L’Italia vuole inviare in Libia aerei e navi ma senza riconoscere di averla distrutta

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L’Italia sta valutando “la partecipazione alla missione Irini con un contingente di 500 unità, un’unità navale e tre aerei, previa naturalmente l’autorizzazione da parte delle Camere così come previsto dalla legge per la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali”, così il ministro degli Esteri Luigi Di Maio annuncia alla Camera dei Deputati l’intenzione del governo italiano di un impegno diretto di soldati in Libia (Affari Italiani).

Questa – dalla caduta di Gheddafi  – è l’ultima decisione italiana che tra le tante  si inanellano inesorabilmente una dietro l’altra senza migliorare per nulla le cose. Ciò che si nota è che tutte le decisioni sia italiane che europee mancano di qualunque prospettiva che non sia l’interesse di lucrare.

In definitiva, il nostro paese non fa politica estera da Craxi in poi, salvo momentanei guizzi a mo’ di immagine ma del tutto inefficaci ed addirittura contro producenti.

Per capire l’insensatezza delle mosse di  oggi bisogna ritornare per un attimo alla caduta del leader libico Gheddafi, perchè in proposito, l’Italia che partecipò a quella sciagurata aggressione, non ha mai fatto atto di pentimento o ha chiesto scusa al popolo libico.

Gheddafi a Roma pochi mesi prima dell’aggressione della Nato in Libia

Per capire con chi abbiamo a che fare bisogna tornare indietro fino al febbraio 2011, durante la cosiddetta primavera araba. Gheddafi allora fu accusato da Europa (con la Francia, in testa) di aver ”ucciso il suo popolo” e di aver ”bombardato 10 mila persone” per via aerea, in particolare il popolo di Bengasi, nella seconda più grande città libica. Fu allora che le Nazioni Unite consentirono la dichiarazione della “No Fly Zone”, una zona in cui il volo era proibito ma non  autorizzarono una guerra: tuttavia la NATO trasformò una operazione di peace Keeping  in una guerra a tutti gli effetti finalizzata a rovesciare e uccidere Muammar Gheddafi.

Ma le vere ragioni per abbattere il regime di Gheddafi erano essenzialmente tre:

Primo motivo:  satellite africano RASCOM.

È la Libia di Gheddafi che ha fornito a tutta l’Africa la sua prima vera rivoluzione nell’era moderna, e questa rivoluzione era  garantire una copertura completa del continente africano con un satellite, allo scopo di servire autonomamente telefonia, televisione, radiodiffusione e altre applicazioni come la telemedicina e l’educazione a distanza. Pertanto, per la prima volta, stava per essere resa disponibile una connessione a basso costo in tutto il continente, anche nelle aree rurali grazie al sistema di bridge wireless chiamato “WMAX“.

La storia risale al 1992, quando 45 paesi africani fondarono la RASCOM per acquisire un satellite e ridurre i costi delle telecomunicazioni nel continente. Dato che la comunicazione da e verso l’Africa è la più costosa al mondo, poiché esiste una Royalty di 500 milioni di dollari che l’Europa riceve ogni anno per le conversazioni telefoniche anche all’interno dello stesso paese africano. Questo avviene perché la trasmissione satellitare passa attraverso ponti wireless europei, come Intelsat. Se invece Gheddafi fosse riuscito a far costruire e mettere in orbita un satellite africano , esso sarebbe costato solo $ 400 milioni  e l’Africa  ora non pagherebbe più i $ 500 milioni all’ Europa ogni anno.

Ebbene questo progetto non fu portato a termine: tutte le richieste di prestito che furono presentate da Rascom alla Banca mondiale, al Fondo monetario internazionale, agli Stati Uniti d’America e all’Unione europea furono respinte per 14 anni consecutivi.

Questi rifiuti si protrassero quindi fino al 2006, ovvero “fino a quando Gheddafi mise sul tavolo 300 milioni di dollari, permettendo COSì all’Africa il primo satellite per telecomunicazioni nella sua storia.

Va notato che, durante la realizzazione di questo progetto,  Cina e Russia permisero di abbandonare la loro tecnologia e consentirono il lancio del primo satellite africano gestito dai propri esperti, con il contributo di Sudafrica, Angola e Algeria.

Un secondo satellite africano fu quindi  lanciato nel luglio 2010. Grazie a quell’inizio nel 2020 verrà lanciato il primo satellite africano al 100% costruito su suolo africano, in l’Algeria. Questo satellite mira a competere con i migliori satelliti del mondo, ma ad un costo 10 volte inferiore. Secondo gli osservatori, è una vera sfida. Ma è ancora in fase di attuazione.

Come abbiamo visto, con un semplice gesto simbolico di 300 milioni, Gheddafi fece un passo che ha migliorato la vita di un intero continente. Così l’Occidente perse, non solo $ 500 milioni all’anno, ma miliardi di dollari di debito e interessi che sarebbero continuati a crescere per i prestiti di mantenimento di strutture non nazionali.

Secondo motivo: Fondo monetario africano, Banca centrale africana, Banca africana per gli investimenti

A fine guerra la coalizione dei ‘volenterosi’ oltre a tutte le attività della Bank of Lybia,  sequestrò interamente anche i 30 miliardi di dollari che è l’importo della Banca centrale libica, previsto come contributo libico alla finalizzazione dei programmi dell’Unione africana mirava nel 2011 all’istituzione di una Banca Centrale Africana e  all’istituzione di un Fondo monetario africano con un capitale di $ 42 miliardi a Yaoundé, la capitale del Camerun come quartier generale. Se la Banca Centrale Africana si fosse realizzata avrebbe avuto sede ad Abuja, la capitale della Nigeria: con l’emissione della sua prima valuta avrebbe posto fine alla tirannia del franco CFA, la valuta che ha tenuto la Francia in alcuni paesi africani per 50 anni.

Con il sostegno della Banca centrale libica, che conteneva 150 tonnellate di oro questa moneta si sarebbe chiamata il “Dinaro d’oro”. Sarebbe stato  un passo che, in caso di successo, avrebbe ridotto i profitti di tutti i proprietari di banche occidentali nel continente africano. Questo spiega l’odio e la rabbia manifestata da Parigi verso Gheddafi ed è uno dei principali motivi che portò la Francia (per la prima volta) a guidare la NATO per lanciare una guerra contro un paese anglo-arabo.

Il Fondo monetario africano mirava a sostituire tutte le attività del Fondo monetario internazionale sul suolo africano che con un capitale di soli $ 25 miliardi avevano riunito e sottoposto un intero continente a privatizzazioni discutibili, come richiedere ai paesi africani di passare dal monopolio pubblico al monopolio privato. L’Algeria aveva fornito $ 16 miliardi di contributi in conto capitale a questo Fondo monetario africano, la Libia di Gheddafi fornì 10 miliardi e la Nigeria 3 miliardi, questi tre tre paesi fornirono quasi il 62% dell’importo totale che era di 42 miliardi. Ironia della sorte, furono gli stessi paesi occidentali a bussare alla porta per diventare membri del Fondo monetario africano. Ma i paesi africani riuniti  a Yaoundé il 16-17 dicembre 2010 rifiutarono all’unanimità , affermando che solo i paesi africani sarebbero stati membri del fondo.


Il terzo motivo: le organizzazioni e gli enti regionali vedevano come ostacolo il progetto di Gheddafi di creazione degli Stati Uniti d’Africa

Questo costituisce un’ altra motivazione dell’aggressione:  destabilizzare e distruggere l’Unione Africana che a lungo termine doveva trasformarsi negli Stati Uniti d’Africa con Gheddafi al comando. Per la prima volta, l’Unione Europea aveva tentato, senza successo, di costituire un’entità indipendente, chiamata Unione dei Paesi del Mediterraneo (UPM), dove si riteneva assolutamente necessario tagliare il Nord Africa dal resto dell’Africa.

Lo scopo di questo era quello di dividere il continente tagliandone il nord.  Gheddafi notò questa intenzione e vi si oppose, rifiutandosi di unirsi a questa organizzazione.

Capì rapidamente il gioco dal momento in cui si parlò di questa Unione del Mediterraneo senza senza informare l’Unione africana, l’ironia che invece tutti i 27 i paesi dell’Unione Europea furono invitati. Pertanto, Gheddafi distrusse l’UPM e il suo piano ancor prima che iniziasse, e affermò che non si sarebbe unito a nessuna entità senza che il principale driver fosse l’Unione Africana. Il vertice falito avrebbe dovuto essere presieduto dal presidente francese  Nicolas Sarkozy  (e Hosni Mubarak come vice presidente).

In questo contesto, se l’Unione dei Paesi del Mediterraneo (UPM)  fosse stata realizzata, l’Unione europea avrebbe finanziato il bilancio dell’Unione africana, e non sarebbe stata vera indipendenza.

Si è avuto già esperienza di questo. Sulla base di quanto precede, sono state fondate dagli europei altre comunità africane e altri raggruppamenti regionali. L’Unione europea ha incoraggiato da sempre qesti raggruppamenti regionali in Africa. Ciò costituisce un grave ostacolo contro gli obiettivi di un futuro progetto di Unione africana.

Si capisce bene che  dal momento in cui un gruppo di paesi forma un’entità indipendente e si radunano attorno ad essa come un’organizzazione politica regionale, ciò statisticamente indebolisce una potenziale unione in un soggetto più esteso. Questo è ciò che l’Europa vuole, sostenendo la formazione di organizzazioni come la Common Market for Eastern and Southern Africa (COMESA) in Africa Centro-Orientale ed altre (vedi qui).

Infine (e non meno importante)  Gheddafi è quello che ha nazionalizzato i giacimenti petroliferi libici, e Gheddafi è quello che ha scoperto pozzi d’acqua dolce nel ventre delle terre libiche, quello che veniva chiamato “oro blu”, 500 miglia di sabbia nubiana di pietra per la falda acquifera, l’unica fonte in tutto il Nord Africa di acqua dolce e la Libia ne avrebbe guadagnato miliardi. Quindi le aziende europee non potevano permettere questa competizione nel mercato dell’acqua.  Ci sono due compagnie francesi specializzate nel campo dell’acqua, e sono: “Folia” e “Suez SA”, e volevano controllare le scoperte della Libia e concludere accordi, che Gheddafi ha puntualmente respinto, e questo – molto probabilmente – è un altro  dei motivi del suo omicidio.

Un’altra giustificazione  che allora era addotta per giustificare l’uccisione di  Gheddafi è che aveva reclutato mercenari neri dai paesi vicini per uccidere il popolo di Bengasi. Questa affermazione riflette l’ignoranza occidentale sulla Libia. Nella Libia meridionale, i cittadini dalla pelle nera sono cittadini libici indigeni ed essi avevano scesero in armi a favore di Gheddafi.

Per quanto riguarda la morte di 10.000 cittadini di Bengasi e 55.000 feriti in un mese, ciò non ha bisogno di molto per capire che è una bugia come quella delle fosse comuni , rivelatesi poi un normale cimitero.

Queste deduzioni sono le stesse che si leggono in un rapporto della commissione per gli affari esteri della Camera dei Comuni britannica. Si tratta di un rapporto trae una conclusione completamente opposta alle accuse occidentali e bugie per intervenire in Libia. Il rapporto è stato pubblicato il 6 settembre 2016, ma i media mainstream non se ne sono preoccupati completamente o lo hanno ignorato. Nel luglio 2015 è stata avviata un’indagine sul ruolo del Regno Unito nella guerra in Libia. Ci sono voluti oltre un anno di ricerche e interviste, soprattutto di politici, studiosi e giornalisti (vedi anche qui Guardian).

Il giornalista americano “Benjamin” Ben “Norton” ha pubblicato il 16 settembre 2016 sul portale di notizie americano “Salon”, una sintesi del rapporto del parlamento britannico,   intitolata “U.K. Parliament report details how NATO’s 2011 war in Libya was based on lies”, in cui ha dichiarato: “Dopo le nostre indagini, non abbiamo potuto vedere alcuna prova in alcun modo che il governo britannico abbia condotto un’analisi in modo appropriato riguardo alla natura delle rivolte in Libia “, ha aggiunto, aggiungendo che il governo britannico” ha adottato la sua strategia su ipotesi errate e una comprensione incompleta del fascicolo della crisi libica “.

Il rapporto ha aggiunto che “Muammar Gheddafi ha certamente minacciato di usare la violenza contro coloro che portavano armi contro il suo regime, ma questa non era necessariamente una minaccia per tutti i residenti di Bengasi”. Inoltre, i gruppi terroristici erano penetrati in larga misura tra gli insorti, come Al Qaeda. Il rapporto affermava: “Si è scoperto che in alcuni casi il leader libico ha usato “grande cautela “per evitare vittime civili. L’indagine ha anche dimostrato che” Gheddafi ha cercato per sei mesi di placare le tribù che vivevano nell’est (attorno a Bengasi), invece di scommettere sulla repressione contro i civili. ”

Il rapporto indica anche che il presunto obiettivo dell’intervento NATO. L’ “intervento umanitario”, per proteggere la popolazione civile di Bengasi, è stato attuato solo un giorno, il 20 marzo 2011, il che ha portato al ritiro delle forze di Gheddafi a circa 40 miglia da Bengasi ed è stato possibile interrompere l’intervento della NATO. Ma  la campagna di bombardamenti contro i ministeri, lo stato e le infrastrutture civili, è proseguita.

Se sorge la domanda di un senso di colpa sull’uccisione di Gheddafi, anche in questo caso, il rapporto contiene una frase che risponde letteralmente: “La Francia, che ha avviato questo intervento militare, è stata guidata da interessi economici e politici, non dall’umanità … e anche i media hanno partecipato a diffondere voci inaccettabili su Gheddafi e il governo libico, soprattutto attraverso la televisione araba “Al-Jazeera” per giustificare l’intervento militare”. Ben Norton conclude con questa frase: “il bombardamento della NATO e l’affondamento della Libia fu un disastro umanitario, che uccise migliaia di persone. La Libia, che un tempo era il paese con il più alto tenore di vita in Africa, è diventata oggi  ” uno stato fragile e in bancarotta “distrutto dalla guerra”.

A differenza della Gran Bretagna, L’Italia a tutt’oggi non ha aperto alcuna un’indagine su ciò che è successo ma pretende di mettersi a capo di una ennesima missione in terra libica al solo scopo di rivendicare il suo ruolo nel Mediterraneo come elemento pacificatore ed equilibratore.

Sinceramente non vedo come il governo italiano possa ora presentarsi in Libia e fare correttamente alcunché, senza alcuna cognizione sul recente operato dell’Italia in quel paese.

@vietatoparlare

 

 

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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