La visita di Re Carlo III a Roma: contesto geopolitico, controversie e interpretazioni alternative

1. Globalismo vs. sovranismo: la visita di Carlo III nel contesto 2024-2025

La visita di Stato di Re Carlo III a Roma nell’aprile 2025 si inserisce in un clima geopolitico teso tra visioni globaliste e sovraniste. Da un lato, Carlo III incarna posizioni globaliste: è da tempo impegnato su temi sovranazionali come la lotta al cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile. Emblematicamente, quando era ancora principe ha partecipato al lancio dell’iniziativa del World Economic Forum nota come Great Reset, definendo la pandemia una “opportunità d’oro” per “costruire un mondo più sostenibile ed equo”weforum.org. Questo lo allinea all’agenda globalista promossa dal WEF e da leader internazionali orientati alla cooperazione multilaterale e alle riforme globali.

Dall’altro lato, figure come Donald Trump rappresentano la visione sovranista opposta. Trump ha promosso politiche di “America First”, criticando organismi sovranazionali e accordi globali: ad esempio, da presidente ha ritirato gli USA dall’Accordo di Parigi sul clima e ha spesso polemizzato con istituzioni come il WEF. Il possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca dopo le elezioni USA del 2024 (sarebbe il suo secondo mandato, iniziato nel gennaio 2025) viene percepito come uno spartiacque. Anche osservatori neutrali notano che un secondo mandato Trump segnerebbe “un cambiamento significativo dell’ordine globale del dopoguerra”, con un netto spostamento di priorità su economia e clima rispetto all’agenda attuale​ (weforum.org). In altre parole, la prospettiva di Trump bis preoccupa i fautori dell’ordine globale liberale e degli impegni climatici, dando loro motivo di compattarsi.

Italia: In questo scenario, l’Italia governata da Giorgia Meloni (leader di destra con passato euroscettico) diventa terreno di attenzione. La visita di Carlo III – sostenitore del multilateralismo europeo e amico del clima – potrebbe essere letta come un segnale verso Roma affinché rimanga allineata al fronte globalista occidentale, specialmente in vista di possibili turbolenze transatlantiche. Fonti giornalistiche hanno suggerito che l’arrivo del re non fosse affatto “solo” celebrativo, ma avesse lo scopo di rinsaldare i legami tra Londra e Roma in previsione di un futuro in cui Washington, con Trump, possa seguire linee meno cooperative​ (nicolaporro.it). L’analista Salvatore Di Bartolo, ad esempio, ipotizza che Regno Unito e Stati Uniti si stiano contendendo l’influenza sull’Italia, paese strategico nel Mediterraneo, e che “con l’avvento della seconda era Trump” Londra voglia garantirsi che Roma non scivoli troppo nell’orbita sovranista filo-americana​. In quest’ottica, Carlo III avrebbe quasi “forzato” la sua presenza nonostante recenti problemi di salute, pur di onorare l’impegno in Italia (​nicolaporro.it) e portare un messaggio chiaro alle élite italiane.

Va ricordato infatti che la stretta cooperazione anglo-italiana ha una lunga storia ed è vista da Londra come un asset da preservare. Lo stesso discorso di Carlo al Parlamento (come vedremo) ha sottolineato che “sin dalla sua nascita, il destino dell’Italia è legato a doppio filo a quello del Regno Unito”, quasi a ricordare che la storia italiana moderna è intrecciata con quella anglosassone (​nicolaporro.it). In sostanza, secondo queste letture, la visita del re – calorosamente accolta dalle istituzioni italiane – sarebbe un atto geopolitico preventivo: i globalisti europei (Regno Unito compreso) fanno quadrato, ribadendo i legami storici e valori comuni con l’Italia, per arginare eventuali derive sovraniste in vista di un possibile ritorno di Trump. Come sintetizza un’analisi italiana, “gli inglesi considerano l’Italia cosa loro sin dai tempi dell’Unità”, e anche gli americani dal 1943 in poi – quindi ora Londra vuole assicurarsi che Roma resti nella propria sfera di influenza nonostante le ambizioni di Washington”​ (nicolaporro.it). Il tutto avviene sullo sfondo di importanti dossier internazionali del 2024-25 (guerra in Ucraina, transizione energetica, trattati commerciali) in cui un’Italia allineata con il blocco anglo-europeo può fare la differenza.

2. Contenuto e controversie: il discorso di Carlo III tra clima, politica e storia

Durante la visita, Re Carlo III ha tenuto un discorso storico alle Camere riunite (prima volta di un monarca britannico in Parlamento italiano​ (ilmanifesto.it). Il discorso ha toccato vari temi – dall’amicizia anglo-italiana alle sfide globali – ma alcuni passaggi hanno suscitato critiche e polemiche in certi ambienti italiani. In particolare, sono emerse perplessità su tre fronti: l’agenda climatica, i riferimenti alla politica internazionale “anglosassone” e l’interpretazione della storia del Risorgimento italiano.

  • Sostegno all’agenda climatica: Carlo III è noto ambientalista e nel suo intervento ha lanciato moniti sul “necessario impegno” contro il cambiamento climatico, citando anche Virgilio in italiano (​editorialedomani.it). Ha ricordato come Italia e UK già soffrano eventi estremi – “dalla siccità in Sicilia alle inondazioni nel Somerset” – avvertendo che le previsioni di 16 anni fa (quando egli parlò di clima a Montecitorio da principe) si stanno tragicamente avverando​(ilmanifesto.it). Questa forte enfasi green è piaciuta a sinistra (il Presidente Mattarella ha elogiato il “sovrano ambientalista”​ (ilmanifesto.it), ma ha creato attrito sotterraneo con la destra di governo, notoriamente scettica su regolamentazioni climatiche.

    Basti pensare che il governo Meloni ha recentemente chiesto all’UE di rallentare il Green Deal (​ilmanifesto.it). La presenza di tutti i ministri ad applaudire Carlo su questo tema è apparsa quasi paradossale: “sotto di lui siedono i ministri di un governo che ha appena chiesto all’UE di fermare il Green Deal. Tutti però applaudono il sovrano ambientalista” nota il manifesto (​ilmanifesto.it).

    Fonti conservatrici hanno criticato queste posizioni ecologiste del re, leggendole come promozione dell’agenda globalista del clima (spesso indicata come “ideologia Greta/WEF” in tali ambienti). Ad esempio, c’è chi ha visto nel riferimento di Carlo alla “terra da rispettare” un sostegno all’agenda green osteggiata dai sovranisti, alimentando il narrativo di un “climate change” usato come strumento di controllo globale.

  • Politica estera e valori anglosassoni: Un secondo filone di critiche riguarda i riferimenti di Carlo all’attualità geopolitica e ai valori condivisi. Nel discorso il re ha ringraziato l’Italia “per ospitare basi NATO e per guidare missioni”​(editorialedomani.it) con chiaro riferimento alle pressioni britanniche pro estensione del conflitto in Ucraina, ribadendo la comune difesa dei valori democratici occidentali e il sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa​(editorialedomani.it).

    Inoltre ha parlato di “due Paesi europei” riferendosi a UK e Italia, sottolineando che “siamo, dopotutto, entrambi Paesi europei” nonostante la Brexit (​repubblica.it). Questa impostazione filo-NATO e filo-UE, tipica della politica anglosassone mainstream, è stata accolta freddamente dagli ambienti sovranisti nazionalisti italiani. Sebbene Meloni e la sua maggioranza abbiano applaudito ufficialmente, è noto che frange della destra italiana guardano con diffidenza l’Alleanza Atlantica (alcuni esponenti avevano simpatie pro-Russia) e il riferimento all’unità europea può urtare gli euroscettici. Inoltre, Carlo ha reso omaggio alla Resistenza italiana citando una partigiana addestrata dagli inglesi e dicendo “tutti rendiamo omaggio al suo coraggio”​ (ilmanifesto.it). Anche questo non era scontato per la destra post-neofascista al potere, che ha un rapporto ambiguo con la memoria resistenziale. In sintesi, il re ha portato in Parlamento una linea fortemente allineata con l’Occidente liberale anglosassone, tra clima, NATO, UE e antifascismo: un mix che ha rappresentato quasi una sfida ideologica per il governo italiano, costretto però dall’etichetta diplomatica ad applaudire. Commentatori nazionalisti hanno poi criticato questo come un tentativo di “lezione” anglosassone all’Italia su cosa sia giusto fare in politica estera e di valori.

  • “Meriti” britannici nell’Unità d’Italia e revisionismo storico: La parte più discussa del discorso è stata forse quella storica. Carlo III ha rivendicato con orgoglio il ruolo positivo del Regno Unito nel Risorgimento italiano, affermando che “il Regno Unito è orgoglioso di aver avuto un ruolo a sostegno dell’unificazione italiana” (repubblica.it). Ha ricordato episodi come lo sbarco dei Mille a Marsala nel 1860 protetto da due navi da guerra britanniche, la grande ammirazione popolare inglese per Garibaldi – la “Garibaldimania” del 1864 con mezzo milione di londinesi in festa e persino un biscotto Garibaldi creato in suo onore (​repubblica.it). Inoltre ha sottolineato come molti eroi del Risorgimento (Cavour, Mazzini, Garibaldi stesso) trascorsero tempo a Londra, evidenziando la vicinanza storica tra le due nazioni (​repubblica.it). Questa narrazione, aderente alla storiografia ufficiale, dipinge la Gran Bretagna come amica dell’Italia risorgimentale e paladina della sua libertà. Tuttavia, ha immediatamente provocato reazioni critiche da parte di storici revisionisti e movimenti neo-borbonici (diffusi soprattutto nel Sud Italia).

    Secondo Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico, Carlo non ha fatto che confermare ciò che loro denunciano da anni: e cioè che l’Inghilterra ebbe un ruolo determinante nell’unificazione, mosso però da propri interessi strategici ed economici (vitawebtv.it). I neoborbonici ricordano che il sostegno inglese a Garibaldi “non fu casuale”: la marina britannica vigilò sullo sbarco a Marsala e Londra mirava a indebolire il Regno delle Due Sicilie per motivi geopolitici (ad esempio la “guerra dello zolfo” e il controllo del Mediterraneo)​ (vitawebtv.it).

    Questa versione ribalta la prospettiva: altro che altruismo britannico, sarebbe stata ingerenza per interessi imperiali. De Crescenzo nota polemicamente che Carlo nel suo discorso ha omesso aspetti scomodi come “gli accordi con i Savoia, le calunnie di Gladstone e la propaganda massonica” che accompagnarono il progetto unitario​ (vitawebtv.it).

    Non è un mistero infatti che molti protagonisti del Risorgimento avessero legami massonici e forti contatti a Londra, il che alimenta teorie di complotto secondo cui l’Unità d’Italia fu orchestrata dalle élite anglo-massoniche dell’epoca. I revisionisti ricordano ad esempio le famose lettere di Gladstone (politico britannico) che diffamarono il regime borbonico, preparandone la delegittimazione internazionale, e insinuano che la popolare “Garibaldimania” inglese del 1864 non fu spontanea ma frutto di un’imponente macchina propagandistica ottocentesca​ (vitawebtv.it).

    In pratica, laddove Carlo III esalta un comune patrimonio di valori e aiuto britannico all’Italia, i critici neoborbonici parlano di “unificazione imposta e devastante” per il Sud​ (vitawebtv.it), di cui il popolo delle Due Sicilie fu vittima. Hanno addirittura invitato il re a chiedere scusa agli ex abitanti del Regno delle Due Sicilie per quei fatti, invece di gloriarsene​ (vitawebtv.it). Questa polemica si inserisce nel più ampio movimento di rivalutazione storica del Regno Borbonico, che da anni cerca di sfatare l’idea che il Sud pre-unitario fosse arretrato e oppresso, sostenendo al contrario che l’annessione piemontese (appoggiata dagli inglesi) rase al suolo un regno prospero causando il cosiddetto “sacco del Sud”.

    Sebbene la storiografia accademica mainstream sia cauta su queste tesi, esse trovano sostegno in storici come Angela Pellicciari ed altri, oltre a altre fonti cosidette alternative e sui social. L’effetto immediato è che il passaggio di Carlo sull’Unità d’Italia, pensato per celebrare i legami storici, ha riacceso un dibattito identitario in Italia: la narrativa ufficiale risorgimentale contro la contro-narrativa neo-borbonica. In mezzo, molti hanno trovato quantomeno inopportuno che un monarca straniero venisse in Parlamento a “rivendicare” meriti storici: “un po’ come dire: è merito nostro se si è fatta l’Italia unita e libera”, ha chiosato polemicamente un commentatore, leggendo in quelle parole una sorta di arroganza post-imperiale​ (nicolaporro.it).

In definitiva, il discorso di Re Carlo – accolto con standing ovation ufficiale – ha però avuto eco controversa fuori dall’aula. Da un lato c’è chi lo ha lodato come discorso di alto profilo, pieno di cultura (le citazioni di Dante e Virgilio) e di visione ecologista e storica condivisibile. Dall’altro, sia frange della destra sovranista sia ambienti complottisti e neo-borbonici vi hanno letto l’ennesima lezione globalista/anglosassone all’Italia, criticando il tono su clima e NATO, e soprattutto contestando la lettura edulcorata della storia italiana fatta da un discendente di quella Regina Vittoria che nel XIX secolo giocò le sue carte nella penisola. Il contrasto fra narrativa ufficiale (amicizia storica Italo-Britannica foriera di progresso) e rivalutazione storica alternativa (Inghilterra regista occulta di eventi discutibili) è esploso sui media, evidenziando come ogni elemento – persino un biscotto Garibaldi citato da Carlo con simpatia – possa diventare simbolo di scontro ideologico.

3. La City di Londra: autonomia, paradisi fiscali e potere finanziario globale

Un capitolo fondamentale, quando si parla di visioni globaliste, riguarda il ruolo della City di Londra. La City – il miglio quadrato al centro di Londra – è da secoli il cuore finanziario del Regno Unito e uno dei principali centri di potere economico globale. Storicamente, le fortune dell’impero britannico e della finanza internazionale si sono intrecciate nelle sue istituzioni: già dal ‘700 e ‘800 la City gestiva capitali dell’Impero e ospitava figure chiave (ad es. governatori della Banca d’Inghilterra legati alla East India Company)​ (disruptionbanking.com). Ancora oggi Londra primeggia in classifiche internazionali come piazza finanziaria “più attrattiva al mondo” per capitale umano e investimenti​ (weforum.org). Ma ciò che rende la City davvero unica è la sua autonomia e governance peculiare, la rete di paradisi fiscali ad essa collegata, e la sua influenza sulle politiche globali – tutti elementi spesso citati come esempio di potere “globalista” scollegato dal controllo democratico.

Dal punto di vista istituzionale, la City di Londra è retta da un ente autonomo, la City of London Corporation, con privilegi e consuetudini secolari. Questa corporazione è così particolare che George Monbiot l’ha definita “un’oligarchia medievale”: nel suo consiglio la maggior parte dei voti non appartiene ai residenti (che sono pochissimi), bensì alle corporation lì insediate, principalmente banche e società finanziarie. Il sistema di voto è calibrato a favore delle aziende (più grande è l’azienda, più voti può esprimere, tramite i propri dirigenti) – “Plutocrazia, pura e semplice” commenta Monbiot (​theguardian.com​). Inoltre l’iter per accedere alle cariche (Common Councilman, Alderman, Sheriffs fino al Lord Mayor) prevede cooptazione da parte dei membri esistenti e requisiti patrimoniali: in pratica, solo i grandi ricchi e membri delle gilde tradizionali hanno voce in capitolo​ (theguardian.comtheguardian.com).

Questa autonomia permette alla City di resistere alle ingerenze persino del parlamento britannico: non è soggetta alle stesse regole delle altre città e mantiene prerogative uniche. Emblematico il ruolo del Remembrancer, un funzionario della City che siede alla Camera dei Comuni (dietro lo Speaker) con il compito di monitorare e proteggere gli interessi della City quando si legifera​ (theguardian.com). In effetti “la City of London è l’unica parte della Gran Bretagna su cui il Parlamento non ha autorità”, e la Corporation dispone di ingenti fondi propri con cui fa lobbying pro-banche e pro-deregulation senza trasparenza (​theguardian.com​). Questa configurazione autonoma – uno “stato nello stato” – spiega perché la City viene talora vista come il simbolo del potere globalista scollegato dal controllo popolare. Non risponde pienamente alla democrazia rappresentativa, ma direttamente agli interessi finanziari. Monbiot osservò già nel 2011 che la City aveva usato la sua posizione per diventare una sorta di “giurisdizione offshore” al centro di un impero di finanza ombra (​theguardian.com).

In effetti, strettamente legata alla City vi è la rete di paradisi fiscali mondiale originata dall’ex impero britannico. Molti Crown Dependencies e Overseas Territories del Regno Unito (dalle Isole del Canale, all’Isola di Man, fino a Cayman, Bermuda, BVI e altri) funzionano da segrecy jurisdictions, offrendo segretezza e vantaggi fiscali a capitali globali. Questa “ragnatela” offshore viene spesso coordinata proprio attraverso istituti e studi legali basati a Londra. Secondo analisi giornalistiche, “tutti i principali studi legali specializzati in paradisi fiscali hanno sede a Londra o in territori d’oltremare britannici”, a dimostrazione di come il know-how e la regia siano concentrati nella City​disruptionbanking.com. La City of London agisce insomma come snodo centrale che collega e controlla i paradisi fiscali dei territori britannici (​theguardian.com).

Monbiot la definì “una giurisdizione segreta che controlla la rete di paradisi fiscali delle dipendenze della Corona”: un “stato autonomo” in grado di riciclare enormi capitali di provenienza dubbia (oligarchi, criminalità, evasori) e sottrarli alle tasse dovute nel resto del mondo​ (theguardian.com). Eva Joly, magistrato francese anti-corruzione, notò che questa rete non ha mai fornito “nemmeno la più piccola prova utilizzabile” alle indagini straniere​ (theguardian.com). Il risultato è duplice: da un lato la City-attorno-cui-orbita-l’offshore drena risorse fiscali agli stati (è stimato che una percentuale significativa della ricchezza mondiale – forse tra l’8% e il 30% – sia nascosta offshore​cambridgepoliticalaffairs.co.uk), dall’altro funge da scudo per capitali di origine illecita. È nota l’espressione “London laundromat” (lavanderia di Londra) proprio per descrivere questa capacità di ripulire fondi: ad esempio, negli anni 2000 la deregolamentazione a Londra permise a banche americane di eludere regole (caso AIG, Lehman Brothers trasferitisi sulla piazza londinese per operazioni rischiose che negli USA sarebbero state vietate) (​theguardian.com).

In sintesi, la City e i suoi satelliti offshore costituiscono l’infrastruttura del potere finanziario globale: un sistema autonomo, autoreferenziale, che “rende quasi impossibile una regolamentazione efficace della finanza mondiale”theguardian.com.

L’influenza politica della City si esercita sia sul Regno Unito (abbiamo visto il lobbying interno) sia a livello internazionale. Spesso Londra ha frenato iniziative di regolamentazione finanziaria in sede UE o OCSE per proteggere il proprio ecosistema finanziario. Ad esempio, si ricorda che la City ha resistito a lungo a norme anti-riciclaggio e solo post-Panama Papers il Regno Unito ha iniziato a introdurre obblighi di trasparenza (peraltro con molte resistenze)​ (oebrg.atoebrg.at).

Prima della Brexit, il governo britannico fungeva da scudo agli interessi della City anche in Europa. Inoltre, la dipendenza economica del Regno Unito dalla finanza londinese è tale che spesso i governi britannici – di qualsiasi colore – hanno evitato di colpire davvero i flussi di denaro sporco o elusivo: milioni di sterline in investimenti immobiliari e titoli pubblici UK provengono dai capitali offshore reinstradati (​oebrg.atoebrg.at), per cui chiudere i rubinetti significherebbe crisi fiscale (lo ammetteva anche un’ex ministra come Margaret Hodge, definendo Margaret Thatcher “la madre della deregolamentazione” che aprì le porte ai soldi offshore per salvare il bilancio negli anni ’80​oebrg.atoebrg.at). Questo paradosso – leggi anti-evasione da una parte, tolleranza di fatto dall’altra – è stato definito “ambiguità del governo britannico”​(oebrg.at).

Infine, per quanto riguarda le connessioni con l’agenda del World Economic Forum (WEF), va detto che la City di Londra e le grandi istituzioni finanziarie che vi operano sono attori chiave del globalismo economico promosso dal WEF. Non a caso molte proposte del WEF (come il “capitalismo degli stakeholder” o le partnership pubblico-privato) vedono coinvolti i grandi gruppi finanziari che hanno quartier generale nella City. Il WEF stesso riconosce Londra come hub globale: per nove anni di fila Londra è stata classificata come città più “magnetica” al mondo per capacità di attrarre persone e capitali​ (weforum.org). Inoltre, il sindaco della City e altri esponenti spesso partecipano ai meeting di Davos, mentre progetti come la finanza sostenibile o l’“alleanza per emissioni zero” trovano nella piazza londinese un laboratorio (la City Corporation ha annunciato obiettivi di zero emission per il 2040, allineandosi alle politiche ESG promosse nei forum internazionali). In senso più critico, alcuni vedono la City come il braccio finanziario dell’élite globalista: la sua spinta per la libera circolazione di capitali e la deregulation coincide con l’ideologia economicista globale spesso discussa al WEF.

Ad esempio, la Corporation della City dichiara esplicitamente che il ruolo del Lord Mayor è “aprire porte ai più alti livelli per gli affari, promuovendo i valori della liberalizzazione”​ (theguardian.com), un linguaggio che echeggia le platee di Davos. D’altro canto, la mancanza di regole rigorose in luoghi come la City ha contribuito a crisi globali (2008) che lo stesso WEF poi cerca di affrontare. In breve, City di Londra e WEF rappresentano due facce della medaglia del potere economico globale: il luogo in cui i flussi finanziari effettivamente circolano con poche briglie, e il forum in cui quei flussi vengono narrati e indirizzati verso obiettivi globali (che siano investimenti green, recovery plan o altro). Entrambi sono spesso bersaglio di teorie del complotto: la City vista come “covo” di banchieri occulti, il WEF come sinedrio di plutocrati – immagini stereotipate, ma che indicano quanto queste entità pesino nell’immaginario contemporaneo sul “governo ombra” dell’economia mondiale.

4. Retroscena sulla visita di Carlo III

Al di là della versione ufficiale – visita di Stato per celebrare l’amicizia italo-britannica e discutere di cooperazione in difesa, clima e cultura – la visita di Carlo III a Roma ha generato molte interpretazioni alternative. L’eccezionale accoglienza riservata al sovrano (dai tappeti rossi al discorso alle Camere) e alcuni dettagli simbolici non sono passati inosservati a giornalisti, analisti e osservatori “non allineati”, che hanno cercato di leggere “cosa si cela dietro” questo evento.

  • Contesa geopolitica anglo-americana: Una chiave di lettura molto discussa (già accennata nella prima sezione) è quella di un confronto sotterraneo tra Regno Unito e Stati Uniti per l’influenza sull’Italia, intensificato dall’avvicinarsi del 2025. Secondo questa interpretazione, l’eccezionale impegno di Carlo III nel recarsi a Roma – malgrado problemi di salute – sarebbe motivato dal bisogno di riaffermare la presenza britannica in un momento in cui si profila un cambio della guardia a Washington. Una fonte sottolinea la coincidenza che pochi giorni dopo la visita del re era atteso a Roma anche J.D. Vance, politico USA vicino a Trump​ (nicolaporro.it), quasi a suggerire che gli emissari delle due potenze stessero arrivando uno dopo l’altro per tastare il terreno (fra pochi giorni arriverà il vice-presidente USA Vance).

    L’interpretazione complottista vede quindi la visita reale come mossa preventiva di Londra per “marcare il territorio” in Italia prima di Trump. Di Bartolo su nicolaporro.it osserva esplicitamente che sin dal 1861 l’Inghilterra considera l’Italia parte della propria sfera (in concorrenza con gli USA dal 1943), e ipotizza che “un eccessivo avvicinamento di Roma alla Casa Bianca risulterebbe indigesto a Londra, che si muoverebbe per soluzioni alternative”​(nicolaporro.it​)

    In concreto, si arriva a suggerire che se il governo Meloni diventasse troppo filo-Trump, Londra potrebbe persino manovrare per un cambio di governo a Roma, magari sostenendo la formazione di un esecutivo tecnico pro-Europa (coinvolgendo il PD e forze europeiste) prima delle prossime elezioni (​nicolaporro.it).

    È una speculazione forte, ma non senza precedenti storici (l’Italia ha avuto governi tecnici appoggiati dall’esterno in passato). Questa chiave di lettura configura la visita di Carlo come un messaggio: il Regno Unito ricorda all’Italia le comuni radici e la invita a restare ancorata alla “causa europea/anglo-francese”nicolaporro.it, facendo capire che ci saranno conseguenze se dovesse spostarsi troppo verso l’asse sovranista americano. In parole semplici, “caro governo italiano, noi britannici vi consideriamo alleati storici: non pensate di poter tagliare quel cordone che da sempre vi lega a Londra” – un messaggio che alcuni hanno letto tra le righe del discorso del re​ (nicolaporro.it).

  • Segnali simbolici e riletture storiche: Altri commentatori si sono concentrati sui simboli e riferimenti lanciati durante la visita. Si è notato, ad esempio, che Carlo III ha scelto di citare tre momenti chiave della storia italiana: l’Unità d’Italia (1861), la Liberazione dal nazifascismo (1945) e la strage di Capaci (1992)​ (nicolaporro.it).

    Secondo Di Bartolo, questi riferimenti non erano affatto casuali, ma “racchiudono in sé il nocciolo della questione” e ognuno portava un messaggio mirato​nicolaporro.it. Abbiamo già visto il significato su Unità e Liberazione: Carlo avrebbe voluto ricordare che in entrambi quei frangenti fu decisivo l’intervento britannico per indirizzare l’Italia “nella giusta direzione”​ (nicolaporro.it) (Unità con l’aiuto a Garibaldi, Liberazione con l’aiuto bellico 1943-45). Tradotto: l’Italia deve in parte la sua esistenza unita e libera alla Gran Bretagna.

    Ma ancora più intrigante è il terzo riferimento, la strage di Capaci. Ufficialmente Carlo ha omaggiato il giudice Falcone e ricordato che la Regina Elisabetta fece visita a Capaci pochi giorni dopo l’attentato, in segno di cordoglio​(editorialedomani.it). Un gesto di memoria apprezzato da tutti. Tuttavia, alcuni vi hanno letto un messaggio velato: si è fatto cenno infatti alla “intensa attività svolta in quegli anni in territorio italiano dagli apparati di intelligence d’oltremanica, dal caso Moro fino alla stagione stragista di fine Prima Repubblica” (nicolaporro.it).

    Qui l’allusione è chiara per chi conosce certi retroscena: negli anni ’70-’90 vari osservatori hanno ipotizzato interferenze di servizi segreti stranieri (CIA, ma anche MI6 britannico) nelle vicende italiane, dal sequestro Moro del 1978 alle bombe mafiose del 1992-93. Citare Falcone e Capaci, secondo questa lettura, sarebbe stato per Carlo un modo di alludere al fatto che anche in quelle crisi l’ombra inglese c’era, sebbene discretamente. In pratica: “abbiamo vegliato su di voi nell’Unità, vi abbiamo aiutato a liberarvi nel ’45 e abbiamo seguito da vicino anche le vostre vicende oscure della Prima Repubblica”.

    È un livello di interpretazione quasi esoterico/complottista, che però alcuni giornalisti indipendenti hanno proposto: la visita del capo dei Windsor a Roma sarebbe stata costellata di messaggi cifrati per chi può intendere, a conferma che “l’occhio di Londra” è sempre stato sull’Italia anche come meta-segnale per gli ambienti massonici di cui Carlo sarebbe riconosciuto come la massima autorità. Un altro elemento simbolico sottolineato è il contesto: Carlo III ha parlato dal seggio più alto del Senato italiano (occupato eccezionalmente nell’aula di Montecitorio) e di fronte a tutto il Parlamento schierato​ (editorialedomani.it).

    Un’immagine di grande impatto, quasi a evocare un’investitura imperiale – considerando che il re inglese, capo del Commonwealth, parlava in una ex colonia romana (il parallelo Roma-Londra è stato scherzosamente ricordato dallo stesso Carlo citando i Romani che misero la testa del re sulle monete britanniche)​ (ilmanifesto.it). In ambienti di informazione alternativa c’è chi ha voluto vedere in questa scena il tributo delle istituzioni italiane a uno dei “tre imperi” della governance mondiale: la teoria del Triumvirato di potere (City di Londra – Washington – Vaticano) a volte suggerisce che Roma/Vaticano rappresenti il potere spirituale, Londra quello finanziario, e Washington quello militare.

    Ebbene, la visita di Carlo – capo dell’Anglicanesimo e simbolo di Londra – al Papa Francesco (potere spirituale) e allo Stato italiano (Roma civile) sarebbe stata letta come un riallineamento simbolico di queste forze. Si noti: Carlo ha incontrato anche il Papa in visita privata, nonostante non fosse previsto per via della convalescenza di Francesco; un incontro breve ma dal “forte significato simbolico” dato che Carlo, come capo della Chiesa anglicana, mostrava attenzione ecumenica (​lamilano.it).

    Nulla di esoterico in senso stretto, ma di certo un evento ricco di richiami storici (dal confronto tra corona inglese e papato, secoli dopo Enrico VIII, fino alla comune causa per l’ambiente di cui sia Carlo che Francesco sono paladini).

  • Reazioni e dietrologia nei media alternativi: La scena mediatica italiana ha amplificato questi spunti. Su social e testate non mainstream si sono rincorse teorie: c’è chi ha ironizzato definendo Carlo “il garibaldino di Londra” per la enfasi con cui ha parlato dei Mille (notando che però ha taciuto su saccheggi e massacri seguiti all’Unità); c’è chi ha ricordato come nessun Presidente USA abbia mai parlato alle Camere italiane, evidenziando che per il re britannico si è fatto un’eccezione enorme – segno di quanto le élite nostrane tengano in considerazione i Windsor (o di quanto siano subordinate, secondo i più critici).

    Nei circuiti cosidetti ‘complottisti’ più estremi (vicini a QAnon italiano, ad esempio) la visita di Carlo III è stata messa in relazione persino con le vicende dei reali inglesi sullo scenario mondiale: alcuni hanno ricordato che Carlo è cugino di secondo grado di molti nobili europei, legando la sua figura a ipotetici disegni monarchici transnazionali; altri hanno tirato in ballo la Massoneria internazionale, citando il fatto che il discorso del re ha elogiato Mazzini, Garibaldi e Cavour (tutti vicini alla massoneria britannica) – vedendovi una sorta di tributo massonico pubblico in Parlamento. Mentre queste teorie rimangono ai margini della diffusione sui media, più diffuse sono le analisi accademiche e giornalistiche critiche: ad esempio, lo storico Donald Sassoon ha ricordato come dopo la Brexit il Regno Unito abbia tutto l’interesse a coltivare rapporti bilaterali speciali con paesi chiave dell’UE come l’Italia, e la visita di Carlo rientra in questa strategia di soft power.

    Anche il quotidiano la Repubblica ha definito il viaggio “storico” per suggellare “un’amicizia in un momento di particolare sintonia” fra Roma e Londra (​huffingtonpost.it), segnalando dunque che ufficialmente si è trattato di rinsaldare un asse politico-diplomatico già favorevole (Meloni e Sunak, ad esempio, condividono posizioni in ambito G7/NATO). La straordinaria accoglienza (cena di gala al Quirinale, eventi culturali, scorta d’onore, ecc.) testimonia che l’Italia ha voluto dare massimo risalto all’evento, probabilmente per ragioni di opportunità diplomatica ed economica (rapporti commerciali post-Brexit, cooperazione militare nel progetto del caccia Tempest/GCAP citato dallo stesso Carlo​(editorialedomani.it, ecc.). Tuttavia, per chi cerca “il vero significato negli incontri di cui non parlerà nessuno” (come titolava un’intervista sull’Huffington Post​ (huffingtonpost.it), è dietro le quinte che bisogna guardare: i colloqui riservati tra Carlo e Mattarella, o con Meloni, in cui probabilmente si è discusso di dossier strategici (dalla sicurezza energetica alle relazioni con la Cina).

    È plausibile che Carlo, su mandato del governo britannico, abbia sondato le intenzioni italiane su questioni delicate, o abbia portato messaggi da parte di Londra e Washington (data la sua posizione unica di mediatore). Su questo il pubblico saprà poco, ma la frase di un commentatore riassume bene l’atmosfera di interpretazioni fiorite attorno alla visita: “a buon intenditor, poche parole”​ (nicolaporro.it) – come a dire che chi aveva orecchie per intendere avrà colto i segnali geopolitici e simbolici lanciati dal Regno Unito in questa occasione.

In conclusione, la visita di Re Carlo III a Roma a fine del 2024-inizio 2025 si rivela un evento denso di significati su più livelli. Ufficialmente, è stato un trionfo diplomatico e mediatico, celebrativo dei rapporti storici e foriero di cooperazione futura su clima, cultura e difesa.

Dietro la facciata, si colloca in un gioco internazionale più ampio: l’Europa (e Londra in particolare) che fa quadrato in vista di possibili scossoni sovranisti provenienti dagli USA; il Regno Unito post-Brexit che riafferma il suo legame con l’Italia; il sud Italia che rispolvera memorie storiche mai sopite sul ruolo (benefico o malefico) degli inglesi nella propria vicenda; e il potere finanziario transnazionale (di cui la City e Carlo stesso sono simboli) che rinnova il proprio soft power attraverso il prestigio della monarchia. Il tutto condito da un immaginario quasi da Grande Gioco, in cui nulla – dal biscotto Garibaldi alla battuta in italiano del re – viene percepito come casuale, ma come parte di una narrazione stratificata.

Di seguito, una tabella riassume alcuni eventi chiave collegati ai temi discussi, per contestualizzare storicamente e attualmente la vicenda:

Data/Evento Dettagli e collegamenti rilevanti
1860-1861 – Spedizione dei Mille e Unità d’Italia Garibaldi sbarca in Sicilia (maggio 1860) supportato indirettamente dalla Gran Bretagna: “due navi da guerra della Royal Navy erano lì a vegliare” lo sbarco​repubblica.it. Il Regno Unito sostiene l’unificazione italiana (lo stesso Carlo III ha rivendicato questo ruolo ​repubblica.it), in linea con i propri interessi strategici. I revisionisti notano gli interessi economici (zolfo, rotte mediterranee) e le influenze massoniche britanniche nell’abbattimento del Regno delle Due Sicilie ​vitawebtv.itvitawebtv.it.
1943-1945 – Seconda Guerra Mondiale (campagna d’Italia) Le forze anglo-americane invadono l’Italia liberandola dal nazifascismo. Carlo III nel 2025 ha ricordato il “debito di riconoscenza” per l’aiuto inglese nella Liberazione ​ilmanifesto.it. UK e Italia combattono fianco a fianco; ciò cementa l’alleanza post-bellica (NATO). Già nel luglio 1944 re Giorgio VI visitò le truppe in Italia ​repubblica.it. Gli USA però diventano dominanti in Italia dal 1943 in poi (sbarco in Sicilia, governo AMGOT, poi guerra fredda), aprendo alla “contesa” anglo-americana sull’influenza nel Paese​ nicolaporro.it.
1992 – Strage di Capaci Attentato mafioso che uccide il giudice Falcone (23 maggio 1992). Carlo III ha reso omaggio a Falcone nel suo discorso​ editorialedomani.it, ricordando che la regina Elisabetta II visitò il luogo pochi giorni dopo. Alcune letture alternative vedono in questo riferimento un’allusione al coinvolgimento di intelligence straniere nelle vicende italiane di inizio anni ’90​nicolaporro.it (periodo in cui l’Italia cambiò assetto politico – fine Prima Repubblica – con possibile interesse delle potenze anglo-americane a influenzarne gli esiti).
2020 – Lancio del “Great Reset” Iniziativa del WEF presentata da Klaus Schwab: il 3 giugno 2020, durante la pandemia, il Principe Carlo (oggi re) partecipa al lancio del Great Reset, affermando che c’è “un’opportunità d’oro” per “riorganizzare l’economia mondiale in senso più equo e sostenibile”weforum.org. Questo evento diventa un punto focale delle teorie del complotto globaliste, che vedono Carlo e il WEF come promotori di un “nuovo ordine” mondiale.
2024 – Campagna elettorale USA Le presidenziali USA 2024 vedono Donald Trump candidato con possibilità di vittoria. In Europa cresce l’attenzione: un eventuale Trump bis (2025-2029) potrebbe stravolgere politiche su clima, NATO, rapporti con l’UE. Al WEF di Davos 2025, esperti parlano già di “vibe shift” globale con il ritorno di Trump e di fine dell’ordine liberale post-1945​weforum.org. L’Italia di Meloni, potenzialmente alleata di Trump, diventa oggetto di manovre preventive da parte di chi vuole mantenerla nel campo occidentale tradizionale​ nicolaporro.it.
7-10 aprile 2025 – Visita di Stato di Re Carlo III in Italia Carlo III e la regina Camilla sono in Italia. Incontri con il Presidente Mattarella, il Papa Francesco e la Premier Meloni. Il 9 aprile Carlo tiene a Montecitorio il primo discorso di un sovrano britannico alle Camere riunite ilmanifesto.it, sottolineando amicizia, valori comuni, sfide come il clima, e citando episodi storici condivisi (Risorgimento, WWII)​ repubblica.iteditorialedomani.it. Accoglienza solenne e mediaticamente enfatizzata. Reazioni: elogio ufficiale bipartisan, ma critiche sotterranee su clima e storia (neoborbonici attaccano i “meriti” inglesi nell’Unità d’Italia​ vitawebtv.itvitawebtv.it). Interpretazioni geopolitiche vedono nel viaggio un segnale verso Roma di restare ancorata all’alleanza euro-atlantica, e un tentativo di Londra di bilanciare l’influenza USA in vista di Trump​ nicolaporro.itnicolaporro.it.

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Fonti: Il discorso di Carlo III (testo integrale)​ repubblica.iteditorialedomani.it;
dichiarazioni di G. De Crescenzo, Movimento Neoborbonico​ vitawebtv.itvitawebtv.it;
analisi geopolitiche italiane (Di Bartolo) ​nicolaporro.itnicolaporro.it;
articoli di Monbiot e altri su City di Londra​ theguardian.comtheguardian.com;
World Economic Forum​ weforum.orgweforum.org.