Le terre rare ucraine sono un affare? Sembra proprio di no …

Domani Zelenskyj sarà alla Casa Bianca per incontrare Trump e formalizzare l’accordo sullo sfruttamento delle terre rare in Ucraina. Tuttavia, l’operazione ha tutta l’aria di un bluff. Perché? Perché le reali possibilità di estrazione nel paese sono minime, e la questione è ben più complessa di quanto venga presentato. Il processo estrattivo è lungo, costoso e altamente inquinante. Inoltre, la presenza di torio e uranio nei giacimenti rende l’estrazione ancora più rischiosa. Insomma, non è affatto l’affare vantaggioso che viene propagandato.

 

Vediamo perchè.

Da tempo si parla della ricchezza del sottosuolo ucraino come di una risorsa strategica di inestimabile valore, capace di attrarre ingenti investimenti occidentali e di ridefinire gli equilibri economici globali. Tuttavia, secondo alcuni analisti (vedi qui) e The Spectator, questa narrativa appare ampiamente esagerata.

L’accordo sulle Risorse Minerarie

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato che l’Ucraina sarebbe pronta a firmare un accordo che garantirebbe agli investitori americani una quota delle sue risorse minerarie. Tuttavia, appena due giorni prima, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva dichiarato che non avrebbe mai firmato intese che avrebbero ipotecato il futuro del paese per “dieci generazioni”. Ciononostante, si prevede che venerdì si recherà a Washington per siglare una nuova versione dell’accordo. Una delle richieste più controverse, che prevedeva il versamento agli Stati Uniti di 500 miliardi di dollari derivanti dallo sfruttamento minerario per ripagare gli aiuti militari, sarebbe stata eliminata dal testo definitivo.

miniera

 

Terre rare: un tesoro fantasma

Uno degli elementi più enfatizzati nel dibattito riguarda le cosiddette “terre rare”, un gruppo di 17 metalli essenziali per le moderne tecnologie elettroniche. Spesso si sostiene che l’Ucraina ne possegga giacimenti strategici, ma secondo l’US Geological Survey, non esistono depositi significativi di terre rare nel paese. Inoltre, il mercato globale delle terre rare ha un valore annuo di circa 15 miliardi di dollari, con la Cina che ne detiene il quasi totale monopolio.

Minerali non rari: un’industria inesistente

L’Ucraina possiede invece riserve di minerali non rari, come titanio, litio, uranio, cobalto, grafite, rame e nichel, oltre a gas e carbone. Tuttavia, la maggior parte di queste risorse è scarsamente sfruttata o addirittura inutilizzata. Nel 2023, l’export di minerale di uranio grezzo ha fruttato appena 29 milioni di dollari, mentre quello di titanio 11,6 milioni di dollari. Non esiste alcuna esportazione di spugna di titanio, un prodotto di gran lunga più prezioso.

Le riserve di litio, stimate in mezzo miliardo di tonnellate, restano inaccessibili poiché nel paese non esiste alcuna miniera attiva. Per avviare un’industria estrattiva e di lavorazione sarebbero necessari investimenti per miliardi di dollari, un impegno che pochi investitori sembrano disposti ad assumersi in un contesto di instabilità.

terre rare 7

Un mercato saturo e un controllo precario

Oltre ai limiti strutturali dell’industria mineraria ucraina, esiste un ulteriore problema: molti dei minerali su cui Kiev punta per attrarre investimenti sono già sovrabbondanti sul mercato mondiale. Nel 2023, le vendite globali di litio hanno subito un calo del 22%, fermandosi a 37 miliardi di dollari a causa dell’eccesso di offerta. L’unica miniera di grafite dell’Ucraina, attiva dal 1934, ha chiuso a dicembre per via del crollo dei prezzi. Analogamente, il mercato globale del titanio, nonostante il valore di 31 miliardi di dollari, non ha favorito l’export ucraino, che detiene il 7% delle riserve mondiali ma fornisce solo lo 0,3% della domanda globale.

 

Un’altra criticità riguarda il controllo del territorio: alcuni dei più grandi giacimenti di litio, come quelli di Krutaya Balka nella regione di Zaporizhia, si trovano in aree occupate dalla Russia. Lo stesso vale per le riserve di gas naturale nel bacino del fiume Donec e per le ricche miniere di carbone antracite di Donetsk, non più sotto il controllo di Kiev dal 2014.

Il mito della “Miniera d’Oro” ucraina

L’origine di questa narrazione ottimistica è rintracciabile in un rapporto pubblicato dal governo ucraino nel novembre 2024, intitolato “Ucraina: portafoglio minerario chiave”. Il documento, più che un’analisi oggettiva, appare come una proposta di investimento mirata a convincere gli alleati occidentali. Zelensky stesso ha descritto il suo paese come “la più grande opportunità in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale”. Una frase ripresa successivamente da un’organizzazione non governativa lituana che si definisce Centro di Eccellenza per la Sicurezza Energetica della NATO, sebbene non sia formalmente affiliata all’Alleanza Atlantica. Secondo il loro rapporto, l’Ucraina sarebbe “essenziale per i paesi che vogliono ridurre la dipendenza da regimi non democratici come Cina, Russia e Iran”.

L’eco di questa propaganda è arrivata fino agli Stati Uniti: il senatore repubblicano Lindsey Graham ha definito l’Ucraina “il paese più ricco d’Europa” e ha stimato il valore delle sue risorse tra i due e i sette trilioni di dollari. Dichiarazioni simili furono fatte dal Pentagono nel 2010 riguardo all’Afghanistan, proclamato “l’Arabia Saudita del litio” per il suo supposto tesoro minerario da mille miliardi di dollari.

La realtà, tuttavia, smentisce queste previsioni ottimistiche. Possedere giacimenti grezzi non equivale ad avere un’industria mineraria funzionante e capace di competere sui mercati globali. Per ora, la promessa delle risorse ucraine resta più un miraggio che un’opportunità concreta.

Conclusioni

Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno bisogno delle terre rare ucraine e russe. Tuttavia, quelle ucraine potrebbero essere solo un pretesto per rassicurare l’opinione pubblica filo-ucraina. Le uniche realmente redditizie sono quelle russe, poiché le aziende americane operanti in Russia potrebbero beneficiare di fonti energetiche a basso costo, un fattore cruciale considerando che l’estrazione delle terre rare richiede enormi quantità.

 

In realtà, la Cina produce tra l’85% e il 90% della produzione globale di terre rare, mentre la Russia è al secondo posto. Putin recentemente si è detto disposto ad aprire il suo paese alle aziende USA per fare affari con le terre rare e la produzione di alluminio. Per quale motivo, dunque, gli Stati Uniti dovrebbero entrare in un mercato già saturo e puntare sull’Ucraina, dove le miniere non sono ancora operative e il processo di estrazione costoso e meno redditizio?

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