Nuovi documenti sulla breccia di porta Pia rivelati dall’archivio segreto di Stato Vaticano

Comandanti
Raffaele Cadorna Hermann Kanzler
Effettivi
65.000 uomini 13.624 uomini
(8.300 pontifici e 5.324 volontari)
Perdite
49 morti
141 feriti
19 morti
68 feriti

 

E il Papa si accollò le colpe del generale  (tutto l’articolo è disponibile sull’Osservatore Romano del 16 sett 2010)

Il brano che segue (Archivio Segreto Vaticano, Carte Soderini-Clementi, b. 11, cap. lxxxiv, pp. 3-27) è tratto da un’opera inedita di don Giuseppe Clementi (1865-1944) e del conte Edoardo Soderini (1853-1934), Pio IX e il Risorgimento italiano, frutto di un lungo lavoro e di un altrettanto lungo braccio di ferro giudiziario fra i due autori, che causò l’arresto della pubblicazione nel 1927; i manoscritti e i dattiloscritti della corposa opera (ben 103 capitoli) furono acquistati dagli eredi di Soderini e di Clementi dalla Santa Sede nel 1955 e versati all’Archivio Segreto Vaticano (Sergio Pagano, La mancata pubblicazione dell’opera “Pio IX e il Risorgimento italiano” di Giuseppe Clementi ed Edoardo Soderini, in Dall’Archivio Segreto Vaticano. Miscellanea di testi, saggi e inventari, iv, Città del Vaticano, 2009, pp. 279-434).

I farraginosi e disordinati dattiloscritti, nonché la medesima redazione dell’opera in più riprese e in diversi schemi, l’hanno resa in pratica inconsultabile. A essa, tuttavia, attinse per il suo Pio ix Giacomo Martina, ma non per il capitolo sulla presa di Roma.

L’opera di Clementi e Soderini, pur presentandosi in uno stato ancora imperfetto per una degna pubblicazione, merita attenzione per la dovizia di fonti su Pio IX, la Roma papale e la politica europea cui fa ricorso; fonti edite e inedite, alcune anche manoscritte (i manoscritti Ubaldini, per esempio), giunte al vaglio del conte Soderini o di don Clementi.

È evidente che il ritratto storico del 20 settembre che pubblichiamo riflette l’ottica degli storici Clementi e Soderini, entrambi molto legati al papato e a Pio IX, quanto avversi ai “piemontesi”: il primo in maniera critica (i suoi giudizi sull’entourage di Papa Mastai e su alcuni atti dello stesso Pontefice sono taglienti), il secondo in maniera accomodante. Si avrà modo di osservare, tuttavia, la buona tenuta del racconto storico, comprovato dalle fonti che conosciamo, con talune divergenze o sfumature.

Per esempio, quanto alla tesi sostenuta da Clementi e Soderini sulla duplice versione della delicatissima lettera di Pio IX a Kanzler del 19 settembre 1870 sulla difesa di Roma (di cui l’Archivio Vaticano possiede la minuta e l’ultima redazione: Arch. part. Pio ix, Sovrani e particolari 1474), noteremo l’approssimazione della data, che i nostri autori ritengono sicura al 19 settembre, mentre la minuta ha la data del 14 settembre (corretta poi in 19); essi credono che le modifiche al testo siano avvenute quantomeno il 20 settembre, se non il 21, quando il testo doveva essere consegnato al gesuita Piccirillo per la pubblicazione su “La Civiltà Cattolica”, che infatti recepì la versione emendata.

È questa una delle due tesi sostenute da Rodolfo Kanzler, figlio del generale Hermann, il quale però, cadendo in contraddizione, com’è noto, disse pure che le modifiche alla lettera sarebbero state compiute il 19 settembre su pressione di Kanzler e di altri due generali pontifici. Certo è che con le modifiche alla sua lettera, compiute per giustificare in qualche maniera la troppo lunga resistenza di Kanzler alle truppe italiane, causa di oltre 60 morti dalle due parti, Pio IX salvò l’onore del generale pontificio (cui era veramente unito da affetto), ma finì per attirare sopra di sé la responsabilità (che invece cercò di evitare fino all’ultimo) dello spargimento di sangue (così pensa anche Martina).

Giova qui precisare ciò che lo storico gesuita afferma a proposito del manoscritto di Rodolfo Kanzler (209 pagine, senza frontespizio e titolo): il manoscritto sarebbe stato recuperato da monsignor Enrico Pucci su una bancarella romana, donato al conte Paolo Dalla Torre che lo avrebbe a sua volta donato all’Archivio Segreto Vaticano (e qui avrebbe assunto la segnatura Carte Kanzler a 41), dove però Giacomo Martina non riuscì a trovarlo e lo disse “irreperibile” (Martina, Pio IX, cit., p. 566).

In verità il manoscritto di Kanzler non pervenne mai in possesso dell’Archivio Segreto Vaticano; Martina confuse il dono di altre carte di Hermann Kanzler, effettivamente compiuto da Paolo Dalla Torre il 14 giugno 1946, ovvero una cartella di pelle contenente alcuni documenti del generale, oggi Carte Kanzler, b 16. (sergio pagano)

Nel pomeriggio del 19 (settembre 1870) il passaggio fu animatissimo su la strada di Porta Pia; né vi mancarono preti, frati, fin qualche vescovo: questa è stata sempre una delle passeggiate predilette dagli ecclesiastici. Qualche colpo di moschetto, sparato dagli avamposti a Villa Patrizi si faceva sentire, ma non impressionava; né maggior impressione producevano i rari colpi di cannone tirati dall’Aventino in direzione di Porta San Sebastiano. C’era da domandarsi se si era proprio alla vigilia di un bombardamento o non piuttosto di una festa.

Con siffatte manifestazioni dello spirito pubblico si poteva pensare sul serio a una lunga resistenza? C’era bene chi andava spargendo notizie che, se vere, l’avrebbero giustificata, anzi imposta: si sussurava che il Cadorna dovrebbe levar presto il campo per correre a rinnovare le gesta di Palermo a Firenze dove affermavano scoppiata una rivoluzione e proclamata la repubblica; girava anche un’altra fola: quarantamila austriaci sbarcati in Ancona si dirigevano su Roma per raffermare in soglio il Pontefice-re.

Pio IX nel pomeriggio, accompagnato dai camerieri segreti De Bisogno e Samminiatelli, si andò alla Scala Santa; sebbene grave di anni e d’incomodi, volle salirla ginocchioni, appoggiandosi al braccio di monsignor De Bisogno. Giunto alla cappella del sancta sanctorum pregò a voce alta e commossa. Uscito dal santuario, pregatone dallo Charette, benedì le truppe accampate sulla spianata della basilica (…). Mentre in carrozza se ne tornava in Vaticano, da vari gruppi di persone gli fu gridato: “Santità, non partite”. Si temeva che nella notte s’imbarcasse a Ripagrande per l’estero.

Rientrato nei suoi appartamenti, diresse al Kanzler l’ordine di cessare la resistenza non appena si fosse fatta rilevare la violenza, di cui andava a esser vittima. Il testo esatto della lettera è questo:

“Signor generale, Ora che si va a consumare un gran sacrilegio e la più enorme ingiustizia, e la truppa di un re cattolico senza provocazione, anzi senza nemmeno l’apparenza di qualunque motivo cinge di assedio la capitale dell’Orbe, sento in primo luogo bisogno di ringraziare lei, signor generale, e tutta la truppa nostra della generosa condotta finora tenuta, dell’affezione mostrata alla Santa Sede e delle volontà di consacrarsi interamente alla difesa di questa metropoli.

Siano queste parole un documento solenne che certifichi la disciplina, la lealtà, il valore della truppa al servigio di questa Santa Sede. In quanto poi alla durata della difesa, sono in dovere di ordinare che questa debba unicamente consistere in una protesta, atta a constatare la violenza e nulla più, cioè di aprire trattative per la resa ai primi colpi di cannone. In un momento in cui l’Europa intera deplora le vittime numerosissime, conseguenza di una guerra fra due grandi nazioni, non si dica mai che il Vicario di Gesù Cristo, quantunque ingiustamente assalito, abbia ad acconsentire a qualunque spargimento di sangue. La causa nostra è di Dio, e noi mettiamo tutta nelle sue mani la nostra difesa. Benedico di cuore lei signor generale e tutta la nostra truppa. Dal Vaticano, 19 settembre 1870. Pius pp. ix” (…)

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