L’Egitto voleva inviare segretamente circa 40.000 missili alla Russia

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Secondo il Washington Post, l’Egitto avrebbe cercato di trasferire segretamente circa 40.000 missili alla Russia. Il giornale statunitense sostiene che il documento classificato, datato 17 febbraio, contenesse conversazioni tra il presidente e alti funzionari militari che discussero piani per la fornitura di polvere da sparo e proiettili di artiglieria.

La pubblicazione ha ottenuto il documento in una serie di copie di file sensibili pubblicati nei mesi di febbraio e marzo sull’app di chat Discord, che includevano conversazioni tra Abdel-Fattah Khalil Al-Sisi e funzionari militari egiziani di alto rango, nonché piani per fornire alla Russia proiettili di artiglieria e polvere da sparo.

Questa rivelazione ha innescato una forte reazione da parte degli Stati Uniti, che hanno fornito all’Egitto aiuti annuali per quasi 2 miliardi di dollari negli ultimi 45 anni. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha avviato un’indagine sulla fuga di notizie.

Nonostante i funzionari statunitensi abbiano negato di aver visto le prove delle spedizioni, il documento mostra che pochi giorni dopo l’incontro con il Segretario di Stato Antony Blinken avvenuto a gennaio, al-Sisi ha ordinato ai funzionari di mantenere segreta la produzione e la spedizione di missili per evitare problemi con l’Occidente, danneggiando potenzialmente le relazioni tra gli Stati Uniti e uno dei suoi più stretti alleati mediorientali. Tuttavia, i funzionari egiziani hanno negato qualsiasi coinvolgimento nel conflitto in corso in Ucraina.

I documenti rivelano inoltre che le spie russe ei funzionari dei servizi di sicurezza degli Emirati Arabi Uniti avrebbero dovuto lavorare insieme contro le agenzie di intelligence statunitensi e britanniche.

Questo accade mentre gli Stati Uniti stanno valutando di espandere la propria cooperazione di difesa con gli stati del Golfo, inclusi l’Iraq e gli Emirati Arabi Uniti, per costruire un fronte unito contro l’Iran. Inoltre, un file separato trapelato ha mostrato che il Gruppo Wagner aveva tentato di acquistare armi dalla Turchia, un membro della NATO, per l’uso in Ucraina e Mali. Il documento, tuttavia, non ha rivelato se Wagner abbia avuto successo nei propri sforzi.

Aspettiamoci ora che al Cairo scendano in piazza un paio di decine di migliaia di bravi egiziani amanti della libertà e della democrazia, contro l’autocrate al Sisi . Del resto lo hanno già fatto con Mubarak aiutando nel 2012 i Fratelli Musulmani nel raggiungimento del potere.

Al-Sisi è salito al potere rovesciando il governo islamista dei Fratelli Musulmani nell’agosto 2013. Sotto la guida del presidente Morsi (originario dei “fratelli”), il Paese è precipitato nell’abisso dei problemi economici. Il generale al-Sisi ha giustamente ritenuto che molti cittadini avrebbero sostenuto il colpo di stato perché pensavano che i militari potessero garantire loro un tenore di vita migliore. Ma non si trattava solo di economia: ci si aspettava che al-Sisi potesse garantire ordine e parità di diritti a tutti gli egiziani, indipendentemente dalle loro preferenze politiche e religiose (vedi qui: https://www.vietatoparlare.it/in-che-modo-morsi-si-e-fatto-fuori-da-solo/).

Il Presidente ha cercato di rispondere a questa richiesta pubblica, ma lo ha fatto in modo piuttosto specifico: ha vietato le attività non solo dei Fratelli Musulmani, ma anche di altre strutture di opposizione.
La situazione egiziana sotto il terrorismo radicale religioso – che miete ogni anno centinaia di vittime – però non è assimilabile alle nostre condizioni, per cui un giudizio sull’autoritarismo di al Sisi deve tener conto ed approfondire sempre quella specifica situazione.

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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