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Lancet: non c’è alcuna correlazione tra lockdown e tasso di mortalità per covid

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Uno Studio statistico effettuato su 50 nazioni, è stato pubblicato su The Lancet: non risulta nessuna correlazione tra mortalità per Covid e le misure di lockdown adottate dai governi. Attenzione, non si dice che non esiste nessuna relazione tra misure di contenimento e il tasso di contagio ed il tasso di letalità, ma che i fattori chiave sono altri:

[su_quote]Abbiamo confrontato i dati di 50 paesi diversi, per valutare i fattori socioeconomici specifici del paese e le capacità sanitarie che incidono sugli esiti correlati a COVID-19 come il nuovo carico dei casi, i casi critici e la mortalità. Il nostro studio ha dimostrato che le restrizioni di viaggio e le misure di contenimento messe in atto fino al 1 ° maggio 2020 possono avere un impatto sul numero totale di casi di COVID-19 , ma non è stata osservata alcuna associazione tra le politiche di salute pubblica e numero di casi critici o mortalità.[/su_quote]

Gli autori non sconsigliano i governi di cessare ogni misura ma ritengono che debbano anche tener d’occhio e migliorare altri fattori direttamente connessi con la letalità della malattia: “…bassi livelli di preparazione nazionale nella diagnosi precoce e nella segnalazione, capacità di assistenza sanitaria limitata e caratteristiche della popolazione come età avanzata, obesità e tassi di disoccupazione più elevati sono stati fattori chiave associati all’aumento della diffusione virale e della mortalità generale”.

In particolare mi ha colpito che anche la disoccupazione è risultato un fattore di rischio reale. Infatti, si è riscontrato che – nei paesi esaminati – più è alto il tasso di disoccupazione e più esiste diffusione del virus tra la popolazione. Va da sé che un alto  livello di disoccupazione abbia diverse implicazioni sul tenore di vita delle famiglie e sullo stato di salute degli individui.
In proposito non di rado medici ed esperti hanno affermato che la capacità del sistema immunitario di reagire , è direttamente connessa non solo al grado di salute che godono i singoli individui ma è connessa anche alla psiche, con ricadute sulla  depressione e all’ansia (con i notori effetti sul sistema immunitario).

L’esortazione è quindi che i governi tengano conto di tutto questo (e non solo dei quotidiani grafici dei contagi):

[su_quote]Poiché i governi prendono in considerazione l’eliminazione parziale o totale delle restrizioni sui viaggi e delle misure di contenimento, comprendere il ruolo di queste politiche nella mitigazione delle infezioni è fondamentale per ridurre al minimo l’impatto della seconda e terza ondata di epidemia. Un’attenta considerazione delle prove epidemiologiche può aiutare i governi a identificare i fattori socioeconomici e di salute della popolazione di base che potrebbero indicare un livello aggiuntivo di rischio e ulteriori sfide durante il tentativo di contenere COVID-19.[/su_quote]

Non aspettiamoci di trovare nello studio un atto di accusa verso i governi, questo non è compito della scienza. Però è chiaro che a determinare le politiche attuali non esiste solo l’epidemia. Quindi una comprensione completa di questo anno di pandemia, tenendo conto solo dei fattori sanitari, non è possibile.

Non è concepibile una comprensione esatta di ciò che succede senza considerare – come ha detto l’ex segretario americano Kerry (vedi Scenari Economici) – , che da parte delle grandi organizzazioni e potentati che guidano gli stati (l’Unione Europea è uno di questi potentati, è un agglomerato di organizzazioni privatistiche, lobby e think thank), esiste innanzitutto la preoccupazione di eseguire un dato cambiamento nel mondo.

Lo studio è stato pubblicato qui: https://www.thelancet.com/journals/eclinm/article/PIIS2589-5370(20)30208-X/fulltext#tbl0001

patrizioricci by @vietatoparlare

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