La struttura giudiziaria globale: un’arma contro il populismo?
Negli ultimi anni, il confronto politico tra forze populiste e apparati istituzionali si è sempre più spostato dal piano elettorale a quello giudiziario. Personalità come Donald Trump, Silvio Berlusconi e altri leader definiti “sovranisti” o “anti-globalisti” hanno denunciato forme di persecuzione giudiziaria mascherate da difesa della legalità. Ma cosa succede se la giustizia stessa viene percepita come un braccio operativo dell’oligarchia globale?
L’ipotesi di Umberto Pascali: il diritto come ultima difesa dell’élite
Secondo Umberto Pascali, corrispondente da Washington e ospite ricorrente della trasmissione Il Vaso di Pandora, l’apparato giudiziario statunitense è oggi l’ultimo bastione dell’oligarchia globalista. Pascali accusa esplicitamente George Soros di aver finanziato le elezioni locali per piazzare giudici ideologicamente allineati, costruendo così una rete giudiziaria che:
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favorisce il rilascio di criminali pericolosi,
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garantisce impunità a gang legate ai servizi segreti,
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impedisce a Trump di esercitare pienamente il suo mandato.
️ “Se Trump vuole ripulire, arriva un giudice e dice che non può farlo.” — Umberto Pascali
Questo scenario, pur privo di prove conclusive, solleva una questione seria: in che misura il sistema giudiziario può essere influenzato da logiche politiche e ideologiche?
John Roberts e le “corporazioni giudiziarie” britanniche
La riflessione si fa ancora più inquietante quando Pascali introduce un elemento sorprendente: il presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti, John Roberts, risulterebbe affiliato al Middle Temple di Londra, una delle quattro antiche “Inns of Court” – corporazioni legali che risalgono all’epoca medievale e che ancora oggi formano parte del cuore del diritto britannico.
“Questa è una cricca giudiziaria internazionale. Roberts è affiliato al Middle Temple di Londra.”
Non si tratterebbe di un’anomalia isolata. Pascali afferma che molti giudici ostili a Trump fanno parte dell’American Inn of Court (AIC), una struttura americana ispirata alle Inns of Court inglesi e orientata a promuovere “etica e professionalità” nel mondo legale. Ma secondo questa visione, tali istituzioni sarebbero anche il nucleo operativo di una giustizia politicizzata.
“Lawfare”: quando la legge diventa guerra
Il concetto chiave, spesso citato negli ambienti MAGA (Make America Great Again), è quello di Lawfare – la guerra condotta attraverso il diritto. Pascali sostiene che non si tratti di deviazioni isolate, ma di un meccanismo coordinato a livello transnazionale, che colpisce selettivamente figure populiste.
“È una cupola giudiziaria globale. Agisce a livello transnazionale per bloccare certi politici.”
La strategia non si limiterebbe agli Stati Uniti. Pascali denuncia analoghe dinamiche anche in Europa, facendo l’esempio della magistratura italiana che avrebbe ostacolato politiche migratorie restrittive, talvolta con il sostegno di strutture internazionali.
✋ “Musk è già intervenuto contro la magistratura italiana che blocca le decisioni popolari sui migranti.”
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L’appartenenza ufficiale all’American Inn of Court è spesso difficile da verificare pubblicamente, poiché i registri non sono interamente accessibili.
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Alcuni giudici, pur non membri attuali, partecipano a eventi AIC, collaborano con membri AIC o provengono da ambienti giuridici affini.
Polarizzazione e cultura giuridica
Negli Stati Uniti, la giustizia non è immune dalla crescente polarizzazione politica. Le scuole di diritto, le associazioni forensi e i tribunali federali sono spesso percepiti come ambienti dominati da élite urbane di orientamento liberal. L’AIC, che include accademici e giudici di alto livello, potrebbe rispecchiare questa cultura dominante.
Uno studio del 2012 (Smelcer, Steigerwalt, Vinning) ha mostrato che i candidati giudiziari repubblicani ricevevano valutazioni peggiori rispetto ai democratici da parte dell’American Bar Association (ABA). Se l’AIC ha un orientamento simile, potrebbe esercitare un’influenza indiretta contro le visioni populiste o sovraniste, anche senza una strategia esplicita.
Parole chiave come “diversity”, “rule of law” o “inclusione” – formalmente neutre – possono acquisire significati divergenti: per un progressista sono valori universali; per un nazionalista MAGA possono suonare come strumenti di un’agenda globalista che scavalca la sovranità nazionale.
Conclusione: un potere occulto sotto i riflettori
L’accusa di Umerto Pascali, forte ma non infondata (gli alberi si riconoscono anche dai frutti), è che esista una rete giudiziaria internazionale, con radici storiche e connessioni culturali profonde, che agisce come un freno istituzionale contro l’ascesa dei populismi. Non si tratterebbe di un complotto nel senso stretto del termine, ma di un ecosistema culturale, professionale e ideologico coeso, che tende naturalmente a difendere lo status quo.
In questa narrazione, Trump, Berlusconi, Orban, Putin e oggi Gerogescu, Le Pen ed altri rappresentano una minaccia sistemica non solo per le élite politiche e finanziarie, ma anche per le élite giuridiche. E quindi, la giustizia stessa si trasforma da garante neutrale della legge in strumento discreto di resistenza sistemica.