L’Azovstal, in 300 si arrendono, ma non incensateli: il prezzo fatto pagare alla popolazione è orribile

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Secondo corrispondenti militari russi, circa 300 militanti del battaglione nazionale Azov hanno lasciato ieri i sotterranei dello stabilimento Mariupol Azovstal.

Il corrispondente RT Maxim Toury ha confermato che i feriti sono stati portati all’ospedale del distretto centrale di Novoazovsk (prov, di Donetsk), dove riceveranno le cure mediche necessarie. Gli altri sono stati portati via con gli autobus in direzione di Yelenovka (prov. Veronez – Russia).

Della presa in carico dei feriti, il corrispondente militare Rudenko ha pubblicato una registrazione video dei soldati “Azov” feriti (vedi qui)”.

La notizia è stata confermata dal presidente ucraino Zelensky:

“Giornata difficile. Ma questa giornata, come tutte le altre, ha lo scopo di proteggere il nostro Paese e la nostra gente. Grazie alle azioni dell’esercito ucraino – le forze armate ucraine, l’intelligence, nonché il gruppo negoziale, il Comitato internazionale della Croce Rossa e l’ONU, speriamo di poter salvare la vita dei nostri ragazzi. Voglio sottolineare che l’Ucraina ha bisogno di eroi ucraini vivi. Questo è il nostro principio. Penso che ogni persona adeguata capirà queste parole”.

Secondo il corrispondente Rudenko, nessuno ha promesso che gli arresi sarebbero stati scambiati con altri prigionieri russi. I membri del Reggimento Azov sono considerati prigionieri di guerra. Con ogni probabilità, i membri del reggimento Azov saranno indagati singolarmente per accertare eventuali reati. A Donetsk hanno archivi nominativi con database di addebiti penali.

Se devo dire la verità, questa storia della ‘resistenza’ nell’acciaieria non mi appassiona. La ragione è molto semplice:

  • La guarnigione dell’AZOV, che ha solo bloccato una certa quantità di forze russe e delle Repubbliche autonome, ha messo in campo una difesa ad oltranza ‘coraggiosa’ ma strategicamente irrilevante.
  • La resistenza dei militari Azov – isolati a 150 km dal fronte – non aveva nessuna possibilità di vittoria, sin dall’inizio.
  • Questa condotta non essendo messa in atto per un motivo strategico remunerativo ma per nulla, corrisponde solo alla propria vanagloria ed al proprio masochismo.
  • Al contrario, il prezzo pagato dalla città è enorme. Quindi stonano le santificazioni dei combattenti dell’Azov, che stiamo vedendo costantemente da parte dei media e della politica.

Quantunque possano essere presentate le scuse più romanzate ed incredibili, i fatti sono piuttosto semplici e crudi: i militari che hanno difeso Mariupol in realtà hanno condotto una tecnica molto opinabile che di fatto ha condannato alla distruzione l’intera città, con perdite di vite civili che altrimenti sarebbero state risparmiate.

Su questi fatti ci sono decine e decine di testimonianze, anche da fonti dei media mainstream. Chi vuole evitare di fare i conti con quanto è successo a Mariupol, è semplicemente vittima di un delirio. Perché qui non stiamo parlando del motivo della guerra o di chi ha ragione, o delle cause: a Mariupol è stata messa in atto una condotta di guerra esecrabile.

Se i militari dell’Azov hanno resistito ad oltranza è sicuramente per la loro determinazione, ma il prezzo è stato pagato soprattutto dalla popolazione. Ma paradossalmente, vediamo il sacrificio della popolazione minimizzato, mentre viene lodata la condotta dei militari dell’Azov che in effetti hanno usato la tecnica dell’ISIS in Siria: farsi scudo dei civili.

C’è un motivo per far pagare per far pagare alla popolazione un prezzo così alto? Se escludiamo – come alcune fonti dicono – i misteriosi segreti che il sottosuolo dell’AZOVSTAL celerebbe, – l’impresa dei nazionalisti dell’AZOV è certamente remunerativa solo dal lato della propaganda.

Ma ammettere questo vorrebbe dire che si è barattata la sicurezza delle persone – impedendo loro di evacuare e mettersi in salvo -, per un motivo a dir poco abietto.

Purtroppo questi eventi non sono gli ultimi, la guerra nei centri abitati – che porta sistematicamente alla distruzione completa delle città – viene adottata comunemente dall’esercito ucraino. Lo stile ‘Mariupol si sta diffondendo in varie località fino al punto che non si capisce più bene quale sia l’esercito aggressore e quello nazionale.

Noto che, con una certa leggerezza, la parte ucraina dice che i negoziati non sono in agenda e che la vittoria la deciderà il campo di battaglia.

Pertanto, la prospettiva che si apre per i giorni a venire è da paura: se le città vedranno più volte il passaggio da un fronte ad un altro – fermo restando ciò che abbiamo visto a Mariupol – assisteremo a scenari anche peggiori. Ma i leader politici occidentali – presi come sono dall’euforia di inviare armi sempre più potenti e tecnologicamente avanzate – non sembrano curarsene.

VPNews

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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