Il Presidente Non Eletto: Neera Tanden, il cartello delle ONG e il conflitto di interessi che scuote l’America
Neera Tanden in un’audizione al Senato come candidata di Joe Biden a direttore dell’Office of Management and Budget, febbraio 2021 (AP Photo/Andrew Harnik) abc3340.com.
La rivelazione shock del 24 giugno 2025
Il 24 giugno 2025 è caduta la maschera. Neera Tanden – veterana operativa del Partito Democratico ed ex presidente del think tank progressista Center for American Progress (il CAP è stato fondato nel 2003 da John Podesta, ex capo dello staff della Casa Bianca sotto Bill Clinton e consigliere di Barack Obama e Joe Biden) – ha testimoniato a porte chiuse davanti al Congresso e ha fatto una rivelazione sconcertante. Tanden ha ammesso di aver gestito l’autopen presidenziale per Joe Biden durante la sua amministrazione . In pratica, dal 2021 al 2023, era autorizzata a usare un dispositivo meccanico per firmare documenti a nome del Presidente. Non si trattava di aiutare Biden a firmare – era lei a firmare di fatto ordini esecutivi, leggi e altri atti ufficiali col nome del Presidente quando Biden non li firmava di suo pugno. Tanden stessa ha confermato di aver “gestito il flusso dei documenti da e verso il presidente” in quel periodo, ruolo tipico del White House Staff Secretary che lei ricopriva.
Questa ammissione clamorosa implica che Joe Biden non esercitava pienamente i poteri della sua carica in quei frangenti critici. Un’inchiesta della Commissione di Vigilanza della Camera (House Oversight Committee) sta infatti indagando se lo staff di Biden abbia “deliberatamente aggirato il Presidente nell’emanazione di ordini importanti, nascondendo il suo declino mentale”. Neera Tanden era la mano che guidava la penna, mentre Biden – per ragioni ancora da chiarire, forse legate al suo stato cognitivo o per calcolo politico – rimaneva sullo sfondo come figura di facciata. Tanden, da funzionaria mai eletta né confermata dal Senato, stava esercitando poteri presidenziali de facto. E questo è solo metà dello scandalo.
Segui il denaro: dall’Ala Ovest all’impero delle ONG
Parallelamente al caso dell’autopen, emerge un secondo filone scandalo: la rivoluzione silenziosa nel flusso dei fondi federali orchestrata durante l’amministrazione Biden. Tradizionalmente, i fondi federali per programmi pubblici venivano trasferiti a stati e amministrazioni locali, permettendo ai rappresentanti eletti di gestirli secondo le esigenze locali. Ma sotto l’influenza di strateghe come Tanden e dei think tank progressisti come CAP , questo modello è stato smantellato. Al suo posto è sorta una massiccia rete di distribuzione attraverso ONG “amiche” dell’amministrazione.
In pratica, l’amministrazione Biden ha iniziato a convogliare miliardi di dollari dei contribuenti direttamente a organizzazioni non-profit selezionate – gruppi privati formalmente indipendenti ma politicamente allineati con l’agenda progressista di CAP e soci. I fondi destinati a settori cruciali (dalla casa, all’istruzione, alla sanità pubblica, fino alla gestione dei migranti e ai progetti climatici) venivano erogati non ai governatori o ai sindaci, bensì a una galassia di enti non governativi approvati dai vertici federali. Queste ONG sono divenute i nuovi custodi del denaro pubblico, decidendo come spenderlo in programmi locali.
Le conseguenze sono allarmanti: progetti gestiti con denaro pubblico ma senza alcuna responsabilità democratica diretta. Le ONG non rispondono agli elettori, rispondono ai burocrati federali che le finanziano, spesso gli stessi funzionari che hanno contribuito a crearle o rafforzarle. In alcuni casi, gli stati e le comunità locali “attenzionati” (ovvero strategici o politicamente ostili all’agenda federale) si sono visti commissariare di fatto da queste strutture parallele. Ad esempio, durante la crisi migratoria al confine, il governo ha dirottato miliardi di dollari verso ONG che fornivano accoglienza e servizi ai migranti, bypassando i governi dei confini: tra il 2019 e il 2022, tre grandi ONG attive nell’assistenza ai migranti hanno visto le loro entrate combinateschizzare da 597 milioni a 2 miliardi di dollari, alimentate dai fondi federali. E un rapporto dell’Ispettorato Generale del DHS ha rivelato di non poter rendicontare oltre metà dei fondi esaminati, data la mancanza di documentazione fornita da questi enti beneficiari. In altri casi, enormi stanziamenti per progetti “green” e di equità climatica sono stati affidati a un pugno di organizzazioni private appena costituite: per citarne uno, l’EPA sotto Biden ha assegnato 9 miliardi di dollari a una nuova coalizione non-profit (Power Forward Communities) creata pochi mesi prima, lasciandole ampia discrezionalità su come redistribuirli.
Questa ristrutturazione delle finanze pubbliche ha creato un sistema in cui le ONG fungono da braccio operativo del governo federale a livello locale, senza però i controlli e contrappesi riservati agli enti pubblici. Come sintetizzato icasticamente in un’audizione al Congresso, “non si capisce più dove finisce il governo e dove inizia l’ONG”: i non-profit di fatto servono come un braccio del governo (qualcuno li ha definiti il “quinto potere” dopo il quarto rappresentato dalla burocrazia permanente).
Un circuito chiuso di potere e denaro: il doppio ruolo di Tanden
Ecco dove il conflitto di interessi diventa innegabile ed esplosivo. Neera Tanden si trovava su entrambi i lati del tavolo di questo nuovo sistema.
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Da presidente del CAP, Tanden è stata tra gli architetti che hanno teorizzato e promosso la “esternalizzazione” dei fondi federali a favore di ONG allineate. Il CAP stesso, insieme a reti alleate (come quelle coordinate da gruppi tipo Arabella Advisors, la piattaforma di Indivisible o la Tides Foundation), ha spinto per canalizzare risorse federali su partner non governativi in nome dell’efficienza progressista. Tanden in passato non ha nascosto la sua filosofia: vantandosi dei risultati sotto Obama, ha dichiarato che il Presidente aveva adottato “la maggior parte di ciò che [noi del CAP] chiedevamo” governando a colpi di ordini esecutivi invece che tramite il Congresso. Questo approccio – governare tramite decreti dall’alto e finanziamenti diretti – è proseguito su ampia scala sotto Biden.
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Successivamente, alla Casa Bianca, Tanden ha ricoperto prima il ruolo di Staff Secretary (dal 2021) e poi di direttrice del Domestic Policy Council (dal 2023), ovvero la cabina di regia delle politiche interne. In queste posizioni, ha avuto potere esecutivo nell’implementare proprio quelle strategie di finanziamento: controllava il flusso dei provvedimenti verso la firma presidenziale e coordinava l’attuazione delle politiche interne, inclusa la distribuzione dei fondi nei programmi governativi. Di fatto, poteva decidere quali iniziative e quali enti non-profit avrebbero goduto dei finanziamenti federali, in linea con l’architettura disegnata dal CAP.
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Infine, come ora sappiamo, era lei che materialmente apponeva la firma del Presidente su quegli atti tramite l’autopen. Dunque Tanden scriveva le policy, firmava gli ordini esecutivi che le attivavano, e autorizzava i flussi di denaro verso reti di ONG da lei stessa coltivate. Il tutto mentre Biden figurava solo come nome sulla carta.
Non siamo davanti alla solita “porta girevole” governo-privati. Siamo di fronte a un circuito chiuso di potere e denaro senza precedenti nella politica americana moderna. Come lo ha definito un membro del Congresso, è il “ciclo della vita” dell’establishment democratico: un’amministrazione di sinistra crea un fondo per ONG amiche, le ONG ricevono sovvenzioni enormi, i dirigenti di quelle ONG (spesso ex funzionari pubblici) poi finanziano le campagne del Partito che li ha favoriti, e il ciclo ricomincia. In questo schema, gli interessi politici e finanziari si auto-alimentano: un’amministrazione può elargire miliardi ai propri alleati privati senza passare per il Congresso, e tali alleati usano quelle risorse per consolidare il potere di quella stessa fazione politica. È esattamente ciò che è successo: ad esempio, un fiduciario dell’amministrazione Biden, Jahi Wise, proveniente dal mondo delle ONG ambientaliste, ha ottenuto la gestione di un fondo verde da 27 miliardi e ha destinato 5 miliardi alla ONG da cui proveniva (Coalition for Green Capital), mentre quasi 2 miliardi sono finiti a un’organizzazione legata alla democratica Stacey Abrams che addirittura aveva appena 100 dollari in cassa prima di quel mega-finanziamento. È difficile immaginare un conflitto di interessi più lampante.
Biden figura di facciata, Tanden regista nell’ombra
Le rivelazioni del 24 giugno 2025 hanno confermato i sospetti di molti critici: il Presidente Joe Biden, soprattutto negli ultimi due anni del suo mandato, non deteneva di fatto le redini del potere esecutivo. Che ciò sia stato dovuto al declino cognitivo di Biden, a un calcolo politico del suo staff, o a un preciso disegno amministrativo, il risultato è inquietante: a governare dietro le quinte era Neera Tanden e, con lei, quella cerchia di consiglieri non eletti che condividevano la sua agenda.
Queste rivelazioni sollevano urgenti questioni costituzionali e democratiche:
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Chi ha autorizzato Tanden – una funzionaria non eletta – a firmare atti legalmente vincolanti al posto del Presidente degli Stati Uniti?
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Quanti provvedimenti (e quanti miliardi di dollari) sono stati approvati con la firma autografa meccanica invece che con la supervisione diretta del comandante in capo legittimamente eletto?
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Quali ONG e gruppi di interesse ne hanno beneficiato, e in che modo queste risorse pubbliche hanno influenzato il gioco politico (ad esempio finanziando campagne, mobilitazione di elettori o cause legali di parte)?
Le implicazioni sono profonde. La separazione dei poteri e il principio di responsabilità democratica ne escono gravemente deformati. Negli Stati Uniti, la firma del Presidente su una legge o un ordine esecutivo non è una formalità: è l’atto supremo di esercizio della sovranità popolare delegata. Scoprire che tale firma sia stata delegata ad altri in segreto, fosse pure attraverso uno strumento lecito come l’autopen, fa gridare al tradimento del mandato elettorale. Non a caso, la Commissione di Vigilanza della Camera, guidata dal repubblicano James Comer, vuole capire “chi davvero prendeva le decisioni nell’amministrazione Biden”. Perfino l’ipotesi di un emendamento costituzionale è stata ventilata in Congresso, per permettere la rimozione di un Presidente incapace per motivi di salute.
Da parte sua, Neera Tanden ha cercato di ridimensionare i fatti, dichiarando che Biden “era lui a comandare” e che l’uso dell’autopen era un sistema ereditato da precedenti amministrazioni. L’ex Presidente Biden stesso – ora fuori dalla Casa Bianca – si è affrettato a proclamare di essere stato “l’unico a prendere decisioni” durante il suo mandato, bollando le indagini come una distrazione politica. Ma queste smentite faticano a convincere, alla luce del quadro emerso. Troppi indizi convergono nel dipingere Biden come una figura di spicco (il frontman), mentre Tanden fungeva da esecutore materiale dell’azione di governo. In un paese come gli Stati Uniti, che si fonda sull’equilibrio dei poteri, una simile situazione è assimilabile a un “golpe silenzioso” istituzionale.
Il cartello nascosto dell’influenza: ONG e agenda globale
Chi immagina trame cospirative potrebbe ritenere esagerata questa lettura. Ma quanto emerso non è teoria del complotto – è una realtà documentata da inchieste giornalistiche e parlamentari. Esiste ormai riconosciuto quello che alcuni analisti chiamano un “cartello” di ONG e fondazioni che esercita un’influenza enorme sulla politica americana, al riparo dal processo elettorale. Neera Tanden è stata una protagonista centrale di questo network semi-occulto di potere.
Basti considerare alcuni elementi chiave della rete di ONG alimentata durante gli anni di Biden:
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Il Center for American Progress di Tanden, assieme a galassie come quelle gestite da Arabella Advisors, a organizzazioni come Indivisible (nata per mobilitare la “resistenza” anti-Trump) e a potentati filantropici come la Tides Foundation, ha coordinato una miriade di enti no-profit che hanno ricevuto contratti pubblici e sovvenzioni governative nell’era Biden. In un’audizione al Congresso è stato rivelato che oltre 35.000 ONG ricevono la maggior parte dei loro fondi direttamente dal governo, spesso per portare avanti le priorità politiche della sinistra (dalla green economy alle politiche migratorie permissive). Queste organizzazioni, con nomi spesso innocui, operano come propaggini private dell’amministrazione, influenzando politiche nazionali e locali senza apparire sotto i riflettori.
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Flussi di denaro senza trasparenza: molte di queste ONG oggi dispongono di centinaia di milioni (se non miliardi) di dollari di fondi pubblici non spesi o amministrati in modo opaco, sfuggendo al controllo pubblico a livello locale. È il caso, ad esempio, del Greenhouse Gas Reduction Fund (istituito con 27 miliardi di dollari dall’Inflation Reduction Act nel 2023): ben 20 miliardi sono stati assegnati in fretta e furia a soli 8 enti non-profit ambientalisti subito dopo le elezioni del 2024, prima che la nuova amministrazione entrasse in carica. Secondo un’indagine indipendente, questi soldi hanno “rivitalizzato” più i bilanci delle ONG che le comunità in difficoltà, ed è partita un’indagine del Dipartimento di Giustizia in merito. In generale, la mancanza di supervisione è stata una caratteristica sistemica: nuovi enti spuntati dal nulla hanno ottenuto finanziamenti enormi senza precedenti controlli, e come detto gli ispettori federali faticano a seguire la traccia di come questi soldi vengano impiegati.
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Attivismo politico e “lawfare”: le stesse reti beneficiarie di fondi pubblici risultano spesso coinvolte in attività politiche di parte. Numerose ONG finanziate dallo Stato hanno lanciato campagne contro le politiche conservatrici o cause legali per bloccare provvedimenti sgraditi. Uno studio ha contato almeno 15 ONG foraggiate dal governo Biden che nel 2025 hanno fatto causa all’amministrazione subentrante (quella Trump) per impedirle di tagliare i loro fondi o rovesciare le politiche precedenti. Un esempio citato è il Solidarity Center, un gruppo legato ai sindacati, che riceve il 99% dei suoi introiti dai contribuenti americani e ha visto piovere 61 milioni federali sotto Biden – con tre suoi dipendenti piazzati nel Dipartimento del Lavoro di Biden. Un altro caso è la Vera Institute of Justice, ONG ultra-progressista sostenuta da George Soros, che nel 2023 ha avuto ben il 79% (207 milioni) del suo budget finanziato dal governo mentre spingeva agende radicali come l’abolizione delle prigioni private e la difesa legale degli immigrati illegali. In pratica, i contribuenti finanziano, spesso inconsapevolmente, organizzazioni che portano avanti battaglie politiche allineate a un solo schieramento.
E la donna che contribuì a creare questa rete? Era lei a firmare silenziosamente gli assegni. Tanden, tornando al CAP nel febbraio 2025 dopo aver lasciato la Casa Bianca, si è ritrovata nuovamente a capo di quell’“hub centrale della resistenza” progressista che è il suo think tank. In altre parole, ha riassunto la guida di una coalizione di ONG da lei in gran parte plasmata, proprio mentre veniva smascherato come quelle stesse ONG erano state ingrassate con fondi pubblici durante il periodo in cui lei (con la penna presidenziale in mano) ne facilitava i finanziamenti. Il cerchio si chiude in modo quasi perfetto, delineando un sistema parallelo di potere radicato e duraturo.
Un colpo di stato silenzioso (e la reazione americana)
Neera Tanden non è mai stata eletta da nessuno. Non ha mai ricevuto la conferma del Senato per incarichi di primo piano (la sua nomina a direttrice dell’OMB fallì nel 2021 per mancanza di consensi, considerati i suoi trascorsi e posizioni troppo divisive). Anzi, le sue idee e il suo stile erano giudicati così controversi che alcuni senatori del suo stesso partito la osteggiavano. Eppure, per quasi due anni, questa figura ha concentrato nelle proprie mani un potere enorme e occulto, arrivando a:
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Emanare decreti e firmare leggi al posto del Presidente degli Stati Uniti;
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Decidere l’allocazione di miliardi di dollari pubblici verso soggetti privati non eletti;
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Favorire reti di organizzazioni partigiane che hanno influenzato attivamente il dibattito pubblico e le elezioni, tutto ciò finanziato dai contribuenti.
Si tratta, senza retorica, di un golpe silenzioso: un trasferimento di potere dalle istituzioni democratiche elette (Presidente, Congressi statali, consigli comunali) a una infrastruttura parallela composta da funzionari non eletti e organizzazioni semi-private. Un colpo di stato post-moderno, potremmo dire, avvenuto senza carri armati nelle strade ma con memo, firme automatizzate e bonifici alle ONG.
La buona notizia, per chi ha a cuore la democrazia, è che gli Stati Uniti stanno reagendo. Le audizioni al Congresso, le inchieste giornalistiche indipendenti e l’azione di contropoteri istituzionali mostrano che c’è ancora un vigoroso sistema immunitario repubblicano (nell’accezione di Repubblica) disposto a fare luce e a correggere il corso. Come ha affermato il deputato Comer, “il popolo americano vuole sapere” la verità, e la nuova amministrazione sta iniziando a svelare e smantellare questi schemi di spesa occulta e clientelare. Figure come il nuovo amministratore dell’EPA Lee Zeldin denunciano apertamente i “favoritismi verso gli amici radical chic” del precedente governo e promettono di ripristinare trasparenza e accountability. Si parla di chiudere i rubinetti a questi “slush fund” (fondi neri legalizzati) e di riportare i soldi pubblici sotto il controllo degli organi elettivi.
Questa vicenda segnala anche una dinamica interessante: gli Stati Uniti, pur con tutti i loro difetti, sono al momento l’unico Paese occidentale in cui ampie fette della cittadinanza e delle istituzioni stanno opponendo resistenza al progetto globalista di concentrare potere decisionale in entità non elette. Paradossalmente, ciò avviene in una nazione che da sempre si considera “destinata” a guidare il mondo libero – un popolo con un forte senso di missione quasi messianica nel promuovere la propria visione di libertà. Proprio questa convinzione nel proprio primato democratico rende intollerabile, per molti americani, l’idea di cedere sovranità a tecnocrati e ONG non responsabili verso il popolo. Ecco perché, mentre in altre democrazie occidentali questi processi vengono spesso ignorati o accettati passivamente, negli USA stanno emergendo con scandalo e producendo una reazione vigorosa.
In definitiva, la saga di Neera Tanden e del “Presidente non eletto” è un campanello d’allarme. Dimostra quanto sottili siano i fili che legano la democrazia alla tecnocrazia, e come possano essere mossi nell’ombra. La speranza è che la trasparenza e la mobilitazione civile riescano a ristabilire l’ordine costituzionale, facendo sì che mai più la penna della firma presidenziale finisca in mani non autorizzate dal voto popolare. La posta in gioco non è solo scoprire chi ha davvero governato negli ultimi anni, ma assicurarsi che in futuro governi solo chi ha ricevuto il mandato per farlo.
E in Italia, chi comanda veramente?
Fonti
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Fox News – Who is Neera Tanden? The controversial Dem operative who testified on Biden’s mental acuity (24 giugno 2025) (foxnews.com).
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ABC 33/40 (The National Desk) – Neera Tanden defends use of presidential autopen, denies covering up Biden’s health (25 giugno 2025) (abc3340.comabc3340.com).
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House Committee on Oversight – Hearing Wrap Up: Taxpayer-Funded NGO Slush Funds Advancing Radical Agendas Must Be Shut Down (28 giugno 2025) (oversight.house.gov).
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House Committee on Homeland Security – Probe into 200+ NGOs Over Their Use of Taxpayer Dollars During the Biden-Harris Border Crisis (11 giugno 2025) (homeland.house.gov).
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The Free Press (Madeleine Rowley) – A $20 Billion Slush Fund—Paid by You to Progressive Nonprofits (4 marzo 2025) (thefp.com).
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InfluenceWatch – Neera Tanden (profilo biografico) (influencewatch.org).