L’Euro Uccide l’Europa

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Personalmente non capisco perché l’autore definisca l’Europa attuale come una “un’idea corporativista mussoliniana, o fascista”, sicuramente per dargli un’accezione negativa, ma è un po forzata dato che nel fascismo la sovranità monetaria c’era non ci sono elementi in comune se non la dittatura. La dittatura è anche di altri sistemi ideologici assoluti. Ma nel complesso ritengo sia un ottimo articolo: l’Euro sta assassinando l’Europa.

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L’euro sta letteralmente uccidendo le nazioni e le economie dell’UE. Sin da quando è entrato in vigore il regime della moneta unica, che ha sostituito nel 2002 le monete nazionali nelle transazioni, il cambio fisso ha devastato le industrie negli stati periferici tra i 19 membri dell’eurozona, dando contemporaneamente un vantaggio spropositato alla Germania. La conseguenza è stata una (poco raccontata) contrazione industriale e l’impossibilità di risolvere la crisi bancaria. L’Euro è un disastro monetarista e la dissoluzione dell’UE adesso è pre-programmata come una semplice conseguenza.

Chi tra voi ha familiarità con le mie idee sull’economia, saprà che ritengo che l’intero concetto della globalizzazione, un termine reso popolare durante la presidenza di Bill Clinton per conferire fascino al programma corporativista che era appena giunto in essere con la creazione della World Trade Organization nel 1994, sia fondamentalmente un gioco distruttivo manipolato da poche centinaia di giganteschi “global player”. La Globalizzazione distrugge le nazioni per fare avanzare il programma di poche gigantesche multinazionali, sottratte a qualunque controllo. Si basa su una teoria screditata, stilata nel diciottesimo secolo dal promotore del libero commercio, l’inglese David Ricardo, nota come la Teoria del Vantaggio Comparativo, usata da Washington per giustificare la rimozione di qualunque barriera protezionistica al commercio al fine di beneficiare i potentissimi “Global Player” che normalmente hanno sede negli USA.

Il barcollante progetto statunitense noto come Trans-Pacific Trade Partnership o il Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership, è qualcosa di più di un Mussolini dopato. Le più potenti, tra le centinaia di corporation, saranno formalmente al di sopra della legge, se noi siamo abbastanza stupidi da eleggere politici corrotti che appoggeranno idiozie di questo genere. Eppure, in pochi hanno davvero considerato l’effetto che sta avendo la rinuncia alla sovranità monetaria sotto il regime dell’Euro.

Crollo dell’Industria

Le nazioni di quella che oggi è ingannevolmente nota come l’Unione Europea seguono un’idea ratificata da un numero allora molto più piccolo di membri dell’Europa – dodici contro i ventotto stati di oggi – di quella che era stata la Comunità Economica Europea (CEE). Una versione europea della giganto-mania che ha fatto la sua comparsa durante la presidenza della Commissione della CEE del politico globalista francese Jacques Delors, quando ha formulato quello che allora venne chiamato l’Testo Unico Europeo del febbraio 1986.

Delors sovvertì il principio stabilito dal Francese Charles de Gaulle, quel principio a cui de Gaulle si riferiva come “l’Europa delle Patrie.” Il concetto di de Gaulle della Comunità Economica Europea-composta da sei nazioni, Francia, Germania, Italia e le tre del Benelux – era quello di una comunità nella quale si svolgevano incontri periodici dei premier delle sei nazioni del Mercato Comune. In questi incontri tra capi di stato eletti, si formulavano le politiche e venivano prese le decisioni. Un’assemblea eletta dai membri dei parlamenti nazionali valutava le decisioni dei ministri. De Gaulle vedeva la burocrazia della CEE a Bruxelles come un corpo puramente tecnico-amministrativo, subordinato ai governi nazionali. La cooperazione avrebbe dovuto basarsi sulla “realtà” della sovranità statuale. L’acquisizione sovranazionale di potere sulle singole nazioni da parte della CEE era anatema per de Gaulle, giustamente. Come per gli individui, così per le nazioni – l’autonomia è fondamentale e i confini contano.

Il Testo Unico di Delors si proponeva di sovvertire quell’Europa delle Patrie attraverso riforme radicali della CEE, aventi come scopo l’idea distruttiva che nazioni diverse, con storie diverse, culture e linguaggi diversi, potessero dissolvere i confini e divenire una sorta di ersatz [“sostituto”, in tedesco nell’originale] di Stati Uniti d’Europa, governate dall’alto dai burocrati non eletti di Bruxelles. Questa, nell’essenza, è un’idea corporativista mussoliniana, o fascista, di una burocrazia europea non democratica e non rispondente a nessuno, che esercita il suo arbitrario controllo sul popolo, sensibile soltanto all’influenza, alle pressioni e alla corruzione esercitate dalle corporation.

Questo programma era stato sviluppato dalle più grosse multinazionali d’Europa, la cui organizzazione di lobbying era la Tavola Rotonda degli Industriali Europei [European Roundtable of Industrialists (ERT)], l’influente gruppo lobbistico delle più importanti multinazionali europee (accessibile solo per invito personale) come la svizzera Nestlé, la Royal Dutch Shell, la BP, Vodafone, BASF, Deutsche Telekom, ThyssenKrupp, Siemens e altri giganti tra le multinazionali europee. L’ERT, ovviamente è la lobby che esercita le maggiori pressioni per l’adozione degli accordi del TIPP con Washington [in inglese].

L’ERT fu uno dei più influenti promotori delle proposte del Testo Unico di Delors nel 1986, che portarono a quel mostro di Frankenstein chiamato Unione Europea. L’idea che ne è alla base è la creazione di un’autorità politica centrale non eletta che decida del futuro dell’Europa senza nessun controllo o contrappeso democratico, un’idea genuinamente feudale.

Il concetto di Stati Uniti d’Europa, che dissolve identità nazionali che risalgono a mille anni or sono o ancora prima, si può fare risalire agli anni ‘cinquanta, quando nell’incontro del Gruppo Bildeberg del 1955 a Garmisch Partenkirchen, in Germania Ovest, si discusse per la prima volta la creazione tra le sei nazioni facenti parte della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio di una “valuta comune e… questo implicava necessariamente la creazione di un’autorità [in inglese] politica centrale.” De Gaulle non era presente.

Il progetto di creare un’unione monetaria venne svelato nel 1992 alla riunione della CEE a Maastricht, in Olanda, in seguito alla riunificazione della Germania. Francia e Italia, sostenute dalla Gran Bretagna di Margaret Thatcher, lo imposero contro le perplessità tedesche, al fine di “limitare il potere di una Germania unificata.” I Tory britannici fecero una campagna di stampa contro la Germania, dipinta come un “Quarto Reich” emergente, sul punto di conquistare l’Europa economicamente, non militarmente. Ironia della sorte, questo è quasi esattamente quello che di fatto si è verificato a causa delle strutture dell’Euro di oggi. A causa dell’Euro, la Germania domina economicamente i diciannove stati dell’Euro-zona.

Il problema con la creazione dell’Unione Monetaria Europea (EMU) prescritta dal Trattato di Maastricht, è che la moneta unica e la Banca Centrale Europea “indipendente” sono state lanciate senza essere legate ad una singola entità legale politica, dei veri Stati Uniti d’Europa. L’Euro e la Banca Centrale Europea sono creazioni sovranazionali che non rispondono a nessuno. Tutto è stato fatto in assenza di una vera e propria unione politica, come quella che si era creata quando tredici stati, con l’inglese come lingua comune e in seguito ad una guerra d’indipendenza combattuta assieme contro la Gran Bretagna, crearono ed adottarono la Costituzione degli Stati Uniti d’America. Nel 1788 i delegati dei tredici stati concordarono di stabilire una forma di governo repubblicana fondata sulla rappresentanza dei propri popoli, con la separazione dei poteri nei rami legislativo, giudiziario ed esecutivo. L’EMU no.

I burocrati dell’UE hanno un nome simpatico per questa disconnessione tra i funzionari non eletti della BCE, che controllano il destino economico dei 19 stati membri, e i 340 milioni di cittadini della cosiddetta Eurozona. Lo chiamano “deficit democratico.” Questo deficit è arrivato a livelli pantagruelici dalla crisi globale finanziaria e bancaria del 2008 e dall’affermarsi della Banca Centrale Europea non sovrana.

Crollo dell’Industria

La creazione della moneta unica nel 1992 ha imposto una camicia di forza economica agli stati membri dell’Euro. Non si può cambiare il valore della moneta per spingere le esportazioni nazionali in periodi di recessione come quella che è avvenuta a partire dal 2008. Il risultato è stato che la più grande potenza industriale nell’Euro-zona, la Germania, ha beneficiato della stabilità dell’Euro, mentre economie più deboli, alla periferia dell’UE, tra cui, va notato, la Francia, hanno subito conseguenze catastrofiche per la rigidità della sua quotazione.

In un recente report, il think-tank olandese, Gefira Foundation, riferisce che l’industria francese si è contratta da quando è stato adottato l’euro. “Non è stata in grado di riprendersi dopo le crisi del 2001 e del 2008 a causa dell’euro, una valuta più forte di quanto non lo sarebbe il franco francese, che è diventata un fardello per l’economia della Francia. I tassi di cambio variabili funzionano come indicatori della forza di un’economia e come stabilizzatore automatico. Una valuta più debole aiuta a riguadagnare competitività durante una crisi, mentre una valuta più forte, spinge al consumo di beni esteri[in inglese].”

Lo studio riporta che a causa della sua camicia di forza valutaria, la politica della BCE ha creato un Euro troppo forte nei confronti di altre monete per consentire alla Francia di mantenere le proprie esportazioni a partire dalla recessione economica del 2001. L’Euro ha causato l’aumento delle importazione in Francia perché la Francia non aveva la flessibilità del tasso di cambio, la sua industria “non è riuscita a riguadagnare competitività nei mercati mondiali dopo la crisi del 2001, così la sua industria sta lentamente morendo da allora.” Hanno perso lo strumento economico stabilizzatore di tasso di cambio [in inglese] variabile.

Oggi, secondo l’Eurostat, l’industria costituisce il 14.1% del valore aggiunto lordo. Nel 1995 era il 19.2%. In Germania è il 25.9%. La cosa che colpisce di più è stato il crollo di quella che una volta era una vivace industria automobilistica. Nonostante il fatto che la produzione mondiale di auto sia quasi raddoppiata dal 1997 al 2015 da 53 milioni a 90 milioni di veicoli l’anno, e mentre la Germania aumentava la propria produzione di vetture del 20% da 5 a 6 milioni, dal momento in cui la Francia è entrata nell’Euro nel 2002, la sua produzione di auto si è quasi dimezzata da quasi 4 milioni a meno di 2 milioni [in inglese].

Leggi di Euro Bail-in

La stessa camicia di forza dell’Euro sta impedendo un’efficace riorganizzazione del sistema bancario dell’Eurozona, nei guai dalla crisi del 2008. La creazione della Banca Centrale Europea, sovranazionale e non sovrana ha reso impossibile per i paesi membri dell’Eurozona di risolvere i propri problemi bancari, creatisi durante gli eccessi del periodo precedente al 2008. Il caso dell’Italia con la sua richiesta di fare un bailout di Stato della sua terza banca in ordine di grandezza, il Monte dei Paschi, è esemplare. Licenziamenti draconiani e chiusure hanno momentaneamente calmato il panico. Bruxelles ha rifiutato di consentire una misura di salvataggio da 5 miliardi di dollari da parte dello stato italiano nei confronti della banca, richiedendo invece che la banca si conformasse ad una nuova legge bancaria dell’UE, nominata “Bail-in.” Anche se magari non oseranno ancora applicare il bail-in in Italia, questo è già una legge dell’UE, e diventerà sicuramente il primo strumento utilizzato dal mai eletto Eurogruppo quando si sarà colpiti dalla prossima crisi bancaria.

Il bail-in, anche se suona meglio del bailout a spese dei contribuenti, richiede che i correntisti di una banca vengano derubati dei loro depositi per “soccorrere” una banca fallita, se Bruxelles o i non eletti dell’Eurogruppo decidono che una misura di questo genere sia necessaria dopo che i possessori di obbligazioni gli azionisti e i creditori non sono più in grado di affrontare le perdite. Le confische del bail-in sono state applicate alle banche di Cipro dall’UE nel 2013. I depositanti con più di 100.000€ sul conto hanno perso il 40% dei loro soldi [in inglese].

Se si è un correntista in, per dire, Deutsche Bank, e le quotazioni azionarie precipitano, com’è successo, e guai legali ne minacciano l’esistenza, e il governo tedesco si rifiuta di parlare di bailout, ma piuttosto lascia aperta la possibilità di un bail-in, si può essere sicuri che qualunque correntista con un conto i più di 100.000€ inizierà a cercare un’altra banca, peggiorando la crisi di Deutsche Bank.  Tutto il resto dei correntisti sarebbero quindi vulnerabili al bail-in nella stessa forma proposta inizialmente dall’Eurogruppo per le banche di Cipro.

Rinuncia alla Sovranità Monetaria

Sotto l’Euro e le regole dell’Eurogruppo e della BCE, le decisioni non sono più sovrane ma centralizzate, prese da burocrati senza volto non eletti democraticamente, come il Ministro delle Finanze olandese, Jeroen Dijsselbloem, Presidente dell’Eurogruppo.  Durante la crisi bancaria a Cipro, Djsselbloem ha proposto di confiscare tutto il denaro dei correntisti, piccoli o grandi, per ricapitalizzare le banche. È stato costretto a recedere all’ultimo minuto, ma questo dimostra cosa sia possibile nell’incombente crisi bancaria dell’UE, che è pre-programmata dalle carenti istituzioni dell’Euro e dalla sua fatalmente imperfetta BCE.

Sotto le attuali regole dell’Eurozona, in vigore da gennaio 2016, è proibito ai governi nazionali dell’UE di soccorrere con il denaro dei contribuenti le proprie banche, impedendo una risoluzione concertata dei problemi di liquidità bancaria prima che sia troppo tardi. La Germania ha adottato una legge di bail-in così come hanno fatto altri governi dell’UE. Le nuove regole di bail-in sono il risultato di direttive burocratiche da parte di burocrati anonimi della Commissione Europea, note come l’EU Bank Recovery and Resolution Directive (“BRRD [in inglese]”).

Nel 1992 quando le banche svedesi divennero insolventi per l’esplosione della bolla immobiliare, subentrò lo stato con Securum, un meccanismo di soccorso del tipo bad-bank/good bank. Le banche fallite vennero temporaneamente nazionalizzate. I crediti immobiliari in sofferenza vennero assegnati alla compagnia di stato, Securum, la cosiddetta bad bank. I banchieri a rischio vennero licenziati. Alle banche nazionalizzate, senza i crediti “cattivi”, venne consentito, sotto il controllo statale, di riprendere le attività creditizie e di tornare al profitto prima di essere nuovamente privatizzate quando la situazione economica tornò a migliorare. I crediti immobiliari in sofferenza divennero nuovamente fruttuosi con la ripresa economica in alcuni anni, e dopo cinque anni, lo stato poté rivendere con profitto i beni acquisiti e liquidare Securum [in inglese]. I contribuenti non vennero colpiti.

La BCE Impedisce la soluzione delle crisi bancarie

Adesso che l’UE affronta un nuovo ciclo di crisi di solvibilità bancaria, con banche come Deutsche Bank, Commerzbank e altre grandi banche dell’Eurozona che attraversano nuove crisi di capitali, a causa del fatto che l’UE non possiede il potere di tassazione centralizzato, non è possibile una nazionalizzazione o un intervento flessibile che faccia uso di denaro pubblico. Misure che diano del tempo alle banche sofferenti come la concessione di una moratoria temporanea su pignoramenti e sequestri per le persone che dovessero restare indietro coi pagamenti,  non sono possibili, visto che è stato ceduto il sistema di pagamento elettronico nazionale alle banche commerciali.

La Zona Euro non ha autorità fiscale centralizzata, quindi soluzioni di questo genere non possono essere realizzate. I problemi del sistema bancario vengono risolti solo dalle autorità monetarie, dalle folli politiche della BCE di tassi di interesse negativi, il cosiddetto Quantitative Easing, con cui la BCE compra titoli spazzatura di debito privato e sovrano per infiniti miliardi di Euro, in un meccanismo di cui non si vede il termine, che contemporaneamente rende insolventi le compagnie assicurative e i fondi pensione.

La soluzione sicuramente non è quella proposta dal George Soros e dagli altri cleptocrati, cioè di dare al non eletto Super-Stato di Bruxelles l’autorità fiscale centrale per emettere gli Euro-bond. L’unica soluzione possibile, a meno di non distruggere le economie dell’intera Eurozona nella prossima crisi di solvibilità delle banche europee, è lo smantellamento di quel mostro di Frankenstein chiamato Unione Monetaria Europea, assieme alla sua BCE e alla sua moneta comune.

I singoli stati tra i 19 della Zona Euro non formano quella che gli economisti chiamano un’”area valutaria ottimale”, non l’hanno mai formata. I problemi economici di Grecia, Italia, o perfino della Francia, sono molto diversi da quelli di Germania, Portogallo o Spagna.

Nel 1997, prima della sua morte, uno degli economisti che amo di meno, Milton Friedman, ha dichiarato “l’Europa esemplifica una situazione sfavorevole per una moneta comune. È composta di nazioni separate, che parlano lingue differenti, con differenti costumi, e ha cittadini molto più leali e attaccati al proprio paese di quanto non lo siano al mercato comune o all’idea di Europa.” Da questo punto di vista, devo dire, aveva ragione. A maggior ragione oggi. L’Euro e la sua Banca Centrale Europea stanno assassinando l’Europa con la stessa efficacia della Seconda Guerra Mondiale, ma senza bombe né macerie.

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Articolo di F. William Engdahl pubblicato il 12/11/2016 su New Eastern Outlook

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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