Nei territori riconquistati dall’Ucraina molto ‘stivale’ e nessuna riconciliazione nazionale

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Il New York Times, citando fonti nel Pentagono, riferisce che l’intelligence Usa ha dato un contributo decisivo nella preparazione dell’offensiva ucraina su Kharkov.
Sembra che il contributo non sia stato solo di ‘intelligence’ ma anche fattivo. Nell’offensiva sembra fossero presenti contractors della azienda Academi (ex Blackwater). I residenti hanno riferito di aver incontrato unità che parlavano inglese e hanno notato mezzi corazzati con livrea non ucraina,

Il quadro è molto chiaro, qui ci sono 52 paesi tecnologicamente avanzati che hanno una capacità industriale significativa. Sul fronte opposto c’è un solo paese su cui concentrare gli sforzi bellici ed economici: la Russia.

È rilevante che i paesi occidentali non si sono fatti remore di sorta ad usare tattiche lecite e non lecite (secondo il diritto internazionale). Tra quest’ultime possono essere menzionate vere e proprie tattiche terroristiche come gli attacchi alla centrale nucleare di Zaporizhya o le numerose ‘false flag’ messe in atto (es Bucha) alle quali lo strumento mediatico ha dato il supporto indispensabile. Si tratta di tattiche spregiudicate che hanno contemplato anche campagne di uccisioni sistematiche di dissidenti, ivi compresi l’arresto di insegnanti nelle aree sotto occupazione russa (per parte della popolazione liberate), rei di aver accettato di insegnare agli studenti sui libri di testo russi.

Insomma, uno spettacolo nauseante, anche per chi sostiene l’Ucraina nel diritto di difendere il proprio territorio. La popolazione civile bisognerebbe salvaguardarla in ogni caso, senza pretendere da essa odio verso il nemico o attestazioni pubbliche di partigianeria che di fatto espone a possibili rappresaglie. Ovviamente, questa osservazione è valida sia da una parte che dall’altra, salvo che da parte dell’establishment ucraino, nella gestione del potere, si può oggettivamente notare una maggiore carica ideologica, esasperatamente nazionalistica.

La sorte della popolazione civile è la parte più drammatica di questo conflitto che, in effetti, ha alla sua base una guerra civile. Di fronte a questa evidenza che l’occidente non vuol riconoscere, è sconcertante che tutte le parti portino come motivazione della guerra la preservazione della popolazione civile.

In base alla visione del governo ucraino, non esisterebbe nessuna problematica se non l’ingerenza russa, quindi niente da far valere se non il verbo della difesa del territorio e della sua completa riconquista.

Così, mentre Zelensky si dice preoccupato e di operare per il suo popolo, la popolazione russofona residente nelle aree contese, viene massacrata da Kiev e vede costantemente peggiorare le proprie condizioni di vita.

Ma la cronaca dei fatti – se fosse riportata correttamente – presenterebbe una realtà in contrasto da lunga data con la narrativa costantemente propagata dai media mainstream.

Gli attacchi di artiglieria e ordigni di ogni genere su Donetsk – comprese le mine antiuomo in pieno centro -, hanno solo il significato di un odio verso la parte della popolazione ucraina di lingua russa che si vorrebbe assimilare o resettare. Quando questo non è possibile, Kiev considera mezzo lecito distruggerla o annichilirla.

Ovviamente, non è auspicabile una guerra totale per una delle tante mostruose ingiustizie che si consumano nel mondo con l’ipocrita avvallo dei potenti. Il mezzo più formidabile perché esse non si ripetino non è la guerra totale, ma l’inizio di una consapevolezza verso il reale che oggi è molto carente.

È da riiniziare dall’uomo. È quando il potere trova nelle coscienze terreno fertile da coltivare, le ingiustizie si propagano e diventano sistema.

VPNews

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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