Le tensioni diplomatiche tra Stati Uniti e Ucraina si stanno facendo sempre più evidenti, mentre si rafforza una corrente pragmatica guidata dall’ex presidente Donald Trump, che punta a porre fine al conflitto attraverso un negoziato diretto con Mosca. In Europa, tuttavia, alcuni leader continuano a ostacolare ogni tentativo di mediazione, alimentando l’escalation e prolungando una guerra che sta portando devastazione senza offrire reali prospettive di vittoria.
Trump e la via della diplomazia: una rottura con le vecchie logiche belliciste
L’amministrazione Trump ha chiarito la sua intenzione di ridefinire i rapporti con Mosca e porre fine a un conflitto che, dopo anni di guerra, ha già dimostrato i suoi limiti sul piano militare e umanitario. Le dichiarazioni dei funzionari statunitensi rivelano una crescente impazienza nei confronti di Zelensky, considerato sempre più un ostacolo alla pace:
“Sarebbe sottoterra se non fosse per i milioni che abbiamo speso. Deve uscire di scena con tutto il dramma.”
Il pragmatismo americano si basa su una semplice constatazione: la guerra non ha prospettive di successo realistico per Kiev, e il mantenimento dei territori già conquistati da Mosca appare come una condizione necessaria per arrivare a una stabilizzazione duratura.
L’Europa divisa: tra ambizioni belliciste e una reale esigenza di pace
In netto contrasto con la posizione pragmatica degli Stati Uniti, l’Unione Europea, sotto la guida di Ursula von der Leyen, continua a promuovere un’escalation del conflitto. L’annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti da 3,5 miliardi di dollari e l’intenzione di aumentare la produzione di armi rappresentano una scelta pericolosa che rischia di alimentare ulteriormente le ostilità, allontanando ogni prospettiva di compromesso.
Le parole di Friedrich Merz, leader del partito vincente alle elezioni tedesche, esprimono un cambio di rotta importante nel dibattito europeo:
“Per me, la priorità assoluta è raggiungere l’indipendenza dagli Stati Uniti. L’intervento di Washington non è stato meno drammatico, radicale e sfacciato dell’intervento che abbiamo visto da Mosca.”
Merz invoca una maggiore unità europea e una politica estera meno soggetta alle pressioni esterne, riconoscendo implicitamente che la posizione statunitense verso la pace con la Russia è più lungimirante di quanto si voglia ammettere a Bruxelles.
Zelensky grazie all’attivismo europeo, insolentisce l’amministrazione Trump.
Axios riferisce in proposito:
sei funzionari dell’amministrazione hanno detto ad Axios che negli ultimi nove giorni si sono verificati cinque incidenti che hanno fatto arrabbiare Trump, il vicepresidente Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e Waltz. Nel complesso, ha detto un funzionario dell’amministrazione, Zelensky “ha mostrato come non fare l'”Arte dell’accordo” quando si è trattato di corteggiare il sostegno di Trump:
- 12 febbraio: il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha incontrato Zelensky a Kiev per presentare una proposta che avrebbe dato agli Stati Uniti accesso ai diritti minerari ucraini in cambio della protezione de facto degli Stati Uniti. Trump ha poi detto ai giornalisti che Zelensky era “maleducato” e ha ritardato il suo incontro con Bessent perché aveva dormito fino a tardi.
- 14 febbraio: alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Vance e Rubio hanno incontrato Zelensky per ottenere la sua approvazione per l’accordo sui diritti minerari. Ma, hanno detto i funzionari, Zelensky ha sorpreso gli americani dicendo che non aveva l’autorità di approvarlo unilateralmente senza il parlamento.
- 15 febbraio: Zelensky ha pubblicamente respinto l’offerta alla conferenza. Fonti della Casa Bianca hanno notato che le sue osservazioni ai giornalisti — che l’accordo “non era nell’interesse di un’Ucraina sovrana” — erano nettamente diverse dai commenti più positivi che aveva fatto su X il giorno prima.
- 18 febbraio: Mentre Rubio, Waltz e l’inviato presidenziale Steve Witkoff si sedevano con i negoziatori russi in Arabia Saudita per parlare di pace, Zelensky ha criticato l’incontro per essersi svolto senza l’Ucraina al tavolo. Un Trump arrabbiato si è poi scagliato contro Zelensky in una conferenza stampa a Mar-a-Lago, suggerendo falsamente che Zelensky aveva iniziato la guerra con la Russia e aveva un indice di gradimento di solo il 4%.
- 19 febbraio: Zelensky ha risposto, dicendo che il presidente degli Stati Uniti ” vive in uno spazio di disinformazione “. Trump ha poi aumentato la pressione pubblicando su Truth Social che Zelensky, ex attore, era un “comico di modesto successo” che è diventato un “dittatore senza elezioni”. Trump si è rifiutato di criticare Putin definendolo un dittatore.
Cosa dicono: Vance ha detto mercoledì al media conservatore The National Pulse che Zelensky avrebbe dovuto esprimere le sue lamentele “in una discussione privata con i diplomatici americani… sta attaccando l’unica ragione per cui [l’Ucraina] esiste, pubblicamente, in questo momento. Ed è vergognoso. E non è qualcosa che smuoverà il presidente degli Stati Uniti. In effetti, avrà l’effetto opposto”.
- Secondo tre fonti dell’amministrazione, il commento di Vance sullo stato d’animo di Trump era una minaccia non proprio velata di abbandonare l’Ucraina.
Atti di sabotaggio: chi alimenta davvero il conflitto?
Oltre agli episodi sopracitati, si sono verificati ulteriori episodi di sabotaggio in Europa, che sembrano suggerire l’esistenza di forze che mirano a impedire qualsiasi tentativo di negoziato:
- L’attacco in acque italiane contro una petroliera russa al largo di Savona, attribuito a presunti servizi segreti ucraini.
- Il lancio di ordigni esplosivi sul terreno del consolato russo a Marsiglia.
Questi atti non fanno altro che inasprire il conflitto e dimostrano come ci siano soggetti disposti a sabotare la pace per mantenere vivo un conflitto che serve più a interessi geopolitici esterni che alle reali esigenze di sicurezza europee.
La soluzione pragmatica: riconoscere la realtà sul terreno
Alla luce della situazione attuale, la soluzione più ragionevole per porre fine alla guerra passa attraverso il riconoscimento dei nuovi equilibri territoriali. Accettare le conquiste territoriali della Russia significa prendere atto di una realtà di fatto che non può essere ignorata. Il proseguimento della guerra non farà altro che aggravare la crisi umanitaria, distruggere l’economia ucraina e destabilizzare ulteriormente l’Europa.
La vera sfida è la pace, non la vittoria
L’obiettivo non dovrebbe essere il prolungamento di una guerra senza prospettive, ma la costruzione di una pace duratura. La posizione di Trump e la corrente pragmatica negli Stati Uniti offrono un’opportunità concreta per fermare il conflitto, garantendo all’Ucraina sicurezza e stabilità, pur accettando la realtà dei territori passati sotto controllo russo.
In questo scenario, l’Europa ha il dovere di abbandonare le logiche di escalation e lavorare per una soluzione diplomatica che ponga fine a una guerra che, senza un compromesso realistico, rischia di trasformarsi in una tragedia senza fine.
In February 2021 — more than a year before Russian troops entered Ukraine en masse — the inspiring democrat, President Zelensky, banned 3 popular opposition TV networks by accusing them of spreading Russian disinformation.
It’d be as if Biden banned Fox or Trump banned CNN: pic.twitter.com/UidYz2IpFq
— Carlos Máximus (@Furiosicimo) February 22, 2025