Migranti, Di Maio: basta ipocrisie, Francia continua a impoverire l’Africa

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Di Maio ad Avezzano: “Senza il franco coloniale la Francia sarebbe al 15° posto nella classifica dei paesi ricchi nel mondo”

Sui morti in mare vedo “basta ipocrisie, dobbiamo parlare della cause e non degli effetti”. Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio intervenendo a una manifestazione del M5s ad Avezzano. Di Maio ha espresso il suo “cordoglio alle vittime” dell’ultima strage nel mare Mediterraneo, ma “ci sono paesi, come la Francia che in Africa continua ad avere delle colonie di fatto, con la moneta, che è il franco, che continua a imporre nelle sue ex colonie” soldi “che usa per finanziare il suo debito pubblico e che indeboliscono le economie di quei paesi da dove, poi, partono i migranti”. “Il posto degli africani è l’Africa, non il fondo del mare”, conclude Di Maio.

A seguito di queste parole del vice Premier DiMaio , la Francia ha protestato ed ha convocato l’ambasciatrice italiana a Parigi. Di Maio intervistato oggi non ha ritrattato ma ha ribadito che è tutto vero. Infatti lo è: è noto come la Francia facciala cresta sugli africani nelle ex colonie. In rete se ne discute da tempo: sul canale ByoBlu (Claudio Messora) la denuncia di MohamedKonaré, attivista panafricanista (vedi qui)
Quello della Francia è un metodo ‘facile facile ‘ per conservare la grandeur sulle spalle degli africani, conservando il colonialismo in maniera non velata ma con la complicità di tutti… finora.

Vediamo di che si tratta nelle parole di Mariamawit Tadesse,  sull’articolo datato 10 agosto 2018 pubblicato in  Economic Questions:

THE CFA FRANC ZONES: NEOCOLONIALISM AND DEPENDENCY

di Mariamawit Tadesse, 10 agosto 2018

La geopolitica francese in Africa è determinata dalle risorse naturali. Inizialmente l’area del franco era stata impostata come un sistema monetario coloniale, attraverso l’emissione di valuta nelle colonie, per evitare alla Francia di dover spostare materialmente denaro contante. Ma anche dopo l’indipendenza di questi paesi, il sistema monetario ha continuato a funzionare fino ad includere altri due stati che non erano ex colonie francesi. Al momento, le due aree del franco CFA comprendono 14 stati. Il fatto che ancora oggi la moneta di queste regioni sia ancorata all’euro (ex franco francese) e che le riserve siano depositate in Francia mostra il sottile neocolonialismo che la Francia sta perseguendo, senza alcun controllo. È un’unione monetaria di cui la Francia è il fulcro e su cui ha potere di veto. In questo è supportata dalle élite governative africane, che si affidano al sostegno economico, politico, tecnico e talvolta militare fornito dalla Francia. Non c’è da meravigliarsi quindi che queste ex colonie non abbiano sviluppato il loro pieno potenziale, dal momento che hanno barattato lo sviluppo consentito dalla sovranità con la dipendenza dalla Francia. Questo articolo indaga l’istituzione delle aree del franco CFA, i suoi legami con il neocolonialismo francese e la sua capacità di accrescere ulteriormente la dipendenza delle ex colonie dell’Africa occidentale e centrale.

Le aree del franco CFA

La prima area del franco fu istituita nel 1939 come area monetaria con il franco francese come valuta principale. Nel 1945 furono creati il ​​franco delle colonie francesi d’Africa (franco CFA) e il franco delle colonie francesi del Pacifico (franco CFP). Dopo l’indipendenza, Marocco, Tunisia, Algeria e Guinea abbandonarono il sistema. La Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (CEMAC) e l’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) sono le due aree del franco CFA. L’UEMOA comprende otto stati: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau (ex colonia portoghese entrata nel 1997), Mali, Niger, Senegal e Togo. La loro moneta comune è il “Franco della Comunità Finanziaria dell’Africa” ​​(franco CFA), emesso dalla Banca Centrale degli Stati dell’Africa Occidentale (BCEAO) con sede a Dakar, in Senegal. Il CEMAC comprende sei stati: Camerun, Repubblica centrafricana, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea equatoriale (ex colonia spagnola entrata nel 1985) e Gabon. La loro moneta comune è il “Franco della Cooperazione Finanziaria dell’Africa” ​​(franco CFA), emesso dalla Banca Centrale degli Stati dell’Africa Centrale (BEAC) con sede a Yaounde, Cameroon. Si noti che fino alla fine degli anni ’70 sia la BCEAO che la BEAC avevano sede a Parigi.

Nel 1948 il cambio dei due franchi CFA fu fissato a 50 franchi CFA per franco francese. Nel 1994 i franchi CFA hanno subito una svalutazione, per l’esattezza del 50 per cento. Al momento il sistema istituito dalla Francia con le due aree comprende un cambio fisso rispetto all’euro, una garanzia di convertibilità da parte del Tesoro francese e infine un insieme di requisiti legali, istituzionali e politici. La zona franco CFA collega tre valute: le due aree e l’euro. Il franco CFA è fissato a 655,957 per 1 euro. UEMOA e CEMAC hanno ciascuna le proprie banche centrali, indipendenti l’una dall’altra. I franchi CFA possono essere convertiti in euro, ma non possono essere convertiti direttamente l’uno con l’altro. Il denaro viene inviato in Francia come conto operativo presso il Tesoro francese dalle due banche centrali. Inoltre, “almeno il 20 per cento delle passività a vista di ciascuna banca centrale deve essere coperto da riserve valutarie, almeno il 50 per cento delle riserve in valuta estera deve essere depositato nel conto operativo e si applicano sanzioni in caso di insolvenza. La Francia è anche rappresentata nel consiglio di entrambe le istituzioni.” In “Colonial Hangover: the Case of the CFA”, Pierre Canac e Rogelio Garcia-Contreras spiegano:

Il funzionamento dei conti operativi è fondamentale per mantenere la convertibilità dei franchi CFA al tasso di cambio ufficiale, mentre, allo stesso tempo, consente alle banche centrali regionali di mantenere una certa autonomia monetaria. I conti operativi sono accreditati con le riserve estere di BCEAO e BEAC, ma possono essere in passivo quando la bilancia dei pagamenti dei membri della zona CFA è negativa. In questi casi il Tesoro francese presta riserve estere alle due banche centrali. Questa speciale relazione con il Tesoro francese consente alle due banche centrali africane di mantenere la fissità del tasso di cambio pur consentendo loro di avere un controllo limitato sulla loro politica monetaria. L’ammontare del prestito concesso è illimitato, sebbene soggetto a diversi vincoli al fine di limitare l’espansione del debito. In primo luogo, le banche centrali ricevono interessi sul loro credito nel conto operativo, ma devono pagare un tasso di interesse progressivamente crescente sul loro debito nel conto. In secondo luogo, le riserve estere diverse dai franchi francesi o dagli euro potrebbero dover essere restituite – una pratica chiamata “ratissage”, o ulteriori riserve potrebbero dover essere prese in prestito dal FMI. In terzo luogo,il Tesoro francese nomina i membri dei consigli di amministrazione di BCEAO e BEAC per influenzare le rispettive politiche monetarie e assicurare la loro coerenza con la parità fissa. L’autonomia delle due banche centrali africane è dunque limitata dalle autorità francesi, prolungando così il rapporto coloniale tra la Francia e le sue ex colonie“.

A quanto pare, delegati francesi ricoprono posizioni importanti negli uffici di presidenza, nel ministero della Difesa, alla Banca centrale, al Tesoro, negli uffici della Contabilità e del bilancio e al ministero delle Finanze, il che consente loro di supervisionare e influenzare le decisioni politiche. Uno studioso francese ha osservato che in media i diversi ministri degli stati africani francofoni totalizzano in un anno duemila soggiorni a Parigi. Adom dimostra che il denaro custodito presso il tesoro francese frutta un interesse nullo o molto basso per le nazioni dell’area del franco. Nel 2007 l’ex presidente senegales Abdoulaye Wade aveva affermato che questi fondi avrebbero potuto essere utilizzati per stimolare gli investimenti, la crescita economica e alleviare la povertà nei paesi membri se non fossero bloccati in Francia.

Dopo la svalutazione del 1994 il cambio dei due franchi CFA fu fissato al nuovo tasso di 100 franchi CFA per franco francese. La causa di questa svalutazione è stata attribuita alla bassa competitività, in quanto il franco francese si era apprezzato rispetto alla valuta dei suoi principali partner commerciali. La competitività di queste zone si riferiva al mercato francese, ma non ai mercati mondiali. Negli anni ’80 c’era stato un calo del prezzo delle materie prime e una svalutazione del dollaro. Questo di conseguenza ebbe un impatto sulla crescita e sulle esportazioni di queste nazioni. I governi di queste aree si trovarono a fronteggiare disavanzi di bilancio, che finanziarono con prestiti richiesti all’estero fino a quando il FMI li sospese, nel 1993. Gli scambi tra le due unioni non sono significativi, a causa di un dazio esterno. I flussi di capitale tra le due aree sono fortemente limitati. La prospettiva che un’unione monetaria aumentasse gli scambi tra le aree del franco CFA non si è mai materializzata.

La Francia e il neocolonialismo

Come afferma Kwame Nkrumah: “...gli imperialisti… sostengono di voler “concedere” l’indipendenza alle ex-colonie, ma solo per farla seguire dai cosiddetti “aiuti” per lo sviluppo. Sotto la copertura di queste parole, tuttavia, escogitano innumerevoli modi per raggiungere gli stessi obiettivi precedentemente raggiunti dal colonialismo esplicito. L’insieme di questi moderni tentativi di perpetuare il colonialismo sotto la retorica della “libertà” è diventato noto come neocolonialismo“.

In “Government accounting reform in an ex-French African colony: The political economy of neocolonialism”, P.J.C. Lassou e T. Hopper affermano che “Il colonialismo non cessa con la dichiarazione di indipendenza politica o con l’ammainare l’ultima bandiera europea. La decolonizzazione è solo di formale facciata se alle ex colonie viene impedito di acquisire la base socio-economica e le istituzioni politiche per gestirsi come paesi sovrani indipendenti. La moderna manifestazione dei tratti coloniali e imperialisti è comunemente denominata neocolonialismo, ed è a volte associato al concetto di “dipendenza”. Il neocolonialismo si manifesta quando l’ex potere coloniale controlla ancora le istituzioni politiche ed economiche delle ex colonie“.

[su_highlight background=”#fffccf”]La Francia sta realizzando il ​​neocolonialismo, camuffando questo meccanismo come unione monetaria. Queste nazioni hanno abdicato alla loro sovranità in favore della Francia. Il neocolonialismo è un ostacolo allo sviluppo per le nazioni africane. L’intervento della Francia si è manifestato in termini economici, politici e militari. Gli “Accordi di cooperazione” furono firmati da leader africani che salirono al potere con l’aiuto della Francia al momento dell’indipendenza. D’altra parte, gli “Accordi speciali di difesa” fornivano alla Francia il potere di intervenire militarmente per proteggere i leader africani che tutelavano gli interessi della Francia. Infine, gli accordi economici impongono alle ex colonie di esportare in Francia materie prime come petrolio, uranio, fosfato, cacao, caffè, gomma, cotone ecc…, mentre importano beni e servizi industriali dalla Francia. Inoltre, queste nazioni sono tenute a ridurre o cessare le loro esportazioni di materie prime quando la difesa dell’interesse francese lo richiede.[/su_highlight]

Lassou e Hopper sottolineano che la parte di amministrazione economica è una parte trascurata delle politiche di sviluppo, specialmente nell’Africa francofona. Aggiungono inoltre che “Riforme basate sul mercato quando applicate nel Sud in generale e in Africa specificamente… promuovono il neocolonialismo, consentendo alle ex potenze coloniali di mantenere il controllo sulle istituzioni politiche ed economiche delle ex colonie a vantaggio delle multinazionali e del commercio con cui i paesi “del Sud” esportano materie prime a buon mercato verso i paesi “del Nord” e a loro volta importano beni e servizi ad alto valore aggiunto“.

Secondo l’Indice di sviluppo umano, su 187 paesi gli ultimi tre e sette dei peggiori dieci paesi si trovano nell’Africa francofona. L’approccio neocolonialista francese è estremamente sottile e paternalistico. L’ex presidente francese, Jacques Chirac, ha dichiarato: “Ci dimentichiamo di una cosa: cioè, gran parte del denaro che è nel nostro portafoglio [cioè dei francesi] proviene proprio dallo sfruttamento dell’Africa [per lo più dell’Africa francofona] per secoli”. Nel 2008 ha proseguito, “Senza l’Africa la Francia scivolerebbe al rango di una potenza del [terzo] mondo“.

Teoria della dipendenza nell’Africa francofona

L’Africa, l’Asia e l’America Latina hanno perseguito uno sviluppo sostenibile dopo aver ottenuto l’indipendenza. Tuttavia alcuni paesi sono riusciti a sviluppare efficacemente le loro economie. Negli anni Cinquanta Raul Prebisch e altri economisti elaborarono la teoria della dipendenza, che spiega perché “la crescita economica nei paesi avanzati industrializzati non ha necessariamente portato alla crescita nei paesi più poveri“. Prebisch riteneva che ciò fosse perché i paesi poveri (paesi periferici) esportano materie prime verso i paesi sviluppati (nazioni centrali) e importano i prodotti finiti. Esiste anche una relazione dinamica tra stati dominanti e dipendenti. Andre Gunder Frank teorizzò che il sistema capitalista mondiale fosse diviso in due sfere concentriche: centro e periferia. I paesi del centro avanzato hanno bisogno di materie prime a basso costo provenienti dalla periferia sottosviluppata e di un mercato di sbocco per i loro prodotti finiti.

[su_highlight background=”#fffccf”]Sono passati decenni da quando i paesi africani hanno ottenuto l’indipendenza. Tuttavia, questa indipendenza è stata sostituita da una relazione di dipendenza dai paesi dominanti, nota come post-colonialismo. Si ha dipendenza dai paesi dominanti “quando un paese è in grado di partecipare in modo definitivo o determinante al processo decisionale di un altro paese mentre il secondo paese non è in grado di avere la stessa influenza nel processo decisionale del primo paese“. Le politiche estere e interne delle nazioni africane indipendenti continuano ad essere influenzate da potenze esterne, in particolare i loro ex colonizzatori. La relazione post-coloniale nel caso delle ex colonie francesi è data dal ruolo dominante della Francia. Il colonialismo francese è stato un colonialismo di stato. Era un governo diretto, in cui i capi locali assistevano gli amministratori francesi, il che portò alla nascita di élite locali che furono educate nel sistema francese. Le ex colonie furono indottrinate con la cultura, la lingua e la legge francesi. All’epoca dell’indipendenza, le colonie subsahariane si decolonizzarono in modo non violento, mentre le ex colonie britanniche ottennero la loro indipendenza attraverso la guerra, un modo violento che allentò le relazioni con la Gran Bretagna. Poiché la libertà dalla Francia è stata raggiunta attraverso la non violenza, fu naturale per le élite locali prendere il potere e mantenere i loro forti legami con la Francia. Attraverso l’area del franco CFA, la Francia è in grado di controllare l’offerta di moneta, la regolamentazione monetaria e finanziaria, le attività bancarie, l’allocazione del credito e le politiche economiche e di bilancio di queste nazioni. Inoltre genera corruzione e diversione illegale di aiuti pubblici tra la Francia e le sue ex colonie. Ad esempio, gli aiuti pubblici francesi condizionali hanno costretto questi Stati africani a spendere gli “aiuti” in attrezzature, beni o contratti con imprese francesi, in particolare imprese di costruzione e di lavori pubblici.[/su_highlight]

S.K.B. Asante sottolinea che gli approcci di integrazione regionale non eliminano il neocolonialismo né la dipendenza dal continente africano. Afferma che “nessuno dei piani regionali permette di attaccare adeguatamente la questione onnicomprensiva della riduzione della dipendenza, né gli sforzi compiuti verso questo obiettivo hanno avuto un impatto significativo… il problema della dipendenza pone difficoltà ai paesi africani che tentano una strategia di integrazione regionale. La dipendenza funge da ostacolo allo sviluppo oltre a limitare gli effetti benefici dell’integrazione nell’economia nazionale e regionale“.

Performance economica delle aree del franco CFA

La Francia è il principale partner commerciale delle aree del franco CFA. Le aree del franco CFA, a differenza di altre nazioni africane, hanno evitato forti inflazioni grazie alla Francia. Tra il 1989 e il 1999 il 33% delle importazioni e il 40% degli investimenti esteri diretti in queste aree proveniva dalla Francia. Sono regioni che dipendono fortemente dalla Francia. Nonostante i loro legami con la Francia, queste aree del franco CFA rimangono estremamente povere. Le due regioni avevano una popolazione di 132 milioni nel 2008, il 70% si trova in UEMOA e il 30% in CEMAC. Il loro PIL totale è pari al 4% del PIL francese. Queste regioni sono “produttori ed esportatori di materie prime, tra cui petrolio, minerali, legname e prodotti agricoli e materie prime agricole, sono estremamente sensibili alle fluttuazioni dei prezzi mondiali e alle politiche commerciali dei loro partner commerciali, principalmente l’UE e gli Stati Uniti. I loro settori industriali sono piuttosto sottosviluppati”. Le nazioni non produttrici di petrolio all’interno delle aree del franco CFA hanno un PIL pro capite molto basso.

[su_highlight background=”#fffccf”]Secondo Assande Des’Adom, anche dopo che la moneta è stata svalutata, le aree del franco CFA soffrono ancora di disallineamenti valutari. Adom sottolinea che “gli attuali accordi monetari tra le ex colonie e la Francia sono stati progettati essenzialmente sulla base dell’interesse economico di quest’ultima[/su_highlight]. Un eminente economista ivoriano si spinge ancora oltre per spiegare come i paesi membri dell’area del franco finanziano indirettamente l’economia francese attraverso questi peculiari accordi monetari”.

L’area del franco CFA è messa sotto attacco dalla globalizzazione, dalla volatilità dei prezzi del petrolio e delle materie prime, oltre ai problemi di sicurezza regionale. Si può sostenere che la “dipendenza e le pratiche neocoloniali che caratterizzano la relazione tra la Francia e gli antichi possedimenti coloniali in Africa è l’impossibilità per i paesi CFA di accumulare riserve monetarie“. Nel mondo di oggi, il controllo di un paese viene effettuato attraverso modalità economiche e monetarie. Nkrumah aveva avvertito:

[su_highlight background=”#fffccf”]“Lo stato neocoloniale potrebbe essere obbligato a preferire i prodotti fabbricati dalla potenza imperialista escludendo i prodotti concorrenti altrove. Il controllo sulla politica governativa nello stato neo-coloniale può essere assicurato tramite il pagamento per il costo della gestione dello Stato, piazzando funzionari pubblici in posizioni in cui possono dettare la politica e con il controllo monetario sui cambi attraverso l’imposizione di un sistema bancario sistema controllato dal potere imperialista“.

In conclusione, le aree del franco CFA continuano a essere dominate dalla volontà politica, dall’interesse economico e dalla strategia geopolitica perseguita dalla Repubblica francese. Sembra che alcuni leader dell’élite non si sottraggano all’influenza della Francia. Il presidente Omar Bongo del Gabon ha dichiarato: “La Francia senza il Gabon è come un’auto senza benzina, il Gabon senza la Francia è un’auto senza autista”. La citazione può essere applicata a quasi tutte le nazioni dell’area del franco. L’istituzione delle unioni monetarie avvantaggia la Francia più dei suoi membri. Il colonialismo francese sta impedendo lo sviluppo di queste nazioni e provocandone la dipendenza.[/su_highlight]

 Economic Questions:

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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