La NATO si prepara alla guerra — Mark Rutte, il nuovo volto della minaccia permanente
Il nuovo segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha recentemente dichiarato che l’Alleanza Atlantica deve prepararsi concretamente a un conflitto armato con la Russia, indicando persino una data ipotetica per un possibile attacco da parte di Mosca: il 2032. Una data apparentemente casuale, che però serve a costruire una narrazione di guerra imminente e ineluttabile, dove l’unica risposta possibile sembra essere la militarizzazione totale.
Come già fatto dal suo predecessore Jens Stoltenberg, anche Rutte insiste sulla “minaccia russa a lungo termine”, che secondo lui non si dissolverà nemmeno con un eventuale accordo di pace in Ucraina. Questa retorica — costruita sulla previsione di un pericolo permanente — giustifica ulteriori investimenti militari, esercitazioni congiunte e una progressiva normalizzazione dell’idea di guerra.
Tuttavia, i fatti raccontano una storia diversa. Negli ultimi anni, è stata la NATO a espandere le proprie infrastrutture militari sempre più a ridosso dei confini della Federazione Russa, non il contrario. Nel dicembre 2021, Mosca propose due condizioni per evitare un’escalation:
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Il non ingresso dell’Ucraina nella NATO;
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Il ritiro delle basi NATO dalle aree limitrofe al territorio russo.
Entrambe le richieste furono respinte, portando alla famigerata “operazione militare speciale” russa del febbraio 2022. Di fronte a questa dinamica, oggi risulta sempre più difficile sostenere che la guerra sia stata un’aggressione improvvisa e immotivata.
In questo contesto, le parole di Donald Trump, attuale presidente americano, risuonano con forza:
“Sotto la mia amministrazione questa escalation non sarebbe mai accaduta.”
Ma perchè? Perchè Trump riconosce le ragioni russe, compreso l’espanzione della NATO e la richesta dell’Ucraina di entrare nella NATO, una delle questioni alla base del conflitto.
Il non riconoscimento di queste evidenze, riflette la crescente frattura tra la narrativa ufficiale e la realtà geopolitica.
Ma recentemente è emersa un’altra notizia esplosiva:
Boris Johnson smentisce Zelensky – La pace fu sabotata dall’interno, non da Putin
COSA E’ SUCCESSO PRECISAMENTE?
Mentre la NATO pianifica una guerra futura, la verità sul fallimento della pace nel passato comincia ad emergere. In un’intervista recentemente riportata nel programma Jimmy Dore Show, l’ex premier britannico Boris Johnson ha fatto una clamorosa ammissione:
“Non fu Putin a sabotare l’accordo di pace del 2019. Furono i nazionalisti ucraini a impedire qualsiasi compromesso.”
Cosa ha detto Boris Johnson
Nell’intervista, Johnson racconta che Zelensky tentò realmente un accordo di pace nel 2019, includendo lo scambio di prigionieri e altre concessioni. Tuttavia, fu ostacolato dai cosiddetti “nazionalisti ucraini”, tra cui spicca il Battaglione Azov, noto per le sue posizioni neonaziste.
Secondo Johnson:
“Zelensky non è un uomo irragionevole. Ma il problema era che i nazionalisti non potevano accettare compromessi.”
Chi è il Battaglione Azov?
Il Battaglione Azov è un’unità militare ucraina nata nel 2014 e integrata nella Guardia Nazionale, ma fin dalla sua nascita è stato associato a simboli e ideologie neonaziste. Nel 2018, il Congresso USA vietò ogni supporto militare al gruppo, riconoscendone la natura estremista. Eppure, con l’inizio della guerra nel 2022, Azov è stato riabilitato e armato direttamente dall’Occidente, diventando parte attiva della resistenza ucraina.
Johnson stesso, nonostante conoscesse il ruolo di Azov nel sabotaggio della pace, li ha successivamente accolti con onori a Londra, elogiandoli pubblicamente:
“Grazie agli eroi della Azov Brigade. Date loro le armi. Anche per usarle fuori dai confini.”
Johnson che li elogia pubblicamente
Nonostante fosse consapevole del loro ruolo nel far naufragare il dialogo diplomatico, Boris Johnson ha incontrato e lodato pubblicamente i membri del Battaglione Azov a Londra, affermando:
“Grazie agli eroi della Azov Brigade. Diamo loro ciò di cui hanno bisogno. Armi, autorizzazioni, anche per colpire fuori confine.”
Un gesto emblematico dell’ipocrisia della leadership occidentale, che da un lato proclama di difendere la democrazia, ma dall’altro sostiene gruppi estremisti che si oppongono attivamente alla pace.
Le minacce a Zelensky
Il video riporta anche che, quando Zelensky tentò di implementare il piano di pace, manifestazioni armate e minacce di morte da parte dei nazionalisti si fecero sentire.
“Dissero che se non fermava il Donbass, lo avrebbero impiccato.” — Jimmy Dore
La pace sabotata per scelta
L’ammissione di Johnson conferma che la guerra avrebbe potuto essere evitata. Zelensky, inizialmente eletto con una piattaforma pacifista, fu costretto ad arrendersi a forze radicali interne — forze che l’Occidente ha poi armato e celebrato. Questo porta a una conclusione inquietante:
“È stata una guerra per procura. L’Occidente ha sabotato la pace per armare i suoi alleati estremisti.” — Jimmy Dore
Un Filo Rosso: Guerra per Prolungamento, Non per Necessità
Il racconto che emerge da queste due realtà — la postura militare della NATO e la confessione di Boris Johnson — è coerente con una strategia più ampia: non evitare la guerra, ma garantirne la prosecuzione. I tentativi di mediazione sono stati deliberatamente sabotati, non solo dai nazionalisti ucraini, ma anche dai loro sostenitori esterni.
Come evidenziato da Jimmy Dore nel video:
“Troviamo dei fanatici terroristici, li armiamo fino ai denti, li lasciamo distruggere tutto e poi diciamo che non hanno saputo fare i piegamenti. È quello che abbiamo fatto anche in Afghanistan.”
In altre parole, l’Occidente arma e sfrutta forze estremiste per destabilizzare regioni strategiche, abbattere governi non allineati e poi dichiararsi vittima quando il caos scatenato si ritorce contro l’ordine globale.