Moldavia – L’arresto politico di Eugenia Guțul, leader gagauza: dissenso politico o minaccia alla sicurezza?

La pericolosa deriva autoritaria in Moldavia: quando “sicurezza nazionale” significa repressione del dissenso

L’arresto di Eugenia Guțul, governatrice democraticamente eletta della regione autonoma moldava della Gagauzia, rappresenta un inquietante esempio della deriva autoritaria che si sta diffondendo in Europa orientale, spesso con il tacito consenso o addirittura l’incoraggiamento dell’Unione Europea. Fermata all’aeroporto di Chișinău con l’accusa di finanziamenti illeciti e attività “destabilizzanti”, Guțul appare più come vittima di una persecuzione politica che di una reale indagine giudiziaria.

Chi è Eugenia Guțul?

Guțul, avvocato di formazione, ha dedicato la sua carriera politica alla difesa dell’identità culturale e all’autonomia politica della minoranza gagauza, una comunità con tradizioni e lingua proprie all’interno della Moldavia. Eletta nel 2023 con largo consenso popolare, Guțul ha sempre sostenuto un approccio aperto nelle relazioni internazionali, ribadendo la necessità di un dialogo multilaterale indipendente da imposizioni esterne. In un suo celebre discorso, affermò chiaramente: “La nostra forza risiede nella nostra identità e nella capacità di dialogare con tutti, senza pregiudizi o imposizioni esterne.”

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La strumentalizzazione della “sicurezza nazionale”

L’arresto di Guțul non è un episodio isolato. Rientra in una pericolosa tendenza europea in cui l’accusa generica di “filo-russismo” viene sfruttata per criminalizzare e marginalizzare le opposizioni politiche. Come già ammoniva George Orwell, “Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuole sentire.” Eppure, in Moldavia e altrove, questo diritto è oggi minacciato dalla retorica della “sicurezza nazionale”.

Le responsabilità della UE e le controversie elettorali

L’Unione Europea non solo sembra ignorare tali episodi di repressione politica, ma talvolta li favorisce indirettamente, sostenendo finanziariamente e politicamente governi allineati ai suoi interessi. È il caso delle recenti elezioni presidenziali moldave del 2024, in cui l’UE ha apertamente sostenuto la presidente uscente Maia Sandu con un finanziamento record di 1,8 miliardi di euro, sotto forma di ‘apcchetto europeo’ per sostenere il  percorso europeo della Moldavia (e la rielezione di Sandu) alias “riforme pre adesesione”.

Particolarmente controversa è stata la gestione dei seggi elettorali all’estero: la Commissione Elettorale Centrale moldava ha deciso di aprire solo due seggi elettorali in Russia (Mosca), nonostante una diaspora moldava stimata in circa 500.000 persone. Per questi due seggi sono state fornite appena 10.000 schede elettorali, mentre in Italia, con una diaspora moldava molto inferiore (circa 150.000-200.000 persone), i seggi aperti sono stati ben 60. Situazioni simili si sono verificate anche in Francia e Romania, confermando la natura politicamente pilotata delle elezioni moldave.

Una deriva autoritaria europea?

Queste azioni non sono esclusive della Moldavia. In Germania, il partito di opposizione AfD subisce da tempo pressioni e forme di sorveglianza discutibili, mentre in Romania diverse candidature scomode sono state sistematicamente ostacolate. Tali dinamiche rispecchiano quanto predetto da Aldous Huxley: “La dittatura perfetta avrà l’aspetto di una democrazia.”

Ignorare il caso di Eugenia Guțul significa consentire che simili pratiche diventino norma in tutta Europa. Hannah Arendt ricordava: “Il più grande pericolo per la libertà è l’indifferenza verso chi viene privato della sua.”

E’ evidente che ormai l’Europa sta diventando solo uno slogan per coprire pratiche autoritarie. La vera democrazia si fonda sulla libertà di dissentire, non sulla repressione e criminalizzazione delle opinioni divergenti. Il caso moldavo è emblematico: oggi tocca a Eugenia Guțul, domani potrebbe riguardare chiunque osi opporsi al pensiero unico promosso dalle istituzioni europee.

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Appendice – Note a margine:

La creatività europea per favorire la candidata “giusta”

I numeri e il contesto

Durante le elezioni presidenziali moldave del 2024, accompagnate dal referendum sull’adesione all’UE, la Commissione Elettorale Centrale (CEC) moldava ha preso una decisione controversa: aprire solamente due seggi elettorali in Russia, entrambi situati a Mosca. Questo, nonostante la diaspora moldava in Russia conti centinaia di migliaia di persone (circa 500.000 cittadini secondo alcune stime).

Per dare una prospettiva più ampia, in Italia, dove risiedono circa 150.000-200.000 moldavi, sono stati istituiti ben 60 seggi. Una proporzione analoga è stata osservata in altri paesi europei, come Francia e Romania, con un numero significativo di seggi. Al contrario, i due seggi in Russia hanno ricevuto appena 10.000 schede elettorali totali, una cifra estremamente ridotta rispetto al bacino potenziale degli elettori.

Le conseguenze pratiche

Con un numero così limitato di seggi e schede disponibili, la diaspora moldava in Russia è stata di fatto ostacolata nell’esercizio del diritto di voto, dovendo affrontare lunghe code e spostamenti onerosi. Nonostante ciò, nel primo turno del 20 ottobre, circa 8.000 voti sono stati espressi nei seggi russi, evidenziando un chiaro sostegno per il candidato filo-russo Stoianoglo e un netto rifiuto al referendum sull’adesione all’UE.

Al ballottaggio del 3 novembre, il fenomeno si è ripetuto: Stoianoglo ha ricevuto una schiacciante maggioranza dei voti espressi in Russia. Tuttavia, il numero complessivo è rimasto molto al di sotto del potenziale rappresentato dalla diaspora presente in Russia.

Le critiche e le accuse

Il Partito dei Socialisti (PSRM), sostenitore di Stoianoglo, e il Cremlino hanno criticato duramente la scelta delle autorità moldave, denunciandola come una manovra deliberata volta a penalizzare la diaspora russa, tradizionalmente favorevole ai candidati filo-russi. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha definito le elezioni “né democratiche né giuste”, accusando il governo moldavo di aver privato i suoi cittadini del diritto di voto.

Dal canto suo, il governo guidato dalla presidente Maia Sandu ha giustificato questa scelta citando ragioni di sicurezza e difficoltà logistiche, accentuate dalle tensioni diplomatiche con Mosca.

Dato rilevante

È un fatto oggettivo, non una speculazione, che l’apertura di soli due seggi in Russia abbia significativamente limitato l’accesso al voto per una diaspora numericamente e politicamente rilevante. Questa limitazione ha ridotto concretamente il peso politico della comunità moldava residente in Russia, storicamente contraria all’agenda filo-europeista della presidente Sandu.

Il ruolo decisivo della diaspora europea

La vittoria finale della presidente Sandu al ballottaggio (55,33%) è stata determinata dal massiccio sostegno della diaspora moldava residente in Europa, che ha espresso oltre 327.000 voti, con circa l’82% a suo favore. Questo dato ha permesso a Sandu di compensare la sconfitta nei voti interni, dove il 51% degli elettori residenti in Moldavia aveva scelto Stoianoglo.

Un’analisi equilibrata

Affermare che le limitazioni imposte in Russia siano semplici “speculazioni” non rende giustizia alla complessità e alla gravità della situazione. Si tratta invece di un ostacolo tangibile e concreto che ha alimentato accuse di parzialità e manipolazione politica da parte dell’opposizione.

In conclusione, l’apertura limitata dei seggi in Russia è stata certamente un fattore reale e determinante per molti elettori moldavi residenti in quel paese. Tuttavia, è altrettanto chiaro che l’esito finale delle elezioni sia stato fortemente influenzato dal voto della diaspora europea, più che dalle restrizioni imposte alla diaspora russa.

Ma non è questo il punto. In tutto questo va inserito l’arresto della Gutul, ove viene confermata la legittima la preoccupazione di fondo: quando le istituzioni europee intervengono con tale intensità nel processo elettorale di uno Stato sovrano, tramite pressioni politiche, mediatiche ed economiche, l’iter democratico risulta indebolito e lontano da un modello ideale.

Un quadro più ampio

Giorgia, Romania, Moldavia, Serbia… Sono davvero solo coincidenze, o assistiamo ad una precisa strategia europea nei confronti di Paesi considerati fondamentali per l’equilibrio geopolitico nel continente?