La nuova crisi tra India e Pakistan, esplosa dopo l’abbattimento di tre caccia indiani da parte del Pakistan, ha riportato i riflettori su una delle dispute territoriali più lunghe e complesse del mondo: il Kashmir. Ma dietro lo scontro apparente tra due Stati sovrani si cela una lunga trama di interferenze e operazioni coperte, orchestrate anche da potenze esterne.
Tra queste, un ruolo particolarmente controverso e poco indagato è quello dell’MI6 britannico, storicamente legato all’apparato di sicurezza pakistano fin dai tempi della decolonizzazione e della guerra fredda. Questo articolo si propone di approfondire il legame tra l’intelligence britannica e le strategie pakistane nel Kashmir, un aspetto spesso sottovalutato nelle cronache attuali.
Dall’Afghanistan al Kashmir: la continuità di una strategia
Negli anni ’80, mentre il Pakistan era un attore chiave nella guerra sovietico-afghana, il suo servizio segreto – l’ISI – consolidò la cooperazione con l’MI6 e la CIA nell’ambito dell’Operazione Cyclone, il più grande programma segreto di finanziamento della guerriglia mai avviato dagli Stati Uniti. Questa collaborazione si fondava su un interesse comune: logorare l’Unione Sovietica sfruttando la guerriglia jihadista.
Con il ritiro dell’URSS dall’Afghanistan, quel know-how operativo e quella rete di contatti clandestini non vennero smantellati, ma traslati verso il Kashmir, nuova frontiera del confronto indiretto tra blocchi geopolitici. L’Operazione Tupac, lanciata dall’ISI alla fine degli anni ’80, si inserisce proprio in questa logica di continuità: applicare al Kashmir il modello di guerra asimmetrica sperimentato in Afghanistan.
Secondo fonti come The Economic Times (“Inside Operation Tupac: Pakistan’s secret project to burn Kashmir”), l’operazione fu avviata sotto la supervisione diretta dell’MI6, interessato a mantenere una pressione costante sull’India, all’epoca vista come una potenziale alleata dell’Unione Sovietica e una potenza “non allineata” da monitorare.
La supervisione britannica: supporto logistico o regia strategica?
Il coinvolgimento dell’MI6 nell’Operazione Tupac rimane un tema dibattuto. Non esistono documenti ufficiali declassificati che ne attestino una regia formale, ma numerosi studi accademici e rapporti giornalistici indicano un “supporto indiretto”, attraverso consulenze strategiche, forniture non ufficiali e formazione parallela.
Una dinamica simile a quanto emerso dalle inchieste sulla rete Gladio in Europa occidentale, dove l’MI6 – insieme alla CIA – contribuì alla creazione di strutture clandestine capaci di intervenire in caso di minaccia comunista. In Sud Asia, il Kashmir divenne il nuovo “fronte caldo” di questa strategia, anche se con finalità meno difensive e più destabilizzanti.
Un rapporto dell’US Army War College (1994) sulle operazioni psicologiche durante la Guerra Fredda include il Kashmir tra i “teatri di guerra psicologica prolungata”, evidenziando come la battaglia per la percezione e la narrativa fosse considerata strategica tanto quanto quella sul campo.
L’MI6 avrebbe fornito al Pakistan strumenti per alimentare una narrativa internazionale favorevole al separatismo kashmiro, contrastando la posizione indiana di “lotta interna al terrorismo” e riducendo la capacità diplomatica di New Delhi nei consessi internazionali.
Operazioni psicologiche e guerra dell’informazione
L’aspetto forse più significativo di questa influenza esterna riguarda le operazioni psicologiche (PSYOP), utilizzate per:
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influenzare la popolazione del Kashmir (diffondendo l’idea di una lotta eroica contro un oppressore);
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orientare l’opinione pubblica internazionale, specie nei Paesi occidentali, verso una percezione del Kashmir come “territorio occupato” e del separatismo come movimento di liberazione;
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creare fratture interne in India, sfruttando divisioni etniche e religiose attraverso messaggi subliminali, propaganda e finanziamenti a reti parallele.
Questa dimensione invisibile del conflitto è stata raramente messa a fuoco, ma risulta fondamentale per comprendere perché il Kashmir sia rimasto una ferita aperta per decenni, nonostante le numerose occasioni di negoziato.
Conseguenze geopolitiche: la lunga ombra dell’MI6
L’interferenza dell’MI6 e, più in generale, delle potenze occidentali nel conflitto indo-pakistano non si è limitata a un sostegno episodico, ma ha contribuito a istituzionalizzare una strategia di destabilizzazione a bassa intensità, la cui eco si riflette ancora oggi nelle dinamiche regionali.
Questa influenza esterna ha avuto tre effetti principali:
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Ha prolungato l’instabilità: impedendo una risoluzione diplomatica attraverso la continua alimentazione di attori non statali e canali paralleli.
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Ha rafforzato l’ISI come attore autonomo, scollegato dal solo controllo politico pakistano e capace di operare su scala transnazionale.
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Ha spostato il conflitto su piani multipli (militare, psicologico, mediatico), rendendo la guerra “infinita” perché non confinata a un solo campo di battaglia.
Un conflitto multilivello, una pace più lontana
Oggi, mentre la crisi si riaccende, con un Pakistan logisticamente indebolito (come documentato dall’Indian Express, che riporta scorte di munizioni pesanti esauribili in quattro giorni), queste eredità tornano a pesare. Non solo nella capacità operativa sul campo, ma nella percezione collettiva del conflitto, ancora intrisa delle narrative costruite a partire dagli anni ’80.
Capire il ruolo dell’MI6 e delle potenze esterne in questa storia non è un mero esercizio storico: è una chiave per leggere le dinamiche attuali, le debolezze nascoste e le trappole strategiche che continuano a impedire una soluzione pacifica e duratura del conflitto indo-pakistano.
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sullo stesso argomento, vedi anche : India e Pakistan sull’orlo: l’ombra lunga del Kashmir tra escalation e trappole strategiche
Fonti principali e riferimenti:
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The Economic Times, “Inside Operation Tupac: Pakistan’s secret project to burn Kashmir”, 2024
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The Indian Express, “Pakistan’s artillery crisis: four days of ammo left”, 2025
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US Army War College, Special Report on Psychological Warfare, 1994
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Report parlamentare italiano su Gladio, 1990
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Foreign Policy, “The MI6’s legacy in South Asia”, 2019