Home Attualità L’ISIS continuerà ad operare nei deserti iracheni, specialmente nella provincia di Anbar

L’ISIS continuerà ad operare nei deserti iracheni, specialmente nella provincia di Anbar

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Nonostante la rivendicazione della vittoria sull’ISIS e la perdita di qualsiasi efficienza di combattimento da parte loro, i militanti hanno deciso nuovamente di ripetere il percorso precedente: la partenza per il deserto e la reintroduzione dell’attività della guerriglia.

L’Iraq rimane uno dei principali “fronti” dell’attività dell’ISIS. Rapporti sulle operazioni terroristiche in corso, parlano di uccisioni, attacchi alle forze governative e molto altro che avvengono correntemente nell’Iraq quasi ogni giorno. La strategia dello Stato islamico è cambiata, o piuttosto è tornata alle sue radici – non per intraprendere una guerra posizionale, ma per distruggere il nemico dall’interno.
E’ stato in Iraq che i militanti hanno ottenuto il maggior successo e sono stati in grado di paralizzare il lavoro delle forze governative in molte parti del paese. Oltre al deserto di Al-Jazeera , i terroristi dell’ISIS si sono stabiliti attivamente nelle aree desertiche di Diyala, Kirkuk, Neinova, Anbar e in altri luoghi.

Questi territori possono essere confrontati con l’esempio siriano: il deserto di Badia al-Sham (bādiyat al-Shām), dove, nonostante le numerose operazioni e un gran numero di forze coinvolte, ci sono ancora cellule dell’ISIS resistenti in combattimento. In quella zona la situazione è simile al deserto di Al-Jazeera.

Solo che il deserto di Al-Jazeera è diverse volte più grande del deserto della Badia e le forze di sicurezza irachene non tentano nemmeno di condurre operazioni all’interno di questo vasto territorio, limitandosi a mantenere sotto controllo il confine con la Siria e proteggendo l’autostrada M1 “Baghdad-Mosul”. Quindi secondo fonti locali al momento, nel deserto di Al-Jazeera, si possono nascondere circa 1.500 militanti con armi e attrezzature, magazzini con munizioni e cibo, che collaborano attivamente con tribù arabe locali.
Nel corso della loro campagna militare nella primavera e nell’estate del 2014, è stato dal deserto di Al-Jazeera che i militanti dell’Is hanno lanciato molte operazioni offensive che hanno permesso loro di conquistare vasti territori in breve tempo e immergere l’intero paese nel caos.

La situazione in altre zone dove l’ISIS è ancora in attività non è migliore: nelle province di Diyala, Kirkuk e Salah ed Ding più di 1000 militanti dell’IS, continuano a condurre attività sovversive e trovano l’ambiente ideale per nascondersi. Secondo le fonti, ci sono tra 300 e 500 membri dello Stato islamico nella provincia di Anbar. Nella zona di Baghdad operano anche piccoli distaccamenti di combattenti ISIS, soprattutto nella zona desertica a nord di Baghdad.
Inoltre, piccoli nuclei di terroristi del “Califfato” si trovano nel cosiddetto “Wilāyat al-Janūb“che comprende quasi tutto il sud dell’Iraq. Anche durante l’esordio dell’ISIS nel 2014-2015, i militanti non hanno avuto grandi forze in quella zona, e conducevano deboli attività sovversive – uccidendo le forze di sicurezza, compiendo attentati con ordigni improvvisati ( IED) e così via.

Quindi, si stima che in Iraq al momento ci possono essere fino a 5.000 militanti dell’ISIS che ingaggeranno una guerra di logoramento per tentare di nuovo di ricostituire uno “Stato islamico”. In questo quadro,  gioca a sfavore – degli sforzi fatti dal governo siriano ed iracheno contro l’ISIS – la continua destabilizzazione pervicacemente sostenuta dagli USA in Siria.

Infine è da notare che la provincia di Anbar – dove l’ISIS è ancora presente ed ha ancora appoggi tra le tribù locali – è confinante con l’area di al Tanf, detenuta dalle forze statunitensi.

Accanto a tutto questo, non è però da sottovalutare il recente accordo di cooperazione anti-terrorismo tenutosi la settimana scorsa a Damasco, dove  i capi di stati maggiore dell’ Iran, Siria ed Iraq si sono incontrati per unire gli sforzi, ovvero mettere a disposizione soldati, intelligence e tecnologia per non abbassare la guardia contro l’ISIS.

@vietatoparlare

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