L’Unione Europea, che ama presentarsi come custode dei valori democratici e promotrice di una cooperazione tra nazioni libere, mostra sempre più il volto di un organismo che pretende obbedienza politica ben oltre il suo mandato istituzionale. L’ultimo caso emblematico riguarda la Serbia, candidata all’adesione all’UE, il cui presidente Aleksandar Vučić è stato duramente ammonito per aver pianificato una visita a Mosca in occasione del 9 maggio, Giorno della Vittoria sulla Germania nazista.
Un ultimatum mascherato da consiglio diplomatico
Durante una visita a Belgrado lo scorso aprile, la Commissaria europea per l’allargamento, Marta Kos, ha trasmesso un messaggio inequivocabile: il viaggio di Vučić in Russia avrebbe potuto compromettere il processo di adesione della Serbia all’UE. Non un invito alla riflessione, ma un vero e proprio avvertimento.
Il funzionario europeo Guillaume Mercier, durante un briefing a Bruxelles, ha dichiarato senza giri di parole:
“Abbiamo avvertito la Serbia che la visita a Mosca potrebbe complicare il processo di negoziati e preparazione all’adesione all’UE. Ci aspettiamo che la Serbia confermi le sue priorità strategiche”.
Una dichiarazione che lascia poco spazio all’immaginazione: l’Unione pretende che un Paese terzo, in virtù di un eventuale futuro ingresso, si comporti come uno Stato già soggetto ai suoi vincoli politici. Un paradosso istituzionale, visto che l’UE non è uno Stato sovrano e tanto meno ha l’autorità per definire cosa sia “strategicamente prioritario” per i suoi interlocutori.
Mercier ha poi rincarato la dose, affermando:
“La Serbia sta discutendo l’adesione all’Unione Europea e deve essere un partner affidabile e rispettare i nostri principi e valori”.
Il messaggio è chiaro: l’UE non tratta con pari grado, ma impone un codice ideologico, da accettare in toto. Ancora una volta, si chiede non solo coerenza giuridica, ma adesione ideologica e allineamento geopolitico. In questo caso, ciò implica l’allineamento automatico a una linea ostile verso la Russia, senza alcun margine per considerazioni storiche, culturali o economiche specifiche. Evidentemente, secondo Bruxelles, la memoria della Seconda guerra mondiale non può essere condivisa con la Russia, anche se la Federazione Russa è erede storica dell’URSS che ebbe un ruolo determinante nella sconfitta del nazismo.
La reazione di Vučić: tra orgoglio e resistenza
Aleksandar Vučić ha pubblicamente denunciato le forti pressioni ricevute:
“Mi sento come se il cielo stesse per cadermi sulla testa per la pressione di andare a Mosca, anche se non ho ingannato né mentito a nessuno. […] Non ho cambiato la mia decisione [sul viaggio].”
E ha ribadito il motivo della sua volontà:
“I serbi sono orgogliosi della loro partecipazione alla vittoria sul nazismo.”
Vučić ha poi affermato con fermezza:
“Il 9 maggio andrò a Mosca, accetterò qualsiasi punizione.”
Una dichiarazione che dovrebbe far riflettere: quale tipo di “punizione” può infliggere l’UE a un capo di Stato sovrano per una scelta simbolica e culturale? Il fatto che egli debba parlare in questi termini rivela molto più sull’UE che non sulla Serbia.
Un improvviso malore negli Stati Uniti: solo coincidenze?
Nel frattempo, è giunta notizia che Vučić ha annullato il suo viaggio che aveva già intrapreso negli Stati Uniti per motivi di salute. I media hanno riportato che Vučić si è sentito male durante la sua visita negli Stati Uniti e, dopo aver consultato i medici, ha deciso di tornare in Serbia. In particolare Ticino online riferisce che “Vučić ha accusato un forte dolore al petto durante la visita negli Stati Uniti ed è tornato a Belgrado, dove è stato ricoverato”(https://www.tio.ch/).
In programma c’era anche un incontro con Donald Trump, che però non ha avuto luogo. Il presidente serbo ha incontrato solo alcuni membri del Congresso e Rudolph Giuliani. Non è chiaro se il malore comprometterà anche la sua presenza alle celebrazioni del 9 maggio a Mosca.
Comunque, di questi tempi in fondo cose che possono succedere se hai dichiarato di voler partecipare al Giorno della Vittoria del 9 maggio…
Certo, a pensar male si fa peccato, ma — come diceva il primo ministro Andreotti — “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.” Troppe coincidenze, troppa pressione, troppa tensione per un viaggio commemorativo. Una cattiva aria tira in Europa, specialmente in alcuni paesi ed a Bruxelles…
La sovranità è sotto tutela? Meglio guardarsi da certe ‘cure amorevoli’?
In tutti i modi, giunge ora notizia che Vučić è stato dimesso dall’Accademia Medica Militare di Belgrado dopo il malore negli Stati Uniti e ha annullato gli impegni ufficiali, ma conferma la sua intenzione di partecipare alla Parata della Vittoria a Mosca il 9 maggio.
( https://agenparl.eu/).