L’Europa in armi: chi ci salverà dall’Unione?

Dal sogno europeo all’incubo militare

Il 2 aprile 2025, con 399 voti favorevoli, 198 contrari e 71 astenuti, il Parlamento Europeo ha approvato a Strasburgo una risoluzione sull’attuazione della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), basata sulla relazione annuale 2024 (procedura 2024/2082(INI), relatore Nicolás Pascual De La Parte). Un atto formalmente non vincolante, ma dal peso politico e simbolico enorme, che certifica la rotta ideologica intrapresa dalle istituzioni europee: una corsa sfrenata verso il riarmo, proprio mentre gli Stati Uniti – sotto pressione interna – cercano faticosamente una via di mediazione con Mosca per scongiurare un’escalation irreversibile.

Nel pieno di una guerra sanguinosa nel cuore dell’Europa, con il Medio Oriente nuovamente in fiamme e con una diffusa carenza di trasparenza e pluralismo democratico nei processi decisionali europei, il Parlamento  ha scelto consapevolmente di ignorare qualsiasi apertura diplomatica. Nessuna richiesta di cessate il fuoco, nessuna proposta per favorire negoziati di pace. Solo una nuova ondata di forniture militari, miliardi destinati all’industria bellica, e un passaggio clamoroso: l’esplicito incoraggiamento all’utilizzo delle armi occidentali contro obiettivi in territorio russo.


ReArmEU: 800 miliardi per alimentare la guerra

Elemento centrale della risoluzione è l’emendamento del Partito Popolare Europeo che saluta con favore il piano ReArmEU, un’iniziativa da 800 miliardi di euro per rilanciare l’industria della difesa europea. Un progetto faraonico che gronda irresponsabilità, approvato nel momento più tragico e pericoloso, proprio mentre la guerra in Ucraina si intensifica e si moltiplicano le vittime.

Questa escalation economico-militare viene cinicamente mascherata con la retorica dell’“autonomia strategica”, mentre in realtà cela un’idea tanto miope quanto pericolosa: che il riarmo possa diventare volano di sviluppo economico. Una visione che rievoca i peggiori incubi del Novecento e che certifica la completa perdita dell’identità originaria dell’Unione, nata per garantire la pace, non per fabbricare cannoni.

Qualche passaggio del testo:

“La scelta del regime russo di minare l’ordine internazionale e di dichiarare guerra ai Paesi europei (…) rappresenta la minaccia più grave e senza precedenti per la pace del mondo”. (…)
“L’Ucraina deve essere dotata delle capacità militari necessarie per tutto il tempo che le servirà per riportare una vittoria militare decisiva” (…)
Si “ribadisce il fermo sostegno (…) alla fornitura in tempo utile di tutti i mezzi militari necessari all’Ucraina per difendersi, respingere le forze armate russe e ausiliarie, porre fine al conflitto, proteggere la sua sovranità e ripristinare la sua integrità territoriale entro i confini riconosciuti a livello internazionale”. “Senza il sostegno militare dell’Ue l’Ucraina non sarà in grado di conseguire la vittoria contro la Russia”.
Si “ribadisce con decisione il suo invito agli Stati membri affinché rispettino tempestivamente gli impegni e forniscano all’Ucraina armi, aerei da combattimento, droni, sistemi di difesa aerea, sistemi d’arma e munizioni, compresi missili da crociera aviolanciati e sistemi terra-terra, e aumentino sensibilmente le relative quantità”.


Il via libera agli attacchi in territorio russo

Il passaggio più grave della risoluzione è però l’invito agli Stati membri dell’UE a revocare le restrizioni sull’uso delle armi fornite all’Ucraina, consentendone l’impiego contro obiettivi militari nel territorio della Federazione Russa. Non si tratta più, quindi, di difesa del proprio territorio, ma di attacchi in profondità, autorizzati e persino incentivati dalle istituzioni europee.

Questo avviene proprio mentre si intensificano gli attacchi ucraini su infrastrutture civili e residenze, con casi gravi come a Kursk, dove si segnalano devastazioni e abusi contro la popolazione civile. La risoluzione, lungi dal contribuire alla de-escalation, rappresenta un vero salto di qualità nel coinvolgimento diretto dell’UE nel conflitto, con rischi evidenti di trascinare i suoi Stati membri in uno scontro militare diretto con la Russia.

Tutto ciò mentre negli Stati Uniti – che sono sempre stati più prudenti nel concedere l’uso delle proprie armi per attacchi in Russia – si cerca faticosamente una soluzione negoziata. A Ryad, nell’ultimo incontro, era stata convenuta una limitazione agli attacchi sulle infrastrutture energetiche russe, ma Kiev ha ignorato l’accordo, continuando a colpire centrali elettriche e raffinerie. L’Europa, invece di frenare questa deriva, la incoraggia.


Italia: il festival dell’ambiguità e dell’ipocrisia

Il voto ha messo in luce l’irresponsabilità e la confusione morale dei partiti italiani, incapaci di esprimere una visione autonoma e razionale sul conflitto.

Maggioranza di governo

  • Forza Italia (FI – PPE) ha votato a favore, perfettamente allineata al bellicismo del PPE e al piano ReArmEU. Il partito si conferma ormai come un’eco automatica delle posizioni NATO e Commissione, senza alcuna capacità critica.

  • Fratelli d’Italia (FdI – ECR) si è astenuto, nel più classico dei giochi cerchiobottisti. Su una questione così cruciale, l’astensione è una fuga dalla responsabilità che equivale, nei fatti, a un tacito assenso. Un atto di codardia politica utile solo a non perdere consensi da nessuna parte.

  • Lega (Patrioti per l’Europa) ha votato contro, mantenendo una linea più prudente rispetto al riarmo europeo. Tuttavia, resta il nodo delle precedenti approvazioni di invii di armi, che indeboliscono la coerenza della posizione. Un no a metà, ancora troppo timido.

(Cosiddetta) Opposizione

  • Partito Democratico (PD – S&D) ha votato a favore, cercando di dissociarsi solo su alcuni emendamenti particolarmente aggressivi. Le astensioni di Cecilia Strada e Marco Tarquinio rappresentano le uniche eccezioni etiche in un partito ormai ostaggio dell’establishment bellicista. Le parole della segretaria Elly Schlein contro la “corsa al riarmo” risultano del tutto inconsistenti: il PD ha sostenuto la risoluzione, e con essa il paradigma della guerra.

  • Movimento 5 Stelle (M5S – Sinistra) ha votato contro, definendo correttamente la risoluzione un “inno alla guerra”. Giuseppe Conte ha annunciato una mobilitazione popolare per il 5 aprile: un gesto raro di opposizione concreta in un panorama sempre più omologato.

  • Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) ha votato contro, in dissenso dai Verdi europei. Una presa di posizione che merita rispetto, anche se oscurata dal silenzio dei media mainstream.


Un’Europa in guerra con sé stessa

Il voto del 2 aprile segna una svolta drammatica. L’UE, nata per garantire la pace, si sta trasformando in una potenza armata, aggressiva, ideologicamente allineata agli interessi bellici delle grandi lobby industriali e strategicamente sempre più subalterna alla NATO (il segretario generale di quest’ultima sembra addirittura distaccarsi dalle posizioni di Trump, segno che sia stato scelto durante il periodo Biden con una ottica ‘lungimirante’). Il mito dell’“autonomia strategica” è ormai solo una foglia di fico per giustificare un complesso militar-industriale europeo che, in assenza di una reale politica estera comune, diventa pericoloso.

Si sta alimentando l’illusione che il riarmo sia non solo necessario, ma persino virtuoso. Si invocano “valori europei” per giustificare una politica che ci avvicina al conflitto diretto con una potenza nucleare. Ma questa volta, la guerra non è lontana. È in Europa. E sarà l’Europa a pagarne il prezzo, sociale, economico, umano.

Con il Libro Bianco sulla Difesa in arrivo, è chiaro l’intento: blindare questa rotta militarista, zittire le voci critiche – nel testo della risoluzione approvata si chiede di ‘educare’ le popolazioni ancora troppo pacifiste -, e preparare un’Unione sempre più armata e meno democratica. Ma nessun voto parlamentare potrà cancellare questa verità: ci stanno trascinando verso la guerra, e stanno costruendo il consenso sulla paura, sull’ideologia, e sulla manipolazione.

Un’Europa così non è autonoma. È ostaggio di se stessa.