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L’Euro – Un Meccanismo di Strangolamento Monetario

by Redazione online
7 Febbraio 2016
Reading Time: 4 mins read
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Proponiamo il seguente articolo di Lars Christensen – pubblicato su  The Market Monetarist. Viene provata una verità assoluta ma non pronunciabile nei ‘salotti – bene’ europei e sui media vassalli di distrazione di massa: l’introduzione dell’Euro in Europa è stato un fallimento sottraendo ai singoli stati la sovranità monetaria e la possibilità quindi di stampare moneta. I risultati sono quelli che tutti vediamo. Naturalmente si continua a far finta di niente.

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Nel mio post precedente ho sostenuto che la ‘crisi greca’ essenzialmente non si riguarda soltanto Grecia, ma piuttosto è una crisi che è il sintomo di un problema più grande e cioè l’euro stesso.

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Inoltre, ho affermato che se non fosse stato per l’euro non avremmo dovuto affrontare enormi salvataggi di stati e che non avremmo avuto sette anni di recessione nella zona euro e la disoccupazione sarebbe stata (molto) più bassa se in Europa avessimo avuto un tasso di cambio flessibile invece di quello che potremmo chiamare il Meccanismo  di Strangolamento Monetario (MMS).

Naturalmente è impossibile dire come il mondo avrebbe guardato se avessimo avuto i tassi di cambio al posto del CSM galleggiante. Tuttavia, per fortuna non tutti i paesi in Europa hanno aderito all’euro e la performance economica di questi paesi potrebbe darci un suggerimento su come le cose avrebbero potuto essere se non avessimo mai introdotto l’euro.

Ovviamente è impossibile dire come sarebbe stato il mondo se avessimo avuto un tasso di cambio flessibile invece del MMS. Però, fortunatamente, non tutti i paesi europei sono entrati nell’euro: l’andamento economico dei paesi che non sono entrati potrebbe darci qualche suggerimento su come le cose avrebbero potuto andare se l’euro non fosse mai stato introdotto.

Per questo ho esaminato i risultati della crescita nei paesi dell’area euro e in quelli che in Europa hanno avuto tassi di cambio flessibili (o quasi flessibili), per mettere a confronto paesi “agganciati” con paesi “flessibili”.

Nel mio campione sono inclusi gli stati dell’area euro e con tassi di cambio fissi nei confronti dell’euro (Bulgaria e Danimarca) e i paesi UE con tassi di cambio variabile: Regno Unito, Svezia, Polonia, Ungaria, Repubblica Ceca e Romania. Inoltre, ho incluso la Svizzera e allo stesso modo i paesi dell’Area economica europea (EEA): Norvegia e Islanda (tutti con tassi di cambio flessibile). Infine, ho incluso la Turchia, che confina con la Grecia, e che ha anche lei un tasso di cambio flessibile.

In tutto, sono 31 paesi europei – tutti molto diversi tra loro. Alcuni paesi hanno un sistema politico poco funzionale e lottano con la corruzione (per esempio Romania o Turchia), mentre altri normalmente sono considerati economie relativamente efficienti, con un mercato del lavoro e un mercato interno che funzionano bene, conti con l’estero in attivo e finanze pubbliche solide, come Danimarca, Finlandia e Olanda.

In generale, possiamo differenziare tra due gruppi di stati: i paesi dentro l’euro o con il tasso di cambio agganciato all’euro (“paesi rossi”) e i paesi con tassi di cambio più o meno flessibili (“paesi verdi”).

Il grafico qui sotto mostra la crescita in questi due gruppi di paesi europei nel periodo tra 2007 (l’anno precedente alla crisi) e 2015.

floaters-peggers-rgdp20072015-a

La differenza è impressionante: dei 21 paesi nell’euro (inclusi i due con ancoramento del cambio) quasi la metà (10) oggi ha un livello di PIL reale più basso che nel 2007, mentre tutti quelli col cambio flessibile oggi hanno un livello di PIL maggiore che nel 2007.

Perfino l’Islanda, che ha avuto una grave crisi bancaria nel 2008 e l’Ungheria, da sempre politicamente disfunzionale e con un debito alto (entrambe con tasso di cambio flessibile) sono cresciute in misura maggiore dei paesi nell’euro (e agganciati all’euro).

Questi due paesi, infatti – quelli con la crescita più lenta nel gruppo dei tassi di cambio flessibili – sono cresciuti più di Olanda, Danimarca e Finlandia – paesi che sono sempre stati considerati un esempio di grande volontà nel realizzare le riforme, con strategie ultraprudenti, bilancia dei pagamenti salda e finanze pubbliche in piena salute.

Se guardiamo semplicemente alla mediana dei tassi di crescita del PIL reale tra il 2007 e il 2015 i flessibili hanno significativamente superato in crescita i paesi nell’euro di un fattore 5 (7.9% contro 1.5%). Anche se escludiamo dal campione i tre paesi flessibili cresciuti più velocemente (Turchia, Romania e Polonia) i flessibili comunque superano largamente i paesi nell’euro (6.5% contro 1.5%).

Se l’euro non fosse stato adottato, la crisi sarebbe da tempo alle nostre spalle

A mio parere non ci possono essere dubbi: l’importante vantaggio nella crescita dei paesi con tasso di cambio flessibile rispetto a quelli nell’euro non è una coincidenza. L’euro è stato un Meccanismo di Strangolamento Monetario e se non avessimo avuto l’euro la crisi in Europa sarebbe stata superata da molto tempo. E infatti per la maggior parte dei “flessibili” la crisi sostanzialmente è superata.

Possiamo discutere sul perché l’euro è stato una simile macchina per uccidere la crescita, ma non c’è dubbio che la crisi in Europa oggi è stata causata dall’euro in sé e non da errori di gestione nelle singole economie.

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Patrizio Ricci associato Freelance International Press (FLIP), autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Coofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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