Moneta fiscale e sovranità: la proposta di Conditi e il muro di Bruxelles

Fabio Conditi, noto studioso e divulgatore di tematiche monetarie, torna a denunciare – con l’efficacia pedagogica che lo contraddistingue – l’anomalia strutturale del nostro sistema economico: tutta la moneta in circolazione nasce come debito gravato da interessi. Un meccanismo in apparenza tecnico, ma che genera una catena sistemica di schiavitù economica, trasformando gli Stati moderni – e le persone – in soggetti dipendenti dal credito bancario e dal controllo monetario centralizzato.

Conditi, attraverso la celebre metafora dell’“isola dei naufraghi”, illustra come anche una società inizialmente autosufficiente possa essere intrappolata da una semplice regola contabile: se tutta la moneta viene prestata con interesse, prima o poi mancheranno sempre i soldi per restituire il debito. È una trappola matematica, non ideologica.

Il credito d’imposta cedibile: una via d’uscita possibile

La proposta di Conditi si muove su basi concrete e già sperimentate: l’utilizzo del credito d’imposta cedibile come moneta fiscale alternativa alla moneta-debito. Un’idea già vista all’opera – con risultati economici tangibili – durante il periodo del Superbonus edilizio, quando i crediti fiscali hanno immesso nel sistema produttivo risorse reali, generando lavoro, investimenti e liquidità senza emettere nuovo debito pubblico.

Il modello proposto da Conditi, denominato SIRE, prevede che lo Stato emetta strumenti fiscali utilizzabili come sconto futuro sulle tasse, liberamente cedibili tra soggetti privati. In pratica, una moneta parallela e legale, costituzionalmente legittima, capace di:

  • rilanciare la domanda interna;

  • finanziare opere pubbliche e investimenti;

  • ridurre e non aumentare il debito pubblico;

  • e farlo senza provocare inflazione, perché ancorata a valore reale e a capacità produttiva esistente.

Ma l’establishment europeo accetterebbe mai una simile innovazione?

Qui nasce il vero problema. Il progetto è economicamente solido, giuridicamente possibile, socialmente utile. Ma politicamente inaccettabile per l’establishment eurocentrico.

Conditi, nella sua esposizione, dà per scontata una buona fede delle istituzioni, come se bastasse presentare una soluzione corretta perché questa venga accolta e adottata. Ma questa è, purtroppo, una visione ingenua del potere.

La realtà è che da anni esperti come Conditi propongono riforme monetarie sensate e applicabili, e da anni queste vengono ignorate, osteggiate o derise. Non per mancanza di comprensione, ma per precisa volontà politica.

Una crisi è preferibile alla sovranità

La verità è che le istituzioni europee non vogliono cambiare questo sistema. L’impianto dell’euro, l’architettura della BCE, le regole di Maastricht e del Patto di Stabilità non sono stati progettati per aiutare i popoli, ma per limitare la sovranità degli Stati e garantire la predominanza di un sistema di controllo fondato sul debito.

Nel momento in cui un Paese come l’Italia trovasse una strada legale per riacquistare parte della propria sovranità monetaria, diventerebbe un pericoloso precedente. Dimostrerebbe che esiste una via alternativa all’austerità, al ricatto dei mercati, alla dipendenza dalle politiche della BCE. E questo, per chi governa l’Unione, è inaccettabile.

Meglio una crisi economica permanente. Meglio la stagnazione. Meglio perfino una guerra o uno stato di emergenza continuo. Tutto è preferibile al ritorno di uno Stato che usa la leva fiscale per rendere sé stesso più libero e il suo popolo più prospero.

Perché l’establishment europeo non lo prenderà in considerazione

Ancora più chiaramente: Il problema non è la fattibilità tecnica della proposta, che è ineccepibile, bensì la volontà politica, ovvero l’interesse di chi controlla l’attuale assetto economico-finanziario. L’establishment europeo – e in particolare l’architettura di potere che ruota attorno alla BCE, alla Commissione e agli organismi finanziari sovranazionali – non è costruito per favorire l’autonomia economica degli Stati, ma per:

  • contenere la spesa pubblica,

  • disciplinare la politica economica dei Paesi membri,

  • e mantenere il primato della moneta unica come strumento di controllo politico.

In altre parole, l’Italia deve “stare al suo posto”: uno Stato senza piena sovranità monetaria, con margini di manovra limitati, e costretto a dipendere dal “credito” della BCE e dei mercati internazionali.


La repressione delle alternative: moneta fiscale e controllo

Di conseguenza si capisce perchè soluzioni come quelle di Conditi non solo non vengono adottate, ma spesso vengono demonizzate o presentate come eresie economiche.

E’ perchè loro provvidenziale adozione permetterebbe:

  • Aprire a forme di moneta parallela, anche legali e interne, significherebbe rimettere in discussione il dogma eurocentrico.

  • Il potenziale successo di uno strumento come il credito d’imposta cedibile sarebbe la dimostrazione pratica che esiste una via alternativa all’austerità.

  • Questo creerebbe un precedente pericoloso per l’oligarchia europea: se l’Italia rilancia l’economia senza nuovo debito, anche altri Stati potrebbero chiedere lo stesso.

Ecco perché, per l’establishment, è preferibile una crisi economica permanente, una guerra, o perfino una “catastrofe controllata”, piuttosto che rimettere in discussione il modello basato sul debito e sulla dipendenza monetaria.

L’Italia deve “stare al suo posto”

E così, anche la proposta di Conditi verrà probabilmente ignorata, se non bollata come sovversiva. Non perché non funzioni. Ma perché funzionerebbe troppo bene.

Un’Italia che si dota di strumenti alternativi al debito non è più un’Italia “malleabile”, pronta a chiedere aiuti, a sottostare a vincoli, a svendere infrastrutture o fare concessioni geopolitiche in cambio di flessibilità fiscale. Sarebbe un Paese più libero, quindi meno controllabile.

E questo – nel disegno europeo attuale – non è permesso.

E’ questa l’Unione Europea? Sì.

Non si tratta di ignoranza o incompetenza delle Istituzioni (sarebbe veramente paradossale!), ma di scelta deliberata. L’euro non è solo una valuta: è uno strumento di potere. E il credito d’imposta cedibile – sebbene legale e costituzionale – è percepito come un atto sovversivo, perché minaccia quell’equilibrio asimmetrico che tiene gli Stati sotto ricatto costante.

Perciò – come già ho detto – (ma torno a ripeterlo): sì, Fabio Conditi ha ragione. Ma ha torto su una cosa: pensare che le élite siano in buona fede o disposte ad ascoltare soluzioni vere.


Ottime idee ma fastidiose per Bruxelles

In definitiva, il problema non è Fabio Conditi, né le sue idee. Il problema è che la verità economica non interessa più, se mette in discussione i pilastri del potere. L’euro è ormai molto più che una moneta: è una gabbia dorata dentro cui i popoli devono restare, costi quel che costi.

Ogni proposta come quella di Fabio Conditi è, in fondo, un seme gettato nella storia. Oggi può sembrare cadere nel vuoto, ma prima o poi qualcuno lo raccoglierà.
Perché il cambiamento non nasce solo da leggi e riforme, ma da una nuova consapevolezza che si fa strada tra le persone. E in questo senso, le “lezioni” di Conditi sono preziose e necessarie: vanno viste, riviste, meditate.

Perché aprono la mente, risvegliano la coscienza e ci ricordano una verità troppo a lungo dimenticata:
solo un popolo consapevole può aspirare a essere davvero libero.

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Nota a Margine:

Quindi perché non è in uso oggi?

Fabio Conditi nel video in sostanza da ragione alla mia valutazione , infatti sostiene che:

  • La politica è a conoscenza della proposta (libri consegnati a Draghi, Giorgetti, Meloni, Borghi, Bagnai ecc.).

  • Ma nessuno ha il coraggio politico di applicarla, per timore di rompere gli equilibri con le élite finanziarie.

  • Esisterebbero resistenze interne e ideologiche, soprattutto perché lo strumento è stato promosso dal M5S e quindi mal visto da altri partiti.


Comunque , anche se il SIRE non è ancora stato adottato ufficialmente, è un progetto potenzialmente realizzabile e giuridicamente compatibile con l’ordinamento attuale. Conditi e il suo gruppo continuano a promuoverlo come soluzione concreta per:

  • azzerare il debito pubblico,

  • rilanciare l’economia,

  • e restituire sovranità monetaria allo Stato.

Su tutto resta valido quanto ho già affermato. È evidente che, se manca il coraggio politico di opporsi a manovre manipolative clamorose – come lo è stata la gestione della pandemia da Covid-19, o oggi la narrazione bellicista – e si arriva persino a concepire, in modo delirante, la guerra come mezzo per rilanciare l’economia, allora non c’è più spazio per la ragionevolezza né per il bene del nostro Paese. A questo punto, la responsabilità passa a noi: alla nostra consapevolezza, e alla nostra libertà.