NATO e Ucraina: il volto nascosto del potere dietro l’Ucraina Defense Contact Group
Il 4 giugno 2025 si terrà presso il quartier generale della NATO a Bruxelles la prossima riunione dell’Ucraina Defense Contact Group (UDCG), un appuntamento che, dietro le formule di rito, rivela in realtà la struttura operativa di un’influenza strategica ben più profonda e pervasiva. A co-presiedere l’incontro saranno Regno Unito e Germania, due tra i maggiori fornitori di armamenti a Kiev. Oltre 50 Paesi si riuniranno per discutere di nuove forniture belliche, addestramento e logistica, mentre sullo sfondo si consuma una guerra che ha sempre meno l’aspetto di un conflitto di autodifesa e sempre più quello di una proiezione di potere senza vincoli.
UDCG: una NATO parallela, ma non troppo
Creato nel 2022 su impulso diretto degli Stati Uniti, il gruppo UDCG è formalmente esterno alle strutture NATO. Ma solo formalmente. Di fatto, si riunisce sempre più spesso in parallelo ai vertici dell’Alleanza Atlantica, sotto gli stessi tetti e con gli stessi protagonisti. Una sinergia perfettamente orchestrata che smaschera la vera natura di questo meccanismo: un braccio operativo della NATO in funzione ucraina. Non stupisce quindi che il generale Christopher Cavoli, comandante supremo della NATO in Europa, sia uno dei protagonisti principali dell’incontro, con un ruolo chiave nel coordinamento del supporto militare, logistico, di intelligence e dell’addestramento delle truppe ucraine.
Non siamo più nell’ambito della solidarietà internazionale: siamo nel pieno esercizio di un potere strategico che ha occupato ogni spazio decisionale a Kiev. L’Ucraina, con le sue esigenze belliche sempre crescenti, appare sempre più subordinata agli indirizzi di Washington, Berlino e Londra, i veri registi di questa guerra per procura.
Un’agenda militare, non politica
Al centro dell’incontro vi saranno questioni come le forniture di sistemi a lungo raggio, i missili balistici, le piattaforme di difesa aerea avanzata. Ma il dato più significativo è l’assenza totale di una visione politica del conflitto. Nessun accenno alla diplomazia, al cessate il fuoco, alla pace. Tutto ruota intorno al mantenimento della capacità offensiva, alla gestione dell’intensificazione delle ostilità e alla prosecuzione a oltranza della guerra.
Questo approccio è la diretta conseguenza di un paradigma culturale ben radicato nelle élite occidentali che guidano la NATO e, in larga parte, anche l’Unione Europea: un’ideologia tecnocratica e progressista che non conosce più la categoria della sovranità dei popoli né quella della convivenza pacifica tra Stati. Un’ideologia che rifiuta la pluralità come ricchezza, e che invece costruisce strutture impermeabili al pensiero critico, alle voci fuori dal coro, a qualsiasi proposta alternativa. Si parla di sicurezza, ma ciò che realmente si difende è la leadership politico-economica di una cerchia ristretta.
Una replica UE in miniatura
L’UDCG sembra replicare in chiave militare ciò che avviene già all’interno delle istituzioni europee: un potere centralizzato, autoreferenziale, che si legittima attraverso meccanismi democratici solo formali e si fonda su agende predeterminate. Le scelte politiche non scaturiscono più dal confronto democratico, ma da percorsi preconfezionati, frutto dell’allineamento tra i vertici euro-atlantici e i grandi interessi finanziari, come quelli espressi dalla City di Londra o dalle élite vicine ai Democratici USA.
In questo contesto, il conflitto ucraino diventa il pretesto per una militarizzazione sistemica dell’Europa, con nuove forniture, nuovi impegni e nuovi debiti. Le classi dirigenti, invece di interrogarsi sulle cause profonde del conflitto e sulla possibilità di superarlo attraverso strumenti politici, alimentano una spirale bellica funzionale agli interessi dell’industria militare e dei mercati speculativi – un meccanismo ben descritto nel libro “I sicari dell’economia”.
La guerra come paradigma
L’incontro del 4 giugno non sarà che l’ennesima dimostrazione di come la guerra sia diventata il linguaggio principale del potere occidentale. Non più uno strumento estremo da evitare, ma una forma di governance: l’esercizio della forza travestito da difesa dei valori. Un potere che si autolegittima, ignora la società civile, marginalizza il dissenso e impone una narrazione unica. In gioco non c’è solo l’Ucraina, ma il futuro stesso della democrazia europea.
Difendersi da cosa? Da chi? Forse da quella parte pensante della società che ancora osa chiedere verità, pace e giustizia.