pubblici e debiti sono tornati ad aumentare senza scatenare immediate sanzioni o panico finanziario, grazie anche all’ombrello protettivo della BCE. (Fonte: Consiglio Europeo).

Emblematico è il caso della Germania, a lungo paladina del rigore. Nel 2022 Berlino aveva già sospeso il suo Schuldenbremse (il freno al debito in Costituzione) per finanziare un fondo straordinario da 100 miliardi destinato al riarmo dell’esercito. Ma nel 2025 è andata oltre: in una svolta storica, la nuova maggioranza di coalizione guidata (probabilmente) da Friedrich Merz ha approvato la riforma del freno del debito, permettendo di scorporare dal bilancio ordinario investimenti colossali in difesa, infrastrutture e transizione verde (politico.euneweconomics.org). Si parla di un piano da 500 miliardi di euro di investimenti infrastrutturali e addirittura di una “capacità di spesa illimitata” per la difesa nei prossimi anni.

È una vera inversione a U: lo stesso Merz e i conservatori, un tempo contrari a ogni allentamento, ora giustificano la necessità di spendere di più citando “instabilità geopolitica, crisi transatlantica e necessità di riarmo”. Di pari passo, in sede UE, la Germania guida (insieme a Francia e Italia) un fronte per rilassare le regole di bilancio comuni: al Consiglio Europeo di marzo 2025 Berlino ha chiesto formalmente di esentare le spese per la difesa dal calcolo del deficit ai fini del Patto di Stabilità, almeno fino all’1,5% del PIL per i prossimi quattro anni (politico.eu). È una proposta che fino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile per i tedeschi stessi, e che ora trova contrari solo i Paesi “frugali” del nord (Paesi Bassi, Svezia, Austria). Ma l’asse Germania-Francia-Italia, tradizionalmente a divergere su austerità, questa volta è compatto nel chiedere più margine fiscale.

Questa svolta si inserisce in una tendenza più ampia: l’Europa rearma e spende per rispondere a un mondo più insicuro. Secondo i dati SIPRI, nel 2024 la spesa militare complessiva dei Paesi europei NATO è cresciuta di oltre il 30%, arrivando a 326 miliardi di euro – un balzo senza precedenti in tempo di pace. Diciotto membri dell’Alleanza hanno raggiunto l’obiettivo del 2% del PIL in spesa militare (record assoluto), con la Germania che, dopo anni di inadempienza, si avvia a superare essa stessa la soglia del 2%. Berlino nel 2024 ha aumentato il budget della difesa del +28%, portandolo a 88,5 miliardi di dollari, il più alto in Europa dal 1990politico.eupolitico.eu. La Polonia, timorosa della minaccia russa, ha fatto ancora di più con un +31% annuo e una spesa pari al 4,2% del PIL (politico.eu).

Sono cifre che indicano un cambio di paradigma: dal “fare di più con meno” dell’era austerity al “fare molto di più, debito permettendo” dell’era attuale. Non solo difesa: molti governi stanno varando incentivi massicci per la transizione energetica, piani industriali per riportare produzioni strategiche in patria (dai microchip alle batterie) e investimenti pubblici in infrastrutture digitali e trasporti. Ad esempio, la Francia ha lanciato un piano da 100 miliardi per la riconversione ecologica e industriale, finanziato in deficit. L’Italia ha difeso e integrato il suo ambizioso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), rallentandone l’attuazione ma cercando maggiore flessibilità UE per utilizzare i fondi.

In sintesi, l’Europa sta allentando i cordoni della borsa. La Commissione Europea stessa, nelle proposte di riforma del Patto di Stabilità discusse nel 2023-24, ha indicato la volontà di spostare l’attenzione dal rispetto rigido di soglie (3% deficit, 60% debito/PIL) a percorsi di aggiustamento più graduali e su misura per Paese, con margini per investimenti prioritari. Non a caso, diversi Paesi (Francia, Italia, Belgio) nel 2024 hanno sforato il 3% senza sanzioni, entrando sì in Procedura per Disavanzo Eccessivo ma confidando in tempi lunghi per aggiustare i conti (think.ing.com).

Questo nuovo clima fiscale ha due effetti: da un lato stimola l’economia (più domanda pubblica, più investimenti, dunque potenziale crescita); dall’altro lato tranquillizza i mercati finanziari circa il fatto che i governi non adotteranno misure draconiane di austerità nel breve termine. Per le imprese quotate significa prospettive di maggiori commesse pubbliche e un contesto domestico più favorevole alla crescita. Non stupisce quindi che le borse “festeggino” queste politiche espansive: come nota un’analisi, la riforma del freno al debito tedesco e l’annuncio di spese extra hanno fatto schizzare la borsa di Francoforte su nuovi massimi, segno di ottimismo degli investitori su una spinta alla crescita che si attendeva da tempo (neweconomics.org).

Ma qui è doverosa una precisazione: la narrazione diffusa è che l’Europa si riarmi perché “il mondo è più insicuro”. In realtà, questa insicurezza è il prodotto diretto della fallimentare gestione politica europea. L’attuale classe dirigente non ha saputo conservare la pace in Europa, scegliendo la via dello scontro con la Russia e contribuendo all’escalation bellica. Oggi, i paesi si riarmano per porre rimedio ai propri errori, e lo fanno nel peggiore dei modi. In questo contesto, l’insistenza sul riarmo è più una autoassoluzione strategica che una reale necessità.

Una crescita trainata dall’insicurezza?

In definitiva, le borse europee celebrano una fase espansiva basata su debito, riarmo e instabilità. Gli investitori stanno dunque premiando queste prospettive espansive e militarizzate, euforici all’idea di economie stimolate dalla spesa pubblica e aziende pronte a beneficiarne. Tuttavia, numerosi economisti e osservatori indipendenti invitano alla cautela, evidenziando i rischi di fondo di questa dinamica. Uno dei rischi principali è un possibile disequilibrio economico nel medio termine: se è vero che più spesa pubblica e investimenti possono sostenere la crescita, è altrettanto vero che aumentare massicciamente il debito in tempi già difficili può esporre le economie a future turbolenze finanziarie. Paesi come l’Italia o la Francia, con debiti molto elevati, potrebbero trovarsi in difficoltà quando i tassi d’interesse non scenderanno tanto rapidamente quanto sperato.

Va ricordato che nel 2023-24 la BCE ha alzato i tassi per combattere l’inflazione, e solo nel 2025 si prevedono graduali tagli (euronews.com): una discesa troppo lenta dei tassi potrebbe mantenere alti gli oneri sul debito pubblico, rendendo il nuovo corso espansivo meno sostenibile. Inoltre, parte del rally azionario europeo è dovuto all’aspettativa di futuri tagli dei tassi da parte della BCE: se tali tagli del costo del denaro dovessero deludere (ad esempio per un’inflazione che resta “appiccicosa”), i mercati potrebbero correggere bruscamente. Già a metà 2024 abbiamo visto quanto fossero volatili gli umori: sull’onda della cosiddetta “rate-cut mania” (euforia da possibili tagli BCE), il CAC 40 francese era salito del +20% in pochi mesi, per poi subire un brusco -9% quando gli investitori hanno preso atto di rischi politici (timori di vittorie populiste) e di politiche monetarie meno espansive del previsto (wolfstreet.com). Segno che le correzioni di mercato sono sempre possibili quando la realtà contraddice le aspettative ottimistiche.

Un altro rischio risiede nella struttura della crescita che si sta delineando. La spinta alla ri-militarizzazione e gli incentivi all’industria bellica sono senza dubbio redditizi per alcuni grandi gruppi, ma non garantiscono un beneficio diffuso a tutta l’economia o alla società. Economisti di istituti indipendenti avvertono che un aumento della spesa per la difesa produce effetti moltiplicativi sul PIL più deboli rispetto, ad esempio, a investimenti in scuola, sanità o energie rinnovabili. Uno studio di ING Economics nota che per quanto l’incremento di investimenti militari rappresenti un “momento spartiacque” per l’Europa, esso non produrrà “miracoli economici” – l’impatto sul PIL sarà moderato e graduale nei prossimi anni (think.ing.com). Inoltre, quella spesa cade in un momento in cui molti Paesi hanno deficit pubblici già fuori linea: Francia, Belgio, Italia faticano a rientrare sotto il 3%. In questo senso, finanziare il riarmo aggraverà i saldi di bilancio, costringendo magari in futuro a scelte difficili (tagli ad altre voci o nuove tasse). “È paradossale, ma l’aumento delle spese militari arriva nel momento meno opportuno per i conti pubblici”, osservano gli economisti di ING, aggiungendo che molti Paesi ad alto deficit già faticano a centrare il vecchio obiettivo del 2% del PIL in spesa militare – figuriamoci elevarlo ulteriormente.

Rischi per la stabilità sociale e democratica

Ci sono poi rischi per la stabilità sociale e democratica. L’idea di mercati finanziari in festa mentre larga parte della popolazione è schiacciata dal carovita e dall’incertezza può accentuare fratture nella società. Durante la lunga fase di inflazione 2022-2023, milioni di cittadini europei hanno visto i loro salari reali erosi (in quasi tutti i Paesi UE i salari non hanno tenuto il passo dei prezzi) (investigate-europe.eu), aumentando malcontento e disagio. Il costo della vita è diventato il tema numero uno per gli elettori, su cui soffiano movimenti populisti di destra e sinistra. La rabbia sociale è tangibile: dalle proteste francesi contro la riforma delle pensioni ai scioperi in Germania per il caro-energia, fino alle tensioni in Italia per il caro-mutui.

In questo contesto, vedere le borse sui massimi e leggere di profitti record per banche e aziende energetiche può alimentare la percezione di un sistema ingiusto. Un rapporto di Positive Money Europe sottolinea come le banche stiano incamerando “utili straordinari” grazie ai rialzi dei tassi BCE, mentre “il resto di noi non ne sente affatto i benefici” (positivemoney.org). Anzi, le stesse politiche (tassi alti) che fanno gioire gli azionisti bancari stanno “aggravando la crisi del costo della vita […] e milioni di persone faticano a pagare bollette e mutui”. Questa disconnessione può tradursi in ulteriore sfiducia nelle istituzioni democratiche e nelle élite tecnocratiche, già accusate di favorire gli interessi di pochi (finanza, grandi imprese) a scapito dei molti.

Diversi commentatori mettono in guardia: se gli Stati investono miliardi nel riarmo ma non affrontano adeguatamente le “angosce inascoltate” dei cittadini – come il potere d’acquisto calante, la precarietà del lavoro, le disuguaglianze crescenti – il risultato potrebbe essere un terreno fertile per estremismi e tensioni sociali.

Momento storico fortemente contraddittorio…

L’Europa sta vivendo un momento economicamente (e politicamente) contraddittorio. Da un lato, i mercati azionari celebrano una nuova era di espansione fiscale e di spese per la sicurezza, mostrando un’inedita immunità verso le crisi politiche. Dall’altro, questa euforia finanziaria convive con economie reali poco dinamiche e società attraversate da ansie e proteste. Gli investitori, nel breve termine, premiano la prospettiva di Stati più “grandi spenditori” – sia per stimoli che per difesa – convinti che ciò sosterrà utili aziendali e crescita. Come ha commentato un gestore, “l’Europa potrebbe vivere un nuovo boom grazie alla fine delle vecchie regole di bilancio”. Ma voci indipendenti e analisti avveduti invitano a guardare oltre l’entusiasmo del momento: le regole fiscali saranno sì riviste, ma il problema di fondo di equilibrare sviluppo economico e sostenibilità finanziaria rimane. Se l’Europa “militarizzata” del 2025 regalerà stabilità e prosperità diffuse oppure nuove tensioni e squilibri, dipenderà da come verrà gestita questa delicata transizione. Come sempre, la politica dovrà cercare di non lasciare indietro la popolazione nell’inseguire gli umori dei mercati. In gioco non ci sono solo gli indici di borsa, ma la tenuta economica, democratica e sociale del progetto europeo (neweconomics.org).

In conclusione: L’idea che le borse riflettano la salute di un’economia è oggi più che mai discutibile: il rally dei mercati europei appare come un indicatore non di benessere, ma di una direzione politica pericolosa. Il rischio è che si consolidi un sistema dove la crescita finanziaria dipende da conflitti permanenti e da uno stato di emergenza strutturale. In tal senso, i listini in ascesa non sono un segnale di vitalità, ma un campanello d’allarme per la democrazia e la pace in Europa.

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Fonti: dati macroeconomici da Eurostat, BCE e istituti statistici nazionali; dati di mercato da borse europee (Deutsche Börse, Euronext, Borsa Italiana, BME), agenzie di stampa e report finanziari. Analisi e commenti da Euronews, Reuters, ING Think, Guardian, Politico, New Economics Foundation e altre fonti indipendenti citate nel testo.