L’approccio dell’Occidente con L’Islam

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Guardando i fatti che accadono, e le notizie che si rincorrono sulle continue persecuzioni di cristiani e il sorgere di sistemi sempre più teocratici nei paesi islamici, i moderati nell’Islam appaiono essere, sempre più  il frutto di un nostro atto di fede più che essere una realtà politica significativa all’interno di quelle società, e l’approccio occidentale con l’Islam risulta del tutto errato.

Mi vengono in mente alcuni punti su cui riflettere:

l’Islam allo stato attuale confligge al suo interno con la nostra idea di società.

I cambiamenti di comportamento in questo mondo monolitico sono assai difficili,  cioè per essere un buon mussulmano si devono seguire determinati atti e concepirsi non come individuo ma come sottomesso alla divinità  e facente parte di una collettività che è al di sopra di tutto il resto dell’umanità. Il punto centrale della vita religiosa non è l’andare in moschea ma le prescrizioni da rispettare.
Non c’è un’autorità unica a cui riferirsi e perciò il tratto identitario più evidente è la  prescrizione, se si trasgredisce non si è un buon mussulmano.
Risultato: Non identificandosi  con un’autorità morale unica, ma con i precetti ,  non è possibile alcuna evoluzione perchè si parte  da una concezione contrapposta a quella cristiana in cui l’uomo può evolversi sperimentando appieno la sua umanità, in cui tutto è buono, tutto ciò che non và contro la sua natura,  perchè redento.
Tutto è possibile per la Provvidenza, ma l’origine della sfida è una cosa che deve essere chiara.

L’atteggiamento sbagliato dell’occidente ( adotta un sistema non religioso) nei confronti dell’Islam .
Finora l’occidente ha usato e inteso vincente  il suo modo di intendere la democrazia.
Prevale la convinzione che la nostra società è il massimo che si possa concepire , la civiltà pienamente realizzata. E’ una concezione della storia in cui il  “medioevo”  (età oscura e arretrata) viene contrapposta a quella luminosa degli anni a venire , del progresso umano e dell’illuminismo e del relativismo, la liberazione dalla religione cattolica e almeno la separazione tra stato  e la chiesa  è il trionfale punto di arrivo. Questo traguardo ha trovato un prezzo enorme da pagare , la chiusura di ordini religiosi, l’esproprio, il furto,  l’uso della forza e infine le ” grandi guerre” . Tutto giustificabile per il progresso. Con le due guerre mondiali l’umanità è stata ad un passo della distruzione. Poco importa.  Con questa idea di noi stessi pensiamo di dialogare con l’Islam… buona fortuna!

Così  i mussulmani  avranno anche loro il loro “progresso” , “si devono compatire ma col tempo capiranno”.
Infatti prevale l’idea che  le società islamiche  sono semplicemente  come le nostre centinaia di anni fà, e perciò dobbiamo capirle, perchè è inevitabile che presto o tardi si uniformeranno ai nostri “canoni “, al nostro concetto di libertà, al nostro concetto di democrazia, al nostro concetto di diritti umani, al nostro concetto di uguaglianza e dignità individuale. Si capisce così la diffidenza che hanno nei nostri confronti , e invece la possibilità  di avvicinamento utilizzando altre latitudini, come nel caso del Meeting del Cairo.

Diamo aiuti a tutti perchè siamo convinti che con il benessere cadrebbe il fondamentalismo,  chi pensa questo lo fà giudicando che il  male derivi  da una società imperfetta che crea diseguaglianze e perciò ingiusta.
Si usa cioè nell’approccio con l’islam l’idea  di chi  vede tutta la realtà come causa ed effetto, cioè che tutto possa essere spiegato e che ogni individuo è frutto delle circostanze.

Quindi per cambiarlo si devono cambiare le circostanze. Si è visto che  non è così .
Lo si è visto in Iraq. Applicando questo teorema oggi è peggio di prima. Ma non c’è da stupirsi: c’è chi crede che mettendo gli ingredienti giusti si possa ricreare in laboratorio il bing-bang e quindi la vita, ricreando “il brodo primordiale”.

Tutte queste cose non contano se si dimentica la propria storia fino a mentire e cambiare i fatti sui libri di storia, pur di far vincere una concezione della realtà fatta dall’uomo, si perde così il fondamento della stessa esistenza umana.

Si perde la memoria, l’esperienza umana  che la storia ci racconta.  Che è una ricchezza . E’ una ricchezza che non interessa. Tant’è che  interessa “la moda etnica”  ma non la memoria.
Questa decostruzione è proprio un lavoro ben fatto : le nostre società non corrispondono ormai a questi valori in quanto non concepiscono la vita come data e l’individualismo e l’uomo che si fà da sè impera, eppure è evidente non si può può proporre a sè stessi e a nessuno questo modello svuotato del suo fondamento.

RISULTATO: i tecnocrati  delle nostre diplomazie possono fare e dire quello che vogliono, ma non funzionerà mai. Nè  basterà l’esistenza nei nostri parlamenti nazionali o sovranazionali europei, di qualche figura cristiana particolarmente carismatica (e osteggiata) a cambiare le cose.

C’è una legge prevalente che conta sopra tutto e che filtra snaturando ogni cosa buona , che conta la riuscita dell’uomo e i suoi diritti e che tutto è lecito se non si contravviene alle leggi.
Questo è il nostro concetto di libertà che adottiamo nelle relazioni internazionali e quindi il modo con cui approcciamo e ci relazioniamo con l’Islam.   Lo ha detto Blair qualche anno fà al Meeting di Rimini ed ha detto che aveva speranza, nei suoi periodi di permanenza in Terra Santa come incaricato di mediare tra palestinesi e israeliani,  solo guardando quella collina dove Cristo ha vinto il nostro peccato, e che ha fatto ciò che era imprevisto e impossibile per l’uomo.

Ma occorre che si torni a Lui per affrontare questa sfida. Perché il male e la morte  non è vero che non esiste. Perciò proponiamo solo buste vuote.

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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