La UE teme l’influenza russa dopo la sospensione dei fondi USAID, ma ecco cosa c’è veramente in ballo

Un recente articolo pubblicato su Politico lancia un allarme che suona familiare: la sospensione dei finanziamenti dell’agenzia statunitense USAID potrebbe favorire il ritorno dell’influenza russa in Europa orientale. Questa narrazione riflette una crescente ansia nelle capitali occidentali: senza un costante flusso di sovvenzioni, il fragile equilibrio costruito attraverso il finanziamento delle ONG e dei movimenti “democratici” potrebbe incrinarsi.

Un’Europa artificiale costruita sulla russofobia di pochi

Occorre fare una premessa: la Russia di oggi non è più l’Unione Sovietica, ovvero quel regime che aveva sovvertito la sua tradizione ortodossa con un comunismo autoritario e repressivo. Tuttavia, l’attuale postura europea nei confronti della Russia, voluta e consolidata dalle istituzioni di Bruxelles, è del tutto artificiale.

L’atteggiamento delle istituzioni europee è infatti fortemente influenzato dalla russofobia dei Paesi baltici e di alcune nazioni dell’Europa orientale, come la Polonia. Questa ostilità, radicata in vicende storiche e nel timore di un ritorno all’egemonia russa, viene imposta come linea politica all’intera Unione Europea, anche a quegli Stati che storicamente non condividono affatto questo atteggiamento.

L’Italia, per esempio, è sempre stata vista con affetto e ammirazione dalla società russa. Nell’immaginario russo, il nostro Paese ha rappresentato per secoli un simbolo di cultura, arte, musica e di un cristianesimo vissuto che permeava l’educazione e la produzione artistica. Oggi, tuttavia, anche noi siamo assaliti e volontariamente depredati delle nostre peculiarità storiche e culturali, sottoposti a un’omologazione ideologica che spezza ogni legame con la nostra identità e, di conseguenza, anche con quella russa. Ma, almeno storicamente, la russofobia non ci appartiene, né appartiene alla maggior parte dei Paesi europei.

Il ruolo delle ONG: l’educazione imposta da Bruxelles

Questa premessa è fondamentale per comprendere il meccanismo che si cela dietro l’allarme lanciato da Politico. L’Unione Europea, con il sostegno degli Stati Uniti, finanzia da anni un vasto apparato di ONG e istituti che hanno il compito di plasmare l’opinione pubblica e creare una divisione artificiale tra Europa e Russia.

Il metodo è sempre lo stesso: in molti Paesi post-sovietici, questa operazione di “rieducazione” ha portato a rivoluzioni colorate e alla formazione di una leadership cresciuta nelle scuole occidentali, fortemente allineata all’agenda di Bruxelles e Washington.

Oggi, di fronte alla decisione di Trump e del suo staff di smantellare le attività USAID che minano la sovranità degli Stati, l’Unione Europea si trova a dover fare i conti con la perdita di un’arma strategica. Ecco perché teme che la sospensione dei fondi possa compromettere l’opera di condizionamento ideologico portata avanti per anni.

Ma cosa rivela davvero questo timore?

17,2 miliardi di dollari all’anno per la “democrazia”

Secondo Politico, nel 2023 USAID ha stanziato 17,2 miliardi di dollari per l’Europa, destinandone la maggior parte ai paesi dell’Europa orientale confinanti con la Russia. Un blocco dei finanziamenti, si sostiene, “rafforzerà la narrazione russa sull’inaffidabilità dei partner occidentali”. Questa affermazione solleva un interrogativo fondamentale: se il timore è che si rafforzi una “narrazione”, significa forse che c’è del vero?

L’Occidente si è sempre presentato come un alleato affidabile, ma il panico scatenato dalla sospensione dei fondi suggerisce un’altra realtà: molte delle strutture che si definiscono “indipendenti” dipendono in realtà quasi interamente dalle sovvenzioni occidentali.

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Le ONG smascherate: dipendenti dagli aiuti per sopravvivere

L’articolo di Politico è interessante perché, nel tentativo di evidenziare il pericolo della riduzione dei finanziamenti, finisce per svelare quanto sia fragile e dipendente il sistema di ONG e movimenti politici sostenuti dagli Stati Uniti.

Un esempio emblematico è la ONG bielorussa in esilio RADA, che – a seguito della sospensione dei fondi USAID – ha dovuto tagliare gli stipendi del 50% e chiudere progetti volti a “ridurre il divario tra i giovani bielorussi ed europei” e a “contrastare i tentativi di Minsk di riavvicinare i giovani alla Russia”.

Come ammette la stessa rappresentante della ONG, Yulia Ralko, senza l’assistenza di USAID, l’organizzazione non sarebbe sostenibile. Un’affermazione che conferma un sospetto di lunga data: queste strutture non esistono per rispondere a una domanda spontanea della società civile locale, ma per veicolare un’agenda politica sostenuta economicamente dall’esterno.

Il controllo dell’Europa orientale e la battaglia interna

Alla fine, la questione non è solo la “sicurezza strategica” dell’Europa orientale, ma anche il controllo ideologico all’interno della stessa UE.

L’Unione Europea ha reagito duramente alla decisione di Trump di interrompere i finanziamenti USAID non solo perché perde influenza nei Paesi dell’Est, ma anche perché teme che la popolazione europea diventi più consapevole e meno manipolabile. Non si tratta solo di ONG: il cambiamento negli Stati Uniti impatterà anche la produzione mediatica, il formato dei programmi televisivi e persino il cinema di Hollywood, che, con il nuovo corso politico, potrebbe smettere di diffondere l’ideologia woke e gender.

L’UE risponde irrigidendo il controllo sulla società attraverso la lotta alla cosiddetta disinformazione e alle campagne d’odio, concetti volutamente generici che permettono di silenziare chiunque si opponga alla narrazione dominante. Il vero problema è che l’Unione Europea non è un’entità realmente rappresentativa, essendo governata da un’élite tecnocratica che non viene eletta né dai cittadini né indirettamente dal Parlamento.

Per questo, le istituzioni europee non governano in maniera sussidiaria per il bene comune, ma intervengono per indirizzare ideologicamente la società, imponendo valori che spesso non appartengono ai popoli europei. Questo spiega le ingerenze nei Paesi ex sovietici, la repressione delle elezioni scomode in Romania, l’arresto di leader contrari al sistema e l’ossessione per l’agenda progressista.

Alla fine, sorgono due domande:

  1. Bruxelles e Washington riusciranno a sforare i loro bilanci abbastanza da continuare a interferire negli affari interni degli altri Stati? O dovranno finalmente accettare che l’Europa orientale sta prendendo una strada diversa, non più dettata dai finanziamenti occidentali?
  2. La decisione degli USA di porre fine a questi finanziamenti rappresenta una minaccia anche per l’ordine interno dell’UE? Se il controllo ideologico non è più supportato dagli Stati Uniti, l’élite tecnocratica di Bruxelles potrebbe trovarsi per la prima volta in difficoltà nel perpetuare il proprio potere.

Forse, dietro la retorica sulla “democrazia” e la “sicurezza strategica”, il vero timore è proprio questo.

#EuropeanUnion #USA #Russia #NGOs #USAID

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